La nuova strada della solidarietà: una sfida anche per la Germania

di Maurizio Ferrera

Gli orientamenti favorevoli alla solidarietà finanziaria fra Paesi sono diventati maggioritari in tutta l’Unione, in buona parte per effetto della pandemia

Le lodi all’Italia del neo-cancelliere Olaf Scholz durante la sua visita a Roma sono state un ottimo segnale. Con il programma Next Generation Eu, l’Unione ha fatto una importante scommessa sul nostro Paese e la sua capacità di ripresa e resilienza. Durante i negoziati del primo semestre 2020, la diffidenza di alcuni Paesi era altissima, tanto che essi hanno imposto che i Piani nazionali e i loro rapporti periodici possano essere vagliati dal Consiglio europeo su eventuale richiesta di un governo dubbioso. La fiducia accordata al nostro premier sulla base dei risultati già ottenuti è preziosa anche per affrontare le cruciali discussioni del prossimo anno in merito alla riforma del patto di Stabilità e Crescita. In prospettiva si proporrà anche il tema della trasformazione di alcuni strumenti dello stesso Ngeu (come il debito comune) da temporanei a permanenti.

Lucrezia Reichlin ha bene illustrato sul Corriere del 18 dicembre le opzioni sul tappeto circa il Patto, che dovrebbe essere reso più flessibile per non ingabbiare di nuovo alcune economie nazionali, come la nostra, nelle maglie dell’austerità. Giustamente, Reichlin precisa che le scelte finali dipenderanno dalla «volontà politica»: un costrutto complesso e difficile da formare in un’Unione di 27 Paesi, con preferenze e culture diverse.

Sui temi economici si fronteggiano oggi tre diversi gruppi di Paesi. Il primo, guidato da Francia e Italia e composto dai Paesi del Sud, si può definire coalizione della solidarietà, favorevole a maggiore integrazione delle politiche fiscali, al debito comune e a trasferimenti condizionali fra Paesi. Il Trattato del Quirinale e l’intesa personale fra Macron e Draghi hanno confermato che l’alleanza del Sud è ancora viva e vegeta anche grazie all’editoriale firmato da entrambi che chiede regole fiscali più flessibili, pubblicato ieri dal Financial Times e oggi dal Corriere a pagina 19. C’è poi la coalizione dei Paesi frugali, capitanata dall’Olanda, che include l’Austria e i nordici. Questi Paesi si erano strenuamente opposti al Ngeu, lo hanno accettato malvolentieri solo come strumento provvisorio e sono contrari a qualsiasi meccanismo permanente di solidarietà. Vorrebbero anche ripristinare le vecchie regole rigide del Patto di Stabilità. L’Austria attraversa oggi una difficile crisi politica, ma il campione della frugalità, il conservatore Mark Rutte, è stato appena riconfermato come premier dei Paesi Bassi. L’Olanda è il più grande dei piccoli Paesi, la sua capacità di aggregazione del consenso e di influenza sulle decisioni Ue non deve essere sottovalutata. Infine c’è la coalizione sovranista, guidata da Polonia e Ungheria, composta dagli altri Paesi centro-orientali seppure con gradi diversi di convinzione. Questo gruppo è fortemente interessato ai fondi Ue, sui quali però si percepisce in concorrenza con i Paesi del Sud. Su molti temi, poi, Polonia e Ungheria contestano uno dei principi cardine del diritto europeo: la priorità delle norme Ue su quelle nazionali, a cominciare da quelle che riguardano lo stato di diritto. Poiché ha platealmente violato queste norme, la Polonia è oggi sotto accusa delle istituzioni Ue, che hanno bloccato i trasferimenti finanziari già previsti. Questa controversia è destinata a interferire pesantemente sulle future discussioni, inclusa quella che riguarda il Patto.

Dove si colloca la Germania? La risposta a questa domanda è cruciale, visto il peso economico e politico di Berlino. Nei primi mesi della pandemia, la cancelliera Merkel si era tiepidamente schierata dalla parte dei frugali. Col passare del tempo si è tuttavia convertita alla logica della solidarietà, anche grazie all’insistenza di Macron e a una certa fiducia per Giuseppe Conte. Merkel è riuscita nell’operazione che sembrava impossibile, ossia costruire una volontà politica comune sullo Ngeu, tessendo una trama di accordi e concessioni ai frugali e ai Paesi centro-orientali. Il problema è di stabilire da che parte sta oggi il nuovo governo di Berlino.

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