Non mandate nonno Draghi ai giardinetti

MASSIMO GIANNINI

L’anno 2 dopo Covid è agli sgoccioli. Ad essere onesti, speravamo in una fine migliore. Dopo ventidue mesi di guerra il virus non è vinto. È ancora tra noi. E come noi combatte e resiste. Delta, Omicron: in quante altre lettere dell’alfabeto greco si incarnerà ancora, il nemico invisibile? Nessuno lo sa. Neanche la Scienza, alla quale la Politica ha ceduto impotente lo scettro. E qui, sia pure senza cedere di un millimetro alle pensose o penose dottrine Free-Vax che pure circolano in rete, meriterebbe una riflessione la critica di Massimo Cacciari, quando rileva la contraddizione di un “Super-Ego buono del puro sapere” che non ammette la Res Dubitanda e considera “ogni ragionevole dubbio un ostacolo alla decisione”. La verità è che la Scienza dubita, eccome. “Se devo essere sincera, dopo un anno non mi aspettavo che ci saremmo ritrovati così…”. Sono parole di Emer Cook, direttrice esecutiva dell’Ema, l’Agenzia di farmacovigilanza europea.

Il problema è fin dove si può spingere il dubbio. C’è un limite, invalicabile, ed è questo: i vaccini ci salvano la vita, ci evitano il ricovero, ci risparmiano la terapia intensiva. Solo una sparuta retroguardia di leoni da tastiera, buffoni da talk show e tromboni da corteo si ostina a negarlo. Resto dell’idea che l’obbligatorietà generale sarebbe stata e sarebbe tuttora la via maestra, per evitare qualunque forma di presunta o pretesa “discriminazione”. Ma i vaccini non bastano. Per questo, al posto della strenna, il governo ci regala una “stretta” di Natale. Necessaria, dobbiamo dirlo, ma insufficiente e tardiva, come ci spiega la professoressa Antonella Viola. Da giorni si discute dell’urgenza di accorciare i tempi tra la seconda e la terza dose. Di estendere il Green Pass rinforzato ad altri ambiti e altri ambienti.

Di avvicinare la durata del Certificato Verde a quella della copertura immunitaria. Di imporre l’uso di mascherine chirurgiche all’aperto e di Ffp2 al chiuso. Ora il decreto è arrivato. Speriamo solo che basti a fermare sul nascere la Quarta Ondata. Questa drammatica era covidica sta facendo scivolare il mondo in quella che il New York Times chiama la “noiosa Apocalisse”. Siamo immersi in un clima da emergenza permanente, dove gli allarmi si ripetono e si susseguono quasi ogni giorno. Così alla lunga, nel nostro vivere quotidiano, tendiamo a perdere il senso della misura e della natura del pericolo. Nelle pieghe del Coronavirus, proviamo a far finta di essere sani. Tra un lockdown e un tampone, cerchiamo di difendere le care vecchie abitudini di una volta. In qualche caso, anche i vecchi vizi. Ma la pandemia non è ancora diventata “endemia”. Non è ancora derubricabile a “normale influenza”, con la quale possiamo convivere serenamente per i prossimi vent’anni. Il generale Figliuolo annuncia che stiamo tornando a vaccinare almeno 500 mila persone al giorno. È un dato che conforta. L’Italia resta un modello e un esempio a livello internazionale, lodato dalla Merkel e premiato dall’Economist. Come ha detto il Capo dello Stato nel saluto alle alte cariche, il Paese ha saputo esprimere “risorse, capacità, energie che ci hanno consentito di affrontare uno dei passaggi più difficili” della nostra Storia. Gli italiani hanno risposto “con maturità”, hanno dimostrato “unità di intenti” e “fiducia nella medicina”. Ma la famosa “immunità di gregge”, che secondo le previsioni del ministero della Sanità e del Cts avremmo dovuto raggiungere nel settembre scorso, resta un miraggio lontano.

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