Stretta sulle intercettazioni e via all’abuso d’ufficio: parte la riforma della giustizia

Giuseppe Salvaggiulo

La lettura del testo definitivo consente un’analisi più approfondita del disegno di legge Nordio sulla giustizia che, superato il vaglio tecnico a Palazzo Chigi, arriva oggi in Consiglio dei ministri. Ridotta la pressione penale sulla pubblica amministrazione e sugli annessi facilitatori, con due misure. Abolito l’abuso di ufficio. «Meglio precisato» il traffico di influenze illecite (così la relazione ministeriale) o piuttosto «sterilizzato salvando imbroglioni e millantatori» (così un procuratore anticorruzione).

Limitata ulteriormente la possibilità di pubblicare intercettazioni telefoniche, ancorché rilevanti, di interesse pubblico e non più segrete. La Procura non potrà fare appello contro le sentenze di proscioglimento per i reati meno gravi. L’obbligo di interrogatorio e deposito di tutti gli atti d’indagine prima di un arresto cautelare dissuaderà il pubblico ministero dal richiederlo, se non per reati gravi e pericolo di fuga.

La linea Nordio ha superato molti ostacoli, anche nella coalizione. Sia sull’abuso di ufficio, abrogato senza subordinate. Sia sul traffico di influenze: l’abrogazione era impossibile per obbligo internazionale, ma il ritaglio è stato certosino. Escluse le «relazioni pericolose» solo millantate dai faccendieri; escluse le tangenti sotto forma di «utilità non economiche» (norma salva-escort); escluse le condotte di cui non sia dimostrata la specifica intenzionalità; escluse le «altre mediazioni illecite» se non finalizzate ad altri reati (ma l’abuso d’ufficio è stato abolito) e con vantaggio indebito (se in danno è depenalizzato). Istruire processi per questo reato diventerà più difficile che far segnare Lukaku in una finale di Champions. In compenso – contentino alla Lega – aumentano le pene per i reati comuni aggravati dall’abuso di poteri pubblici.

Nordio ha vinto anche sul resto. La norma a tutela della privacy dei terzi citati nelle intercettazioni andrà valutata nella concreta applicazione. «Più stringenti» diventano i divieti sulla pubblicazione, consentita solo per le conversazioni citate nei provvedimenti di un giudice. Finora il criterio era la non segretezza, data anche da atti del pubblico ministero depositati alle parti. La differenza non è da poco. Per esempio le intercettazioni tra Dell’Utri e Baiardo nell’inchiesta sulle stragi mafiose non sarebbero più pubblicabili. Secondo l’Ordine dei giornalisti «cala il silenzio su quasi tutto, ostacolando il diritto dei cittadini di essere informati su eventi di rilevante interesse pubblico».

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