“A causa di una dolorosa sciatalgia le
celebrazioni di oggi e domani presso l’Altare della Cattedra della
Basilica Vaticana non saranno presiedute dal Santo Padre Francesco”. Lo
riferisce il portavoce vaticano, Matteo Bruni. I Primi Vespri e Te Deum del 31 dicembre saranno presieduti dal card. Giovanni Battista Re, decano del Collegio Cardinalizio, mentre la messa del primo gennaio 2021 sarà presieduta dal card. Pietro Parolin, segretario di Stato.
Il primo giorno del nuovo anno il Pontefice guiderà comunque la recita dell’Angelus dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico.
CITTA’ DEL VATICANO – “Non c’è nulla di strano ad anticipare la messa di
Natale di due ore. Vorrei dire a Boccia che il problema non è l’orario,
ma semmai il rispetto delle regole. E noi le regole le rispettiamo. Già
in Vaticano il Papa celebra due ore prima, e la vigilia di Natale nelle
parrocchie c’è già chi celebra la sera alle diciotto. Dov’è il
problema? Non ne farei un dramma”.
Michele Pennisi è vescovo di Monreale. A causa del
Covid-19 ha dovuto ridurre momentaneamente l’orario dei dipendenti
dell’importante museo diocesano. Le sue parrocchie celebrano con pochi
fedeli. Nel Duomo al posto dei 400 posti a sedere ne vengono occupati
150.
Gesù può nascere due ore prima, come ha detto il ministro Boccia? “Al di là delle battute, a messa sì, può essere celebrata prima come già avviene ovunque”.
Pensa che la Cei sia d’accordo? “Mi sento di dire che se il governo avanzasse questa richiesta la Cei non avrebbe problema a recepirla. Ripeto: la messa di mezzanotte non è un tabù intoccabile”.
Roma- Da domenica prossima, 29 novembre, entra in vigore il nuovo messale. Oggi è stata quindi l’ultima volta in cui in chiesa si è recitato il Padre Nostro come lo conosciamo da sempre. Il cambio sarà applicato nella gran parte delle diocesi, ma i ritardatari potranno comunque adottare le nuove preghiere entro la prossima Pasqua. Il fatto è che la maggior parte dei fedeli sarà impreparata, visto che a causa della pandemia da Coronavirus gli incontri in parrocchia sono ridottissimi ed è difficile arrivare a una comunicazione capillare.
Come cambia il Padre nostro
Dal 29 la preghiera più conosciuta e usata dei cattolici dovrà
cambiare: il “non c’indurre in tentazione” diventerà tassativamente “non
abbandonarci alla tentazione”. La nuova traduzione dal testo originale
in greco antico – caldeggiata da Papa Francesco – è già stata adottata anche da altre conferenze episcopali nelle loro rispettive lingue.
Fratelli e sorelle
In più, in diversi passaggi, il termine “sorelle” sarà affiancato a
quello finora usato di di “fratelli”. Ad esempio nell’atto penitenziale
si dirà: “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle…”.
Poi: “E supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e
voi, fratelli e sorelle…”.
Cambiano “Signore, pietà” e “pace in terra”
Il nuovo Messale stabilisce poi di privilegiare le invocazioni in
greco antico “Kirie, eleison” e “Christe, eleison” rispetto all’italiano
“Signore, pietà ” e “Cristo, pietà”. Ancora: al momento del Gloria
al posto di “pace in terra agli uomini di buona volontà”, si dovrà dire
“pace in terra agli uomini, amati dal Signore”: una traduzione
considerata più fedele all’originale greco del Vangelo.
CITTÀ DEL VATICANO Il devastante dossier reso pubblico dal Vaticano sull’ex cardinale McCarrick
punito a ottant’anni suonati da Papa Francesco due anni fa quando ormai
nessuno poteva più far finta di niente sulle inchieste americane sugli
abusi mette a nudo un sistema di controllo fragile, permeabile e
sostanzialmente incapace di funzionare a ogni livello.
APPROFONDIMENTI
POTERE L’ex
arcivescovo di Washington era talmente influente da permettersi di
farla sempre franca. Chi sapeva taceva e le sue attività benefiche e
diplomatiche lo mettevano al riparo da ogni critica, facendogli da
scudo, riparandolo dalle voci malevole. Già sotto il pontificato di Benedetto XVI vigeva il divieto di farlo viaggiare e farlo partecipare a cerimonie pubbliche, ma McCarrick tirava dritto. Papa Francesco in
un primo momento non fece nulla anche se l’allora Sostituto Becciu, si
legge nel rapporto, lo mise sull’avviso chiedendogli un intervento. Solo
nel 2018 Bergoglio si decise a passare alle maniere forti togliendo a
Theodore McCarrick la porpora e riducendolo allo stato laicale. Da
allora egli vive in un convento. Strana parabola per un uomo che
andava a pranzo con Obama, preparava il disgelo con Castro, faceva la
spola con la Cina portando avanti il dossier della normalizzazione dei
vescovi e, soprattutto, aveva una efficientissima rete di donors’ per
alimentare l’attività della Papal Foundation, una delle principali
organizzazioni a sostegno dell’attività economica del pontefice. Il
dossier McCarrick è devastante: nelle oltre 400 pagine dimostra che vi
furono vescovi, arcivescovi, cardinali e pontefici non in grado di
esercitare l’autorità per bloccarlo o verificare se fossero vere oppure
no le notizie sulle sue condotte sessuali. L’allarme avrebbe dovuto
suonare nei primi anni Novanta, quando McCarrick era in predicato per
diventare vescovo di una piccola diocesi. Il primo passo della sua
grande scalata al potere.
Il baricentro del cattolicesimo non è più lo stesso. Gli anni della centralità dell’Europa
– quelli di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – sono passati. Oggi
la confessione cristiano-cattolica è maggioritaria in Brasile, come in
altre nazioni del Sud America, e si sta sviluppando attorno alle
“periferie economico-esistenziali”. Quelle preferite da papa Francesco.
La ruota della storia gira, e la Chiesa cattolica non sembra avere
intenzione d’azionare una forza in senso contrario.
Ma
non è stato sempre così. Il pontificato di Joseph Ratzinger, così come
quello del suo predecessore del resto, si è distinto per
europa-centrismo.
Nell’immaginario tradizionale, il “mite teologo”
di Tubinga rappresenta ancora l’ultimo ostacolo al dilagare del
relativismo, del multiculturalismo, del lacisimo e della
secolarizzazione. Benedetto XVI è ancora l’immagine
plastica di uno scatto d’orgoglio della cosiddetta civiltà occidentale. A
pensarlo sono soprattutto i conservatori europei, che guardano con
nostalgia al precedente pontificato. Si pensi, a titolo esemplificativo,
al tema delle radici cristiane, che Ratzinger avrebbe voluto vedere all’interno del testo della poi mai approvata Costituzione europea: “Non
si può pensare di edificare un’autentica “casa comune” europea
trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente.
Si tratta, infatti, di un’identità storica, culturale e morale, prima
ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da
un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a
forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo
nei confronti dell’Europa”, ha dichiarato l’ex Papa nel 2007, in
una riunione del coordinamento degli episcopati del Vecchio continente,
il Comece. E il tema delle “radici cristiane” avrebbe accompagnato il
pontefice tedesco durante l’intera permanenza al soglio di Pietro. Così Ratzinger benedice i muri: “Proteggono e aprono solo al bene”
Benedetto
XVI non è mai stato un sovranista. Anzi, in termini di “schieramenti
politici”, per usare una forzatura, è lecito riscontare come Ratzinger
sia stato un europeista convinto. Per quanto il consesso europeo odierno
possa non aver tenuto conto delle istanze che l’ex prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede ha tenuto a portare avanti nel
corso della fase in cui è stato il vescovo di Roma: “Sapete
di avere il compito di contribuire a edificare con l’aiuto di Dio una
nuova Europa, realistica ma non cinica, ricca d’ideali e libera da
ingenue illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità del
Vangelo”, ha aggiunto nell’occasione sopracitata dinanzi ai
vescovi europei. Certo, l’Europa di Ratzinger non è e non era quella dei
“nuovi diritti”. E il Vecchio continente che aveva in mente Benedetto
XVI non sembra essere neppure quello privo d’identità ed aperto a
qualunque forma di contaminazione culturale. L’ex pontefice era
favorevole alla dialettica, fosse anche quella del dialogo
interreligioso, ma non alla rinuncia delle caratteristiche spirituali ed
identitarie del bacino europeo. “Il diritto a non emigrare” di Joseph Ratzinger
«Tutto questo ha creato una grande confusione, ho ricevuto centinaia di chiamate, i fedeli sono totalmente smarriti: che cosa voleva dire, il Papa? Possibile? Perché non si esprime chiaramente?». Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, 73 anni a fine dicembre, teologo e curatore dell’opera omnia di Ratzinger, fu nominato nel 2012 da Benedetto XVI prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ed è rimasto in carica fino al 2017. «In Germania, con Benedetto, mi dicevano che ero troppo papista, adesso sono diventato un nemico del Papa! Una cosa assurda, per me: sono un cattolico, un sacerdote, ho scritto tanti libri sul primato del Papa, l’ho sempre difeso contro protestanti e liberali. Però…».
Però, eminenza? «Però il Papa non è al di sopra della Parola di Dio,
che ha creato l’essere umano maschio e femmina, il matrimonio e la
famiglia. Sono cardinale e sempre dalla parte del Papa, ma non a tutte
le condizioni. Non è una lealtà assoluta. La prima lealtà è alla Parola
di Dio. Il Papa è il Vicario di Cristo, non è Cristo. E io sono credente
in Dio».
Ma Francesco non ha parlato di matrimonio, ha detto che ci vorrebbe un riconoscimento giuridico per le coppie omosessuali, le unioni civili… «E qual è la differenza, in fondo? In molti Stati le cosiddette unioni sono state soltanto la premessa del riconoscimento dei matrimoni gay. Per questo tanti fedeli sono disturbati, pensano che queste parole sarebbero solo il primo passo verso una giustificazione delle unioni omosessuali, per la Chiesa, e questo non è possibile».
E perché? «Dall’inizio della Scrittura, nella Genesi, si dice che Dio ha creato l’uomo e la donna. Gesù lo ricorda ai farisei: l’uomo si unirà con sua moglie e i due saranno una sola carne. Per questo il solo matrimonio possibile è tra uomo e donna e i rapporti sessuali sono riservati esclusivamente al matrimonio. Non vogliamo condannare le persone con tendenza omosessuale, anzi vanno accompagnate e aiutate: ma secondo le condizioni della dottrina cristiana».
Papa Francesco non ha parlato spesso di utero in affitto:
pratica stigmatizzata, insieme alla gender theory, nell’esortazione
Amoris Laetitia (2016). C’è poi stata la bella omelia del 1° gennaio
scorso, giorno di Maria Santissima, in cui ha spiegato che “da come
trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro
livello di umanità. Va liberato dal consumismo, va rispettato e onorato;
è la carne più nobile del mondo. Oggi pure la maternità viene umiliata
perché l’unica crescita che interessa è quella economica”. Anche qui –
in filigrana ma nemmeno troppo – il no di Francesco alla Gpa.
E’ stato perciò uno choc per molti, soprattutto per
molte credenti – e anche per tantissime non credenti impegnate nella
lotta contro la mercificazione del corpo femminile – l’apparente apertura del Papaa una coppia gay che
all’utero in affitto è ricorsa ben tre volte, climax del documentario
Francesco di Evgeny Afineevsky presentato al Festival del Cinema di Roma
e premiato dal Vaticano.
Nel doc si riferisce della telefonata del Pontefice a
una coppia di credenti gay – coppia già celebre per il motto “la madre è
solo un concetto antropologico” – con tre figli nati da maternità
surrogata. I due si rivolgono a Francesco perché vorrebbero che i
bambini frequentassero la parrocchia ma temono una discriminazione.
Roma – “Gli omosessuali hanno diritto ad essere parte della famiglia. Sono figli di Dio e hanno il diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere respinto, o emarginato a causa di questo. Quello che dobbiamo fare e una legge per le unioni civili. In questo modo sono garantiti”. Sono coraggiose e rivoluzionarie le parole di Papa Francesco, contenute in un’ intervista al regista americano Evgeny Afineevsky, inserita nel film documentario “Francesco”, passato oggi alla Festa di Roma. In un’anticipazione della pellicola, il sito statunitense Catholic News Agency riporta lasvolta del Papa, che si dice favorevole a unalegge di “unioni civili”.
Il regista, che domani riceverà in Vaticano il Kinéo Movie for
Humanity Award, si è detto “toccato da lui non come Papa, ma come
persona. Lui è un vero gesuita, un uomo d’azione, ma anche un vero leader una cosa che manca molto oggi”.
La guardia di finanza ha arrestato a Milano la manager del caso Becciu, Cecilia Marogna, per un mandato di cattura internazionale emesso dagli investigatori vaticani tramite l’Interpol. Si tratta della donna, esperta di relazioni diplomatiche, coinvolta nello scandalo finanziario che sta investendo il Vaticano. Nel mirino sarebbero finiti bonifici per mezzo milione di euro ricevuti dalla Santa Sede. L’accusa è di peculato per distrazione di beni.
I bonifici oggetto d’indagine riguarderebbero operazioni segrete umanitarie in Asia e Africa, ma sarebbero finiti, quasi per la metà, nell’acquisto di beni di lusso.
Preghiamo perché i fedeli laici, specialmente le donne, partecipino maggiormente nelle istituzioni di responsabilità della Chiesa”. Lo ha detto papa Francesco al termine dell’Angelus. “Nessuno di noi è stato battezzato prete né vescovo – ha osservato – siamo stati tutti battezzati come laici, laici e laiche. Sono protagonisti della Chiesa”.
Mai più messe da parte “Oggi – ha proseguito il Papa – c’è ancora bisogno di allargare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa e di una presenza laica, si intende, ma sottolineando l’aspetto femminile, perché in genere le donne vengono messe da parte”. Non solo. “Dobbiamo promuovere l’integrazione delle donne nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti”, ha ribadito il pontefice. E ha concluso: “Senza cadere nei clericalismi, che annullano il carisma laicale e anche rovinano la faccia della Santa Madre Chiesa”.
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok