Covid, a Milano oltre 5 mila contagi: «Omicron sta dilagando, qui è arrivata prima»

di Gianni Santucci

Tutto, per la pandemia di Covid in Lombardia e soprattutto a Milano, è cambiato dal 16 dicembre. Ora l’incidenza è quasi doppia rispetto alla media italiana. L’epidemiologo La Vecchia: gli ospedali reggono

Cresceva lenta. Regolare e costante. Questa era la quarta ondata di Sars-CoV-2 su Milano. Un aumento lineare dei casi, del 20 per cento in media a settimana. La marea s’è gonfiata a questo ritmo per più di due mesi, fino al periodo 9-16 dicembre, quando in città si registravano 1.299 nuovi contagi al giorno. Poi è cambiato tutto. Dati degli ultimi sette giorni: 3.033 nuovi malