Archive for the ‘Ambiente’ Category

Nucleare, chi è per il sì e chi per il no. Cosa dicono i piani elettorali sull’energia

mercoledì, Agosto 17th, 2022

Sì al nucleare «pulito e sicuro» dal centrodestra, ricorso ai rigassificatori ma come soluzione-ponte per il centrosinistra, no a trivellazioni e nuovi inceneritori da parte del Movimento 5 Stelle. È la gamma delle posizioni espresse da coalizioni e partiti nei propri programmi elettorali in tema di energia e gestione dei rifiuti.

Centrodestra: sì al «nucleare pulito»

Al punto 11 del proprio manifesto elettorale il centrodestra («La sfida dell’autosufficienza energetica») inserisce, anche se in modo sfumato, il tema dell’energia nucleare parlando di «ricorso alla produzione energetica attraverso la creazione di impianti di ultima generazione senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito». Ultima opzione di un elenco di soluzioni in cui si parla di «transizione energetica sostenibile, aumento della produzione dell’energia rinnovabile, diversificazione degli approvvigionamenti energetici e realizzazione di un piano per l’autosufficienza energetica, pieno utilizzo delle risorse nazionali, anche attraverso la riattivazione e nuova realizzazione di pozzi di gas naturale in un’ottica di utilizzo sostenibile delle fonti, promozione dell’efficientamento energetico e sostegno alle politiche di price-cap a livello europeo.

Tra i leader del centrodestra è stato soprattutto Matteo Salvini a spingere sul tema del nucleare in Italia, messo al bando dal referendum del 1987. A giugno, parlando al convegno dei Giovani Industriali di Rapallo aveva detto: «La prima centrale nucleare italiana? Fatela a Milano, a casa mia, nel mio quartiere a Baggio. Proprio a Milano, che è la capitale dell’innovazione».

In campagna elettorale ha ribadito la sua posizione: «L’Italia è l’unico dei grandi Paesi al mondo che dice no al nucleare per ideologia non per scienza». E per costruire una centrale nucleare «dalla posa della prima pietra occorrono sette anni. Nell’arco di 7 anni potremmo produrre energia a minor costo rispetto a quella di oggi».

Pd: rigassificatori soluzione-ponte

Il Pd non segue il centrodestra su un ritorno al nucleare. I democratici, nel loro programma energetico, inseriscono con una sottolineatura il tema dei rigassificatori «il cui ricorso appare necessario ma a condizione che essi costituiscano soluzioni-ponte, che rimangano attivi solo pochi anni e che possano essere smobilitati ben prima del 2050, proprio per non interrompere la prospettiva della transizione ecologica. I territori dove verranno installati dovranno inoltre essere coinvolti nelle decisioni e adeguatamente compensati per l’impatto economico e sociale attraverso l’istituzione di un fondo ad hoc».

Per Calenda nucleare per obiettivo zero emissioni

Al centro schierato esplicitamente per il nucleare è Carlo Calenda che in passato ha più volte sottolineato: «Senza nucleare è impossibile ottenere l’obiettivo zero emissioni». L’ex ministro era arrivato anche a sfidare il segretario del Pd Enrico Letta «a un confronto affinché possa spiegare agli italiani in che modo, senza il nucleare, possiamo raggiungere l’obiettivo prioritario delle emissioni zero».

Nell’accordo elettorale tra Azione e Pd (dal quale Calenda si è poi ritirato) al capitolo energia non si citava però il nucleare: il patto chiedeva «un’intensificazione degli investimenti in energie rinnovabili, il rafforzamento della diversificazione degli approvvigionamenti per ridurre la dipendenza dal gas russo, la realizzazione di impianti di rigassificazione nel quadro di una strategia nazionale di transizione ecologica virtuosa e sostenibile».

Calenda presenterà nelle prossime ore il programma elettorale del Terzo polo con Matteo Renzi e ha anticipato che ci sarà spazio a termovalorizzatori e rigassificatori. Anche il leader di Italia viva ha espresso in passato posizioni a favore del nucleare.

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Siccità, le città senza fiumi: dal Brenta al Tevere i corsi d’acqua prosciugati

lunedì, Agosto 1st, 2022

di Alessandro Fulloni

Il Bacchiglione senz’acqua a Padova. Il Tevere che, con la portata ridotta, restitusce le antiche vestigia del Ponte Neroniano. E il cuneo salino non riguarda più solo il Po

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Certe foto valgono più delle parole. Per esempio quella scattata ieri pomeriggio, nel centro di Padova, da una ragazza lungo la suggestiva Riviera Paleocapa che costeggia il Bacchiglione. L’alveo dell’affluente del Brenta è praticamente sparito, il livello è sceso di circa un paio di metri — «una roba mai vista», dicono in città — trasformando il corso in un rigagnolo. Scena eloquente che si registra in tante città dove fa davvero impressione vedere i fiumi privi d’acqua e con i fondali visibilissimi ricoperti di ogni genere di ingombri.

L’effetto della siccità che affligge l’Italia si mostra in modi differenti. A Roma anche il Tevere boccheggia, la portata rispetto alla media consueta si è ridotta tra mezzo metro e un metro e proprio per questo il «Biondo fiume» ha regalato, giorni fa, il ritrovamento delle vestigia del Ponte Neroniano, riaffiorate davanti a Castel Sant’Angelo. Ma, soprattutto al Nord, le «istantanee» sono diverse, drammatiche. L’emergenza non riguarda solo il Po, dove in un tratto — a Pontelagoscuro, nel Ferrarese — la portata registrata è stata poco sopra ai 100 metri cubi al secondo. Ovvero meno della metà del record di portata minima mensile che venne registrato nel luglio 2006 e che allora fu di 237 metri cubi al secondo. I fiumi «spariti», con letti ridotti a fanghiglia e lunghe distese di sabbia, non si contano.

Gallery: I fiumi in secca e le città

Il Sangone, torrente solitamente rigoglioso di 47 chilometri che scende nell’omonima valle (tra la Val di Susa e la Val Chisone) per confluire nel Po, quasi non esiste più. Stessa cosa per Trebbia ed Enza, che scendono dall’Appennino attraversando il Piacentino (il primo) e il Parmense e il Reggiano (il secondo). Il Reno (siamo in Romagna) è così basso che le autorità hanno sospeso il servizio di traghetto che collega Ravenna e Argenta.

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Meteo, caldo-record? Panico in metrò, come sono ridotti i binari: le conseguenze

sabato, Luglio 23rd, 2022

Claudia Osmetti

Rotaie roventi. Che, detta così, sembra il titolo di un B movie anni Ottanta, uno di quelli con Edwige Fenech e Jerry Calà. Invece è la realtà di questa (caldissima) estate 2022. Nel senso che l’afa sta rallentando pure gli spostamenti dei treni. Fuori ci sono trentotto gradi, boccheggi che manco ai Tropici e le metropolitane vanno a singhiozzo. Roba da tapparti in casa e con il condizionatore acceso. Da Atm a Trenord: pendolare avvisato, mezzo salvato. A Milano è una nota dell’azienda del trasporto pubblico rilasciata sui social che “sferza” (si fa per dire, qui non si muove un rivolo divento nemmeno a cercarlo col lanternino) il pomeriggio di ieri: «I protocolli di sicurezza impongono limiti di velocità quando le rotaie superano le temperature critiche», scrivono da foro Bonaparte, «e se si verificherà questa condizione i convogli viaggeranno a marcia ridotta».

Oibò. È una questione di gradi, ci spiega Atm. La soglia critica è 57 (tranquilli, riguarda i binari: anche perché, se il termometro sul terrazzo segnasse tanto, chi è che avrebbe le forze, la voglia e persino il coraggio di salire su un vagone?): raggiunta quella, secondo le disposizioni europee, bisogna prendere provvedimenti.

E siamo lì, non manca molto. Infatti in serata arriva la conferma: magari non della colonnina di mercurio, ma del metrò meneghino. «Considerate maggiori tempi di percorrenza», annuncia su Twitter l’azienda: «Per precauzione i treni stanno viaggiando a velocità ridotta», anche se solo nelle tratte all’aperto, «dove la rete elettrica e le rotaie sono esposte a temperature critiche».

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Incendio Massarosa, la disperazione dei residenti costretti a fuggire: evacuate 500 persone

mercoledì, Luglio 20th, 2022

Il racconto della notte. La sindaca di Montigiano di casa in casa per evacuare le persone. Il vento instabile ha rinvigorito le fiamme. Un po’ di respiro solo alle 6 con il ritorno degli elicotteri

di Giulio Gori

Lacrime, grida di dolore, imprecazioni. A Massarosa, durante la scorsa notte, il grande incendio ha ripreso vigore. E ha dilagato. Le fiamme hanno raggiunto diverse abitazioni, entrando dentro la frazione di Montigiano, dove sulle sorti del paesino, costruito attorno a una pieve millenaria, gli stessi vigili del fuoco scuotono la testa. La situazione dell’incendio sembrava, se non sotto controllo, almeno gestibile fino a poco dopo la mezzanotte, con l’aria pesante di una notte senza vento. Poi, attorno all’una, i venti si sono alzati, forti e instabili, cambiando direzione di continuo. Vigili del fuoco, protezione civile, volontari, ma anche la sindaca Simona Barsotti assieme a mezza amministrazione comunale sono corsi a Montigiano, poi a Pieve a Elici, a Miglianello, al Ronco, all’Acqua Chiara, a bussare di porta in porta per svegliare gli abitanti e sgomberare le case. Centinaia di sfollati (almeno 500 dalle ultime stime), di cui una settantina sistemati sulle brande della scuola media. Tra chi non voleva abbandonare la casa, chi ha dovuto far la spola per salvare gli animali, e gli infermi che hanno avuto bisogno dell’aiuto delle ambulanze. Ci sono quattro feriti lievi: oltre a una volontaria medicata per un po’ di cenere in un occhio, ci sono le conseguenze delle fughe precipitose: un ragazzo straniero con una distorsione alla caviglia e due giovani di Massarosa con abrasioni da caduta

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L’Europa brucia per le alte temperature e gli incendi devastano Spagna, Francia e Portogallo: il picco del caldo deve ancora arrivare in Italia

lunedì, Luglio 18th, 2022

Gli incendi continuano a devastare il sud-ovest dell’Europa, mentre l’ondata di calore non accenna a diminuire e la Gran Bretagna si prepara a battere nuovi record di alte temperature questa settimana. Le fiamme infuriano in Francia, Grecia, Portogallo e Spagna dove sono andati distrutti migliaia di ettari, migliaia di residenti e vacanzieri sono stati evacuati e diversi operatori dell’antincendio sono rimasti uccisi dalla scorsa settimana nella seconda ondata di calore che si e’ abbattuta su questa parte dell’Europa. E sempre in Spagna è morto un vigile del fuoco impegnato nelle opere di spegnimento dei roghi. Secondo gli scienziati, che prevedono più frequenti e intensi eventi meteo, come onde di calore e siccità, la causa sono i cambiamenti climatici.

(reuters)

La situazione in Europa
Le autorità spagnole hanno registrato circa 20 roghi ancora fuori controllo in diverse parti del Paese, dal sud alla Galizia, nell’estremo nord-ovest, dove le fiamme hanno distrutto circa 4.500 ettari. Gli incendi sono già costati diverse vite, incluse quelle del personale impiegato nelle operazioni d’emergenza. Il personale antincendi e’ riuscito a portare sotto controllo un rogo che ha percorso 2 mila ettari di boschi e arbusti nella regione meridionale dell’Andalusia. Le fiamme sono divampate venerdì scorso e hanno raggiunto la città costiera di Malaga, dove sono state evacuate circa 3 mila persone.

(reuters)

Circa 2 mila sono rientrate nelle loro case. Ieri un cinquantenne e’ morto in una cittadina non lontano da Madrid per un colpo di calore mentre camminava. Un vigile del fuoco ha perso la vita mentre era impegnato a domare le fiamme nella provincia di Zamora, nel nordovest della Spagna. In Francia la situazione si e’ deteriorata nella regione della Gironda, nel sudovest, dove i vigili del fuoco sono impegnati a spegnere incendi boschivi che hanno divorato quasi 11 mila ettari da martedì scorso. Nel Paese oltre 16 mila persone, fra residenti e turisti, sono state evacuate. Sette di rifugi d’emergenza sono stati allestiti per ospitarli. Il ministro dell’Interno ha annunciato l’invio di altri tre aerei antincendi, 200 vigili del fuoco e più mezzi. Secondo le previsioni meteo, in Francia le temperature raggiungeranno i 40 gradi centigradi in alcune parti della Francia, con nuovi record oggi. «In alcune parti del sudovest, sarà un’apocalisse di caldo», ha anticipato il meteorologo Francois Gourand alla France Presse. Le autorità delle Alpi francesi hanno sollecitato gli alpinisti sul Monte Bianco, la vetta più alta d’Europa, a rinviare le loro scalate, a causa delle ripetute frane, causate da condizioni climatiche eccezionali e dalla siccità.

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Previsioni Meteo in Italia e Europa, caldo record: arriva l’ondata più potente dell’estate, anche 42 gradi al nord

mercoledì, Luglio 13th, 2022

di Agostino Gramigna

Le temperature cominceranno a risalire già dai prossimi giorni. Colpa dell’anticiclone africano che prenderà il posto di quello azzorriano. Dal 15 luglio la bolla di calore avvolgerà la Normandia e la Germania e poi l’Italia

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Negli ultimi giorni, l’Anticiclone delle Azzorre ha mitigato le temperature bollenti delle settimane scorse registrate su quasi tutte le regioni italiane. La tregua ha però le ore contate. L’opprimente anticiclone africano sta per fare ritorno. E per almeno dieci giorni, dicono le previsioni degli esperti, investirà parte dell’Europa e il nostro Paese. Potrebbe essere la più potente ondata di caldo africano dell’estate 2022. Le temperature cominceranno a salire già da domani mentre all’inizio della prossima settimana l’ondata di caldo porterà la colonnina di mercurio ben oltre i 40 gradi, soprattutto al nord.


Lo scenario, decisamente poco rassicurante, è disegnato dagli esperti del sito www.ilmeteo.it. Il caldo rovente non risparmierà nemmeno i paesi del Nord Europa. La bolla rovente avvolgerà la Normandia con picchi inimmaginabili per quelle latitudini fino a 42 gradi. Poi si espanderà verso l’Inghilterra e poi la Germania e infine sulle nostre regioni alpine e il nostro settentrione.

«Prepariamoci per il nuovo anticiclone africano, già prepotente sulla Penisola Iberica», ha affermato Lorenzo Tedici. Il meteorologo del sito ricorda che «sono già stati raggiunti in modo diffuso i 42 gradi nelle zone interne ad est di Lisbona e su parte della Spagna, in Andalusia ed Estremadura, con valori in rapido aumento».

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Meteo da paura, nuova ondata di caldo eccezionale: potrebbe durare settimane

sabato, Luglio 9th, 2022

Le previsioni meteo del weekend promettono due giorni stabili e soleggiati, in un contesto climatico finalmente più mite e privo di afa. Come anticipato, l’imminente fine-settimana sarà caratterizzato dal grande ritorno dell’alta pressione delle Azzorre, che smorzerà il caldo estremo di queste settimane. Si tratterà solo di una tregua. Le previsioni a lungo temine infatti delineano un quadro rovente per la seconda metà del mese di luglio con temperature definite “eccezionali“, decisamente al di sopra delle medie stagionali nell’intera Europa. Tutto da confermare naturalmente, vista la distanza temporale dagli eventi, ma gli attuali segnali vanno in questa direzione. Ecco i dettagli. 

