Archive for the ‘Salute’ Category

Covid, torna la paura: nuova ondata a fine giugno in Cina

mercoledì, Maggio 24th, 2023

A che punto siamo con il Covid? In Italia c’è chi ha preso il virus per la seconda e persino per la terza volta e l’incubo sembra ormai rimasto alle spalle. Ma la comunità internazionale non è affatto tranquilla. E come è avvenuto all’inizio della pandemia, anche oggi l’allarme maggiore arriva dalla Cina. È infatti a giugno 2023 che il Covid 19 potrebbe ripresentarsi con forza nel Paese asiatico. Il picco è atteso il picco è atteso infatti alla fine di giugno, quando dovrebbe colpire circa 65 milioni di persone a settimana. Ma è tutto il mondo, purtroppo, a rischiare la nuova ondata. Magari a causa di una variante o persino di un nuovo virus.
È uno dei massimi esperti cinesi di malattie infettive ad avvisare il mondo che la minaccia non è rientrata del tutto. Si tratta del medico Zhong Nanshan, che nel suo intervento sul Covid al “Greater Bay Area Science Forum” ha inoltre affermato che saranno presto immessi sul mercato due nuovi vaccini per contrastare la variante XBB.  Anche l’Oms sembra preoccuparsi per i rischi connessi a ulteriori mutazioni del virus.
«Non è la fine di Covid come minaccia per la salute globale», ha detto infatti il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, parlando all’Assemblea mondiale della sanità a Ginevra. E se la domanda che in molti si pongono ancora oggi è quale Covid gira adesso, la realtà è che potremmo trovarci di fronte a qualcosa di ancora più aggressivo rispetto a ciò che abbiamo conosciuto finora.

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Legge Basaglia, quello che manca sui disagi mentali

sabato, Maggio 13th, 2023

di Massimo Ammaniti

Come ho raccontato nel mio libro di memorie Passoscuro, erano gli anni ’70 del secolo scorso ed io, giovane neuropsichiatra infantile, avevo accettato l’invito di Franco Basaglia di trasferirmi a Trieste per occuparmi della salute mentale di bambini e adolescenti nell’ambito dei servizi psichiatrici da lui diretti.

Avevo accolto la sua proposta con entusiasmo, ero molto interessato al suo lavoro di smantellamento degli ospedali psichiatrici, che non servivano a curare i pazienti psichiatrici e addirittura ne provocavano l’emarginazione sociale e l’isolamento affettivo. Ne avevo avuto esperienza diretta nell’Ospedale Psichiatrico di Roma, all’interno del Padiglione dei bambini considerati irrecuperabili, vittime di un sistema di custodia degradante che provocava soltanto l’aggravamento della loro disabilità.

Ero pronto a trasferirmi a Trieste con la mia famiglia e nel tragitto mi fermai a Venezia per una notte. Durante quella notte insonne mi interrogai sulla mia scelta, se era sufficientemente ragionata. Sicuramente sarebbe stata un’esperienza di lavoro importante, tuttavia dal mio punto di vista Basaglia e il suo gruppo davano troppa enfasi all’ambiente sociale, non valorizzando le sofferenze personali dei pazienti psichiatrici, che richiedevano trattamenti più complessi sul piano psicologico.

Quando finalmente giunse l’alba la mia decisione era presa, non sarei andato a Trieste perché desideravo studiare a fondo i più recenti sviluppi scientifici della psicopatologia e della psicoanalisi e le stesse strategie terapeutiche.

Non sono stato un basagliano, quantunque apprezzassi molto il suo lavoro di critica verso una psichiatria ottocentesca inadeguata a prendersi cura dei malati mentali, tuttavia credo che sia necessario oggi riconoscere il suo grande contributo senza nascondere allo stesso tempo luci e ombre.

“Eravamo scarti, qui siamo persone”. Viaggio a Trieste dove i “matti” imparano a vivere da soli

dalla nostra inviata Maria Novella De Luca 12 Maggio 2023

La Legge 180 del 1978, ossia la Legge Basaglia, ha rappresentato un grande passo avanti di civiltà e di riaffermazione dei diritti umani e anche di apertura di una nuova stagione nella cura mentale. Va tuttavia riconosciuto che la legge rappresentò un compromesso per evitare il referendum e lo stesso Basaglia non ne era completamente soddisfatto.

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Covid, stop all’emergenza. L’Oms: 20 milioni di morti

sabato, Maggio 6th, 2023

di Margherita De Bac

L’annuncio di Ghebreyesus dopo oltre tre anni di pandemia: «Resta il rischio di nuove varianti, non  abbassare la guardia».  Schillaci ricorda le quasi 190 mila vittime italiane: «In loro memoria dobbiamo potenziare l’assistenza»

Covid, stop all’emergenza.  L’Oms: 20 milioni di morti

 Da ieri, venerdì 5 maggio 2023, il Sars-CoV-2, virus micidiale che per 3 anni abbondanti ha messo a soqquadro il mondo, è un virus qualunque, come tanti. Senza trionfalismi, il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità, l’Oms, ha annunciato la fine dell’emergenza pandemica.

Molto più di una dichiarazione formale alla quale in Italia e nel resto dei Paesi occidentali eravamo preparati considerato il diffuso declino dei casi. Significa che decadono le cosiddette international health regulations, le restrizioni dettate dalla massima autorità sanitaria globale, considerate vincolanti. Entriamo in una fase endemica. Il coronavirus responsabile del Covid non è sparito, ma non terrorizza più perché col passare del tempo ha perso aggressività di pari passo con i progressi della ricerca che ha approntato i vaccini.

L’emergenza fu dichiarata il 30 gennaio del 2020, sulla base di quello che stava accadendo in Cina, dove la situazione molto probabilmente era molto più grave di quella che il governo di Pechino faceva intendere. Da allora circa 20 milioni di morti (tanti ne ha stimati ieri l’Oms, a fronte dei 7 milioni riportati), l’economia mondiale a terra.

Ieri, durante la conferenza stampa nella sede di Ginevra, il capo dell’Oms Tedros Ghebreyesus non ha però suonato la fanfara: «È con grande speranza che pronuncio la parola fine. Tuttavia il Covid-19 non è finito come minaccia per la salute globale. Mentre parliamo migliaia di persone stanno lottando per la vita nelle unità di terapia intensiva. E altri milioni continuano a convivere con gli effetti debilitanti della malattia. Questo virus è qui per restare, permane il rischio di nuove varianti». Poi un’autocritica («Promettiamo ai nostri figli che non faremo mai più gli stessi errori») e un monito: «La cosa peggiore che si potrebbe fare è abbassare la guardia». Tedros Ghebreyesus ha così fatto suo il parere del comitato di esperti Oms sull’emergenza, favorevole a maggioranza ad apporre la parola fine.

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Galli: «L’indecisione sul Covid ha causato troppi morti, sui tamponi avevo ragione io»

martedì, Marzo 7th, 2023

di Laura Cuppini

L’infettivologo: il ruolo degli asintomatici nella diffusione dei contagi è emerso quasi subito. La mia posizione, che tuttora rivendico, era testare più persone possibile per circoscrivere i focolai d’infezione

«Nelle prime fasi della pandemia sono stati fatti certamente errori, ma soprattutto il sistema ha mostrato tutta la propria inadeguatezza».

Massimo Galli, già professore ordinario di Malattie infettive all’Università degli Studi di Milano, ha detto in audizione alla Commissione Affari sociali della Camera che i contrasti tra istituzioni nella gestione della pandemia sono stati evidenti e che per il futuro servirà una catena di comando meglio definita. Quali ritiene siano stati gli aspetti più critici?
«Abbiamo una sanità pubblica regionalizzata, con 21 tra Regioni e provincie autonome che decidono, in larga misura in autonomia, sui temi della salute. Questa situazione non ha aiutato a fronteggiare un’emergenza sulle implicazioni della quale già sapevamo pochissimo. Ridimensionare il ruolo delle Regioni nella sanità, anche per superare disuguaglianze territoriali inaccettabili, potrebbe essere un buon punto di partenza. Possiamo anche chiederci a quanto serva puntare sugli ospedali d’eccellenza se ci si dimentica della prevenzione, non si riesce a fronteggiare le emergenze e, solo per fare un esempio, alle politiche vaccinali, uno degli aspetti principali su cui si fonda la prevenzione, non si garantisce lo spazio sufficiente».

Secondo la ricostruzione della Procura di Bergamo, la mancata istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro, in Val Seriana, a fine febbraio 2020 ha causato la morte di oltre 4 mila persone. Che cosa non ha funzionato?
«La mia sensazione di allora era che la zona rossa sarebbe stata necessaria anche lì, come a Codogno. Quelli tra fine febbraio e inizio marzo 2020 sono stati giorni costellati di indecisioni, quando invece sarebbe servito tutt’altro. Chi sia stato responsabile dei mancati interventi non sta a me stabilirlo».

Un capitolo dell’inchiesta di Bergamo riguarda i test Covid. Che cosa ha da dire al riguardo?
«Il ruolo degli asintomatici nella diffusione dei contagi è emerso quasi subito. La mia posizione, che tuttora rivendico, era testare più persone possibile per circoscrivere i focolai d’infezione e i fatti hanno dato ragione a quelli che la pensavano come me. Nei primi tempi della pandemia la disponibilità di strumenti diagnostici, i cosiddetti tamponi, era terribilmente limitata, e di conseguenza ho ritenuto importante sostenere la possibilità di estenderla. Uno studio condotto nel 2020 nello Stato di Washington (Kimball e altri), all’interno di una Residenza sanitaria assistenziale, ha mostrato che circa la metà degli anziani positivi al test non aveva sintomi. Il monitoraggio che abbiamo condotto tra maggio e giugno 2020 a Castiglione d’Adda ha dato un risultato analogo: un terzo degli ultraottantenni risultati positivi per gli anticorpi non sapeva di aver avuto l’infezione. Possiamo presumere che la percentuale di asintomatici sia superiore tra i giovani adulti».

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Cerotti come in gioielleria e alcuni farmaci costeranno il 100% in più: ecco l’elenco di tutte le medicine coinvolte

venerdì, Febbraio 10th, 2023

Paolo Russo

Il tam-tam tra chi è costretto a fare spesso la spesa in farmacia era cominciato da un po’, senza che nessuno tra associazioni dei consumatori e istituzioni sanitarie varie facesse caso al nuovo aumento di questo annus horribilis dei consumatori italiani. Quello a carico di prodotti dei quali difficilmente si può fare a meno: i farmaci. A gennaio, certifica F.Press, sono aumentati in media del 10,4% rispetto a dicembre. Parliamo dei circa 1.100 medicinali di fascia C, quelli a totale carico del cittadino ma dispensabili solo dietro presentazione della ricetta medica. Pillole e sciroppi più importanti quindi, tra i quali la Tachipirina iniettabile, antidolorifici vari come il Toradol o il Muscoril, ansiolitici, medicine per la disfunzione erettile e molti altri ancora. Un mercato che vale 3,46 miliardi che diventano 5,8 miliardi se si considerano anche i medicinali a pagamento, ma senza obbligo di ricetta. Anche loro in aumento, del 5,1% nel caso di quelli “da banco”.

La stangata era in realtà attesa, perché i medicinali di fascia C, pur essendo a prezzo libero, possono variare solo a gennaio degli anni dispari. Dietro all’aumento medio del 10 e passa per cento, si cela una grande variabilità che arriva oltre il 100%. Il Tadalafil, il generico del Cialis nella confezione da 4 compresse da 10 mg è balzato da 22,9 a 57 euro, per un incremento pari al 148,9%. Ma ad aver fatto il botto sono anche farmaci indicati per il trattamento di patologie gravi. Il Sildenafil Zentiva, indicato per chi ha disfunzione erettile, nella confezione da 4 compresse da 25 mg ha raddoppiato il prezzo da 12,2 a 24 euro. L’Effortil serve per il trattamento dell’ipotensione ortostatica. Chi ne soffre sa bene come alzandosi da una poltrona o dal letto si possa finire a terra per le vertigini causate dal repentino abbassamento della pressione. In questo caso la scatola con sei fiale da 10 mg è balzata da 40 a 69 euro (+72,5%).

Con gli aumenti superiori al 50% si potrebbe ancora andare avanti a lungo. Ma per i pazienti i più dolorosi sono quelli scattati su confezioni già di per se care. Per il Dantrium, nella confezione da 36 flaconcini indicati per l’ipermetabolismo fulminante si dovranno sganciare ad esempio 168,8 euro in più.

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Covid, casi in calo del 38% ma l’Rt in leggera salita

venerdì, Gennaio 13th, 2023

di Michele Bocci

L’Rt sale leggermente ma resta comunque sotto la soglia di 1, quindi l’epidemia continua a rallentare. Il dato è di 0,91 (un po’ insalita rispetto allo 0,83 della scorsa settimana). Il valore rende conto della situazione dei 15 giorni precedenti, quando viene calcolato dalla Cabina di regia di Istituto superiore di sanità e ministero alla Salute.

Più aggiornato è il dato dell’incidenza, cioè del numero di casi settimanali. Anche quello è in miglioramento, visto che è sceso a 143 contro il 231 di venerdì scorso. La riduzione è importante, del 38,09%. I casi settimanali sono quindi stati circa 84.300 contro i 135.990 della settimana precedente. Il dato è il più basso da novembre del 2021. La situazione quindi è molto positiva e per ora non si vedono effetti delle varianti che circolano in altri Paesi. La causa potrebbe essere anche una importante riduzione dei tamponi.

Il tasso di occupazione in terapia intensiva, dicono dall’Istituto superiore di sanità, è in lieve calo, cioè al 3,1% rispetto al 3,2% della settimana scorsa. quello delle aree mediche scende al 10,1% dal 12,1%.

“Nessuna Regione/PA è classificata a rischio alto. Sette sono a rischio moderato e quattordici classificate a rischio basso”, spiega la Cabina di regia.

REP.IT

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Farmaci introvabili: cosa possiamo fare? Cosa può fare la farmacia? E che differenza c’è con gli «indisponibili»?

mercoledì, Gennaio 11th, 2023

di Maria Giovanna Faiella

I farmaci di uso comune diventati introvabili

Fare il giro delle farmacie pur di trovare il medicinale necessario: per tanti pazienti il problema dei farmaci «introvabili» non è nuovo.

Negli ultimi tempi, però, la situazione è peggiorata e gli stessi farmacisti hanno segnalato che fanno più fatica a reperire alcune categorie di medicinali di uso comune — e si sta allungando la «lista dei farmaci temporaneamente carenti».

Ecco allora cosa sapere e alcuni consigli.

Il «caso» dell’ibuprofene e del paracetamolo

Cosa sta accadendo? Ci sono diverse cause.

È aumentata notevolmente la richiesta di alcuni prodotti,come ibuprofene e paracetamolo. Nella maggior parte dei casi il farmaco carente può essere sostituito con l’equivalente (o generico) e, laddove possibile, le farmacie hanno contribuito e contribuiscono a sopperire alle carenze con preparati galenici, come nel caso dell’ibuprofene in versione sciroppo per i bambini.

Farmaci che «spariscono» a intermittenza

Ci sono, poi, altri motivi che stanno provocando un aumento della carenza dei farmaci.

A causa delle crisi internazionali, si è aggiunta la scarsità di alcune materie prime necessarie per produrre le confezioni ma anche di principi attivi che provengono dall’estero.

I provvedimenti

L’Agenzia italiana del farmaco monitora costantemente la temporanea irreperibilità sul mercato nazionale di medicinali, in particolare di quelli indispensabili per la cura di determinate patologie.

In base alle norme in vigore, le aziende farmaceutiche titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio sono tenute a segnalare all’AIFA, con un anticipo di quattro mesi, che si verificherà una carenza del farmaco, di solito dovuta a problemi di produzione o a un aumento imprevisto della richiesta, o a cessata commercializzazione del prodotto.

Quando l’AIFA riceve la comunicazione, verifica se c’è un problema di sanità pubblica in modo da adottare i provvedimenti necessari coinvolgendo, se è il caso, i professionisti sanitari e le componenti della filiera, produttori, grossisti, importatori, farmacie.

Se il medicinale non può essere sostituito, perché non esistono equivalenti in commercio, viene rilasciata l’autorizzazione per l’importazione al titolare dell’autorizzazione in commercio del farmaco o alle strutture sanitarie interessate (Asl, farmacie ospedaliere).

Cosa fare se non si riesce a trovare il farmaco?

In ogni caso, se non riuscite a trovare il vostro medicinale in farmacia, per non interrompere le cure, rivolgetevi sempre al vostro medico curante (o allo specialista) che vi prescriverà un medicinale equivalente, se esiste, o una terapia alternativa.

Potete anche verificare se il vostro medicinale è inserito nella lista dei «farmaci temporaneamente carenti», sul sito dell’Agenzia italiana del farmaco, che riporta in ordine alfabetico le informazioni sul prodotto mancante (sia principio attivo che nome commerciale), la data di inizio della carenza e quella prevista per il ritorno in commercio, i motivi per cui manca, i suggerimenti su cosa fare, l’esistenza o meno di un farmaco equivalente, cioè una «copia» del farmaco di riferimento (di marca) presente sul mercato già da molti anni e il cui brevetto sia scaduto, con lo stesso principio attivo, stessa forma farmaceutica e via di somministrazione (per esempio: compresse, sciroppo, soluzione iniettabile ecc), stesso dosaggio.

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Covid in Cina, le vere cifre: si temono 1,7 milioni di morti in 4 mesi

mercoledì, Gennaio 4th, 2023

di Paolo Salom

La situazione Covid in Cina, dopo la cancellazione delle restrizioni, oggi sui social rimbalza l’allarme: «Pechino è deserta e anche io ho paura ad uscire». I Paesi occidentali temono l’arrivo di nuove varianti dall’Oriente

Covid in Cina, le vere cifre: si temono 1,7 milioni di morti in 4 mesi

La data che tutti ricordano, in Cina, è il 7 dicembre dell’anno appena terminato, quando il governo ha annunciato le «dieci nuove regole» sul virus: di fatto l’inizio del «liberi tutti» dopo tre anni di politica «zero Covid» e, soprattutto, lockdown continui quanto improvvisi. Nel giro di pochi giorni, sull’intero territorio della Repubblica Popolare tutte le restrizioni in vigore — inclusa la quarantena per i positivi nei «lebbrosari» istituiti ovunque — sono state cancellate.


La situazione
La vita ha ripreso il suo corso normale? Meno di un mese più tardi, tutto si
può dire tranne che la Cina sia tornata a una situazione vicina all’epoca pre-pandemia. Vediamo quali sono i dati disponibili considerando che l’opacità delle autorità cinesi nel diffondere statistiche sulla diffusione della malattia nel Paese ha suscitato non poche proteste e preoccupazioni a livello internazionale.

Innanzitutto, nonostante il silenzio del regime, scorrendo i social cinesi — per primo Weibo, il Twitter locale — si scopre che in pochi giorni dalla fine di lockdown e tracciamento, i casi di infezione sono aumentati esponenzialmente, mettendo in crisi il sistema sanitario nazionale. Ma i numeri? A dir poco scarne le cifre ufficiali da Pechino: avendo «sconfitto la malattia», nessuna informazione a riguardo è apparsa più «necessaria». Eppure qualcosa è trapelato: mentre alcuni responsabili cinesi avanzavano l’ipotesi di circa «4 mila nuovi casi giornalieri», per lo più asintomatici, gli esperti internazionali hanno offerto una cifra più verosimile, ovvero un milione di nuovi casi al giorno, considerando la popolazione totale di un miliardo e 400 milioni. Soprattutto, sono trapelati racconti su corsie ospedaliere vicine al collasso e bare accatastate negli obitori in attesa di essere smistate.

Forse è per questo che i cinesi hanno preferito evitare il più possibile uscite e contatti non necessari, nonostante la fine dei lockdown. «Pechino è deserta — scrive per esempio un utente su Weibo —. Potrei uscire ma, dico la verità, ho paura». Altri hanno criticato chi a novembre ha manifestato in piazza contro le chiusure, accusandoli «di non aver compreso quali sarebbero state le conseguenze delle loro azioni» in un Paese privo di adeguate strutture sanitarie. In verità, sembra che nei primi venti giorni dalla fine della politica «zero Covid», almeno 250 milioni di persone si sarebbero ammalate in Cina (una su sei). Secondo alcuni ricercatori dell’Università di Hong Kong, un milione di cittadini potrebbe morire a causa del virus «entro la fine dell’inverno». Altri dati suggeriscono proiezioni drammatiche: 1,8 milioni di nuovi casi e 11 mila decessi al giorno, con un possibile traguardo di 1,7 milioni di vittime ad aprile. Uno scenario davvero terribile.

A questo punto, i timori dei Paesi occidentali riguardo il possibile arrivo di nuove varianti dall’Oriente appare tutt’altro che peregrino. Ma, almeno su questo fronte, sembra che si possa stare relativamente tranquilli. L’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, segue — anche in maniera discreta — la situazione sul terreno e, sulla scorta delle sequenze fornite dagli scienziati cinesi — Pechino avrebbe condiviso nell’ultimo mese 384 campioni di virus — varianti e sottovarianti sono le stesse in circolo da noi, con prevalenza del tipo Omicron.

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Remuzzi: «Sul Covid la Cina ha fatto un errore inammissibile, giusto testare chi arriva in Italia»

venerdì, Dicembre 30th, 2022

di Laura Cuppini

Il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri: «Bisogna sapere se ci sono varianti diverse da Omicron»

Remuzzi: «Sul Covid la Cina ha fatto un errore inammissibile, giusto testare chi arriva in Italia»

Un’ondata pesantissima di contagi in Cina, il timore di nuove varianti (non Omicron) che «sfuggano» ai vaccini, la preoccupazione per Gryphon (Xbb), la cui diffusione è in rapido aumento negli Stati Uniti. Che cosa sta succedendo?
«Siamo in una fase delicata, ma non allarmiamoci prima del tempo — risponde Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e ordinario per chiara fama di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano —. Quello che sta accadendo in Cina, con un milione di nuove infezioni al giorno (che secondo le stime potrebbero aumentare fino a 3-4 milioni tra gennaio e marzo), è dovuto alla sconsiderata strategia “zero Covid”: si è puntato tutto sull’isolamento, la campagna vaccinale ha rallentato in modo significativo e il virus ha circolato poco. Dal “tutto chiuso” si è passati improvvisamente al “tutto aperto”: in questo modo il virus ha terreno libero perché incontra una popolazione poco immunizzata. È un errore inammissibile a quasi tre anni dall’inizio della pandemia».

Qual è la situazione oggi in Italia?
«Il 90% della popolazione over 12 ha completato il ciclo vaccinale e godiamo di un’immunità diffusa. Sappiamo che quella ibrida, data da infezione più vaccino, è l’immunità più efficace. Secondo l’Istituto superiore di sanità il rischio di malattia severa è 80 volte superiore in chi non è vaccinato o non ha avuto una diagnosi recente di Covid. Adesso è estremamente urgente somministrare la quarta dose (e poi la quinta, dopo 120 giorni) agli over 60, poi al resto della popolazione. È importante anche la vaccinazione antinfluenzale. I bambini dai 6 mesi in avanti dovrebbero essere vaccinati sia per Covid sia per l’influenza, secondo le indicazioni delle Società più importanti di pediatria, mentre, come ha scritto il British Medical Journal, negli adolescenti la quarta dose potrebbe essere evitata. Per i richiami va bene qualunque vaccino a mRna, meglio forse il bivalente adattato a Omicron Ba.4 e 5, ma non è una condizione indispensabile».

Cosa potremmo rischiare nel prossimo futuro?
«È corretto testare per Covid i passeggeri provenienti dalla Cina con l’obiettivo di sequenziare le varianti (sono sufficienti alcune centinaia di sequenziamenti), per avere un’idea precisa di cosa sta arrivando dal Paese asiatico. Se le varianti appartengono tutte alla famiglia di Omicron, come sembrerebbe finora, possiamo stare relativamente tranquilli perché i vaccini proteggono all’80% dalla malattia grave e, in percentuale minore, anche dall’infezione. La situazione sarebbe più preoccupante se comparisse una variante diversa da Omicron o cominciasse a diffondersi in modo massiccio Gryphon (Xbb), e in particolare la sua sottovariante Xbb.1.5, che dai primi dati sembra dare un rischio di reinfezione elevato. Al momento però non c’è da preoccuparsi perché Xbb è al 6% a livello globale e all’1,8% in Italia. Fanno eccezione gli Stati Uniti, dove ha toccato il 13%. È interessante l’indicazione dei Centers for disease control and prevention americani, che hanno chiesto alle compagnie aeree di imbarcare solo passeggeri con un tampone negativo effettuato non oltre le 48 ore precedenti: si tratta della strategia più semplice e immediata da mettere in atto».

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Meloni: «Avanti sul presidenzialismo. Il Covid? Il governo si è mosso immediatamente»

venerdì, Dicembre 30th, 2022

di  Monica Guerzoni 

Meloni: tamponi e mascherine, no a privazioni della libertà. Tagliando per la giustizia, bene l’azione sulla prescrizione. Sul Pnrr la staffetta con il governo Draghi ha funzionato. L’Msi ha avuto un ruolo importante nella storia italiana. Se sarò alle celebrazioni del 25 Aprile? La risposta è sì

Meloni: «Mi fido dei miei alleati. Avanti sul presidenzialismo»

La prima conferenza stampa di fine anno di Giorgia Meloni è ancora in corso quando la manovra della destra ottiene il via libera al Senato. L’esercizio provvisorio è scongiurato e la premier si intesta il risultato: «È stata approvata con un giorno di anticipo rispetto ai governi precedenti». E le tensioni, i dietrofront, gli scontri nella maggioranza? «Ricordo dibattiti molto più accesi. Al di là delle divergenze, la nostra volontà è lavorare bene e mantenere gli impegni». Cosa che Meloni ritiene di aver iniziato a fare, convinta che il suo governo non sia «le sette piaghe d’Egitto».  

La maggioranza 

La prima donna italiana a Palazzo Chigi conferma come «prioritaria» la riforma costituzionale per il semipresidenzialismo francese e rivendica tutte le scelte «di destra» dei primi 70 giorni, anche le più controverse: tregua fiscale, stretta su Ong e migranti, flat tax, rateizzazione per le società di calcio, contrasto dei rave party, smantellamento del reddito. Ce la farà, con una maggioranza litigiosa? «Mi fido dei miei alleati al governo — smentisce problemi con Salvini e Berlusconi —. Al di là di un dibattito naturale, c’è una visione comune. Abbiamo approvato la legge di bilancio e non era facile. Il clima è positivo, non posso lamentarmi». Tra le priorità del 2023 c’è la legge sulla giustizia invocata da Berlusconi e qui Meloni apprezza l’ordine del giorno per chiedere il ritorno della prescrizione a com’era prima della riforma Bonafede e rivendica la scelta dell’«ottimo» Guardasigilli, Nordio: «La giustizia ha bisogno di un tagliando. Serve un governo coraggioso e a noi il coraggio non ci difetta». Il coraggio, ad esempio, di difendere il presidente Ignazio La Russa, del quale le opposizioni chiedono le dimissioni per un post che celebrava i 76 anni del Msi. «Un partito che ha avuto un ruolo molto importante nella storia di questa nazione e che è sempre stato chiaro sulla lotta all’antisemitismo — rivendica il legame Meloni —. Perché ora deve diventare impresentabile? Non mi piace questo gioco al rilancio per cui si deve sempre cancellare di più». E lei presidente, sarà alle celebrazioni del 25 Aprile? «La risposta è sì».

Il rapporto con Draghi 

Gli chiedono del predecessore e Meloni non si sottrae. Ride, poi ammette di «sentire chiaramente il peso» del confronto e la cosa la affascina: «A me non è mai piaciuto vincere facile, mi stimolano le persone capaci e autorevoli e Draghi lo è. Non direi mai che si può fare meglio, ma si può fare bene». Ad esempio, spendendosi «in prima persona» per la conquista di Expo 2030: «Ce la mettiamo tutta. È una grande occasione per Roma e per l’Italia e non ci daremo per vinti». E una grande occasione per la destra, sembra dire Meloni, sono le Regionali di febbraio in Lombardia e Lazio: «Elezioni importanti. Sono un test politico e la migliore campagna elettorale è mettercela tutta al governo».

Il Covid 

Dalla Cina il Covid è tornato a terrorizzare il mondo. Meloni boccia lockdown e green-pass, assicura che il governo si è «mosso immediatamente» e rilancia la necessità di una decisione europea sui tamponi in aeroporto: «Il ministro Schillaci ha dato messaggi tranquillizzanti, dal sequenziamento dei primi 15 casi si tratta di varianti Omicron già presenti in Italia». Come proteggerete gli italiani? «Sono utili i controlli, i tamponi e le mascherine» e nascerà un osservatorio sul Covid. «Ma il modello di privazione delle libertà non mi è parso così efficace, la Cina lo dimostra». Dei vaccini non parla finché non le viene chiesto: «Abbiamo fatto una campagna che invita alla vaccinazione anziani e fragili». E per gli altri? «Direi di chiedere al medico e a chi ne sa più di me».

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