Weekend mite

Sabato l’atteso rientro sulle scene dell’anticiclone oceanico garantirà piene condizioni di bel tempo in tutta Italia, con cielo più nuvoloso soprattutto al mattino soltanto su Molise, Abruzzo e alcuni settori del Sud (dettagli in fondo all’articolo). La buona notizia, scrive ilMeteo.it, riguarda però il cambio di circolazione che metterà momentaneamente in pausa l’asfissiante canicola africana, riportando le temperature in linea con le medie stagionali. In gran parte del Paese, scrivono gli esperti, avremo massime gradevoli spesso sotto i 30 gradi e minime assai più fresche. Specie sui versanti adriatici e ionici del Meridione il clima sarà poi ulteriormente mitigato da una ventilazione assai vivace, proveniente dai quadranti settentrionali.

Come anticipa anche il sito di 3BMeteo, domenica 10 luglio il copione rimarrà in sostanza immutato, con temperature godibili abbinate a sole e tempo stabile, fatta eccezione per alcuni innocui annuvolamenti che si svilupperanno sull’arco alpino centro-orientale e lungo l’Appennino. I meteorologi segnalano inoltre ancora un po’ di venti di Tramontana sui bacini meridionali e in Puglia, sebbene in attenuazione rispetto al giorno precedente.

Nuova ondata di caldo anomalo 

Le principali piattaforme di meteorologia concordano nel ravvisare i segnali di una duratura nuova ondata di caldo africano in procinto di colpire il Mediterraneo e l’Europa tutta: dalla Spagna il fronte rovente si muoverebbe verso est arrivando a coinvolgere l’Italia. “Nelle prossime ore le temperature torneranno a salire rapidamente e dall’inizio della prossima settimanasi potranno toccare i 45-47°C a Siviglia e Cordoba, i 40-41°C a Lisbona, i 38-39°C a Madrid e così via”, segnala 3BMeteo. Si va verso “un clima eccezionalmente caldo“, con “valori sopra le medie del periodo fino a 8-12 gradi”. Al momento nulla lascia pensare che la bolla di alta pressione possa rompersi. Indicativamente a partire dal 13 luglio, l’anticiclone indisturbato si allargherebbe ad est fino allo Stivale. Sempre 3bMeteo ammette che “ilrischio che vengano battuti nuovi record di caldo è concreto”.

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Marmolada, prevedere le valanghe? “Ecco come stanno le cose”

giovedì, Luglio 7th, 2022

Francesca Vercesi

Attualmente non ci sono conoscenze abbastanza dettagliate per poter prevedere esattamente quando e dove tremerà la Terra. E nemmeno il distacco di un saracco, ovvero un ghiacciaio a forma di torre che deriva dall’apertura di crepacci. Ma c’è un indiziato, secondo il pensiero comune: il cambiamento climatico. Eppure Emanuele Forte, professore di geofisica applicata all’Università di Trieste, interpellato dall’Adnkronos su quanto è accaduto domenica sulla Marmolada, preferisce invitare alla cautela, quando si dibatte di questo tipo di eventi tragici della natura.
TEMPERATURE ESTREME – «Si sta semplificando molto, il caldo, le temperature estreme. In realtà è un quadro molto più complesso.
C’è tutta una serie di fattori che fa sì che un ghiacciaio fonda di più o di meno. È chiaro che tutti i ghiacciai alpini sono in fase di ritiro per le condizioni climatiche attuali» ma «si tratta di fenomeni locali, come per i terremoti. Si può studiare il territorio, per sapere molte cose ma arrivare a previsioni è impossibile, allo stato attuale delle conoscenze», ha detto il professore. Dunque, secondo l’esperto, non è nemmeno possibile stabilire norme che regolino l’accesso ai ghiacciai.
«Quello della Marmolada è un episodio che fa notizia, ma si tratta di ghiacciai che d’estate attirano turisti, quindi sono una risorsa, non sarebbe scientificamente corretto dare regole o divieti sull’accesso», ha avvertito l’esperto.
Emanuele Forte, ricercatore presso il Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste, è impegnato in attività di ricerca nel settore del trattamento e dell’interpretazione dati geofisici a diversa scala. In questo ambito ha sviluppato metodi innovativi per l’elaborazione di dati GPR a copertura singola e multipla. Ha sperimentato metodologie di integrazione di dati in particolare sismici, magnetici e geoelettrici per studi ad alta risoluzione con applicazioni nei settori della geologia applicata e strutturale, della glaciologia, dell’archeologia, dell’ambiente (inquinamento da contaminanti liquidi, discariche), dell’ingegneria.
Il professor Forte anni fa ha partecipato a una ricerca del Crr sui tempi di fusione del ghiacciaio. Uno studio, ha spiegato, «condotto con uno strumento che si chiama georadar, che permette di valutare lo spessore del ghiaccio. È stato ripetuto a distanza di dieci anni e si è visto che già in quel lasso di tempo il ghiacciaio si era fuso molto, e quindi facendo una previsione, mantenendo costanti le variabili climatiche, si arrivava a dire che entro 50 anni ci sarebbe stata la completa fusione».

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La sentinella che monitora il ghiaccio della Marmolada con i radar: «Se crolla di nuovo, 50 secondi per salvarsi»

mercoledì, Luglio 6th, 2022

di Gianni Santucci

Parla Nicola Casagli, docente di geologia applicata dell’Università di Firenze, che lavorò con la Protezione civile anche a Rigopiano

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DAL NOSTRO INVIATO
CANAZEI — Il «gran misuratore» del ghiacciaio indossa occhialini sul naso e una polo blu spazzata dalle raffiche d’aria dell’elicottero, che pochi metri davanti a lui atterra e presto si rialza: intorno alle 15 di ieri, dallo spiazzo sopra il lago Fedaia, il velivolo fa sei viaggi nel giro di una mezz’ora. Porta in quota otto tecnici e tre radar. «Saremo in grado di rilevare movimenti minimi, al di sotto del millimetro», spiega con un leggero accento toscano il professor Nicola Casagli, docente di geologia applicata dell’Università di Firenze, arrivato con il suo gruppo di ricerca sulla Marmolada dopo aver già lavorato con la Protezione civile sulla valanga di Rigopiano e sul naufragio della Costa Concordia.

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A tre giorni dal distacco che ha travolto gli escursionisti, si gioca ora una contesa tra scienza e natura. Obiettivo: interpretare come si comporterà il gigantesco pezzo di ghiacciaio mutilato e rimasto ancora aggrappato lassù. «Installiamo tre radar. Il primo è un doppler, in grado di intercettare spostamenti rapidissimi e impulsivi, tipo quelli delle valanghe, e dare l’allarme». Sarà decisivo per gli uomini del soccorso alpino che, da domani, inizieranno a scandagliare il terreno alla ricerca dei resti non più con i droni, ma a terra. Casagli è l’esperto del «dopo»: l’uomo che impiega le sue conoscenze per evitare che, dopo un disastro, se ne generi un altro. La sfida tecnologica: leggere movimenti infinitesimali nel corpo di una massa mastodontica. Si parte da un dato, su cui il docente riflette alzando lo sguardo verso lo squarcio d’azzurro vivo sotto la vetta: «Cadrà anche ciò che resta del ghiacciaio». È una certezza? «Basta guardare a occhio nudo, s’è formata una parete verticale. Verrà giù. Bisogna vedere se accadrà tutto in uno schianto, o in parti più piccole». Quando potrebbe accadere? «Siamo qui per capire quando sarà il momento».

Gli altri due radar sono interferometri: «Immagazzinano immagini con oltre un milione di punti, che possono essere confrontate con quelle successive. In questo modo, si riescono a leggere movimenti anche minimi, inferiori al millimetro appunto, che possono essere segnali di instabilità prima della nuova frana». Gli ipersensibili «occhi» puntati sul ghiacciaio monco (ma probabilmente ancor più grande della parte distaccata) sono stati installati ieri pomeriggio all’altezza del rifugio a quota 2.700 metri, che è stato la tappa intermedia degli escursionisti prima dell’ultima frazione dell’ascesa. I geologi hanno stimato anche quale potrebbe essere l’«intervallo di salvezza», cioè il tempo in cui, se venisse giù una nuova frana ghiacciata, le persone impegnate nelle ricerche al di sotto verrebbero travolte. Per buona parte della traiettoria di caduta, quell’intervallo, spiega il docente, «non sarebbe superiore ai venti secondi, probabilmente anche meno. Dunque un tempo non sufficiente per trovare un riparo».

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Il clima che cambia le vette: perso il 30% del volume del ghiacciaio in 10 anni

martedì, Luglio 5th, 2022

di Massimo Sideri

Gli esperti: «Stanno accadendo gli stessi identici fenomeni al Polo Sud e sulla costa della Groenlandia: si fonde la base e il fiume sottostante fa scivolare il ghiaccio sopra che, cadendo, si spezza. Siamo ormai arrivati al punto di collasso»

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I ghiacciai non si piegano. Al limite fuggono. Ma sappiamo che si spezzano. E il loro soprannome ricorda la loro natura ostile: sono stati battezzati dagli scienziati del clima il «terzo Polo» del mondo. Ma a differenza dei due fratelli maggiori, l’Artide e l’Antartide, si tratta di un polo parcellizzato in milioni di montagne sparse fra tutte le terre emerse. Una rete neurale, quasi una specie aliena, capace di raccontarci il mondo di milioni di anni fa, a saperli ascoltare nel loro silenzio. Cosa ci stanno dicendo? È questa la domanda del giorno dopo. Da quando domenica a spezzarsi è stata la Marmolada, come per le trombe d’aria e i terremoti, è difficile non chiederselo: la scienza poteva prevederlo in qualche maniera? La tragedia è una figlia non voluta del cambiamento climatico?

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Così è cambiato il ghiacciaio della Marmolada dal 1910 al 2021

Le domande poste dalla tragedia

«Sappiamo per certo che i ghiacciai sono sistemi molto delicati e che hanno già iniziato a risentire del cambiamento climatico», spiega Luisa Cristini, Climate scientist che ha lavorato alle Hawaii, in Portogallo e che ora co-dirige i progetti di ricerca dell’Alfred Wegener Institute in Germania, il più importante centro studi sulle scienze polari in Europa. «È sempre difficile cercare un nesso di causa-effetto tra il singolo episodio e il riscaldamento globale. Però abbiamo imparato che i ghiacciai montani e dei poli sono sistemi che cambiano rapidamente, in pochi anni».

I numeri del cambiamento

Vette, seracchi e valli scolpite da antichi ghiacciai sono oggi forse il campanello di allarme più importante che abbiamo, proprio perché come i diamanti possono essere durissimi e allo stesso tempo molto fragili. E non sono per sempre come pensiamo. «I ghiacciai sono essenzialmente delle variabili indirette del clima, perché sono molto sensibili all’ambiente» si legge nello studio pubblicato nel 2019 su «Remote Sensing of Environment» da Università di Trieste, Cnr-Ismar, Aberystwyth University, Università di Genova e Arpav proprio sulla «recente evoluzione del ghiacciaio della Marmolada». I numeri non lasciano debiti alla conoscenza: l’area del ghiacciaio era passata da 1.402.000 metri quadrati del 2004 a 1.097.000 metri quadrati del 2014: -22% in un solo decennio. Il volume del ghiaccio nello stesso periodo aveva perso il 30% (da 25,2 milioni di metri cubi a 17,5).

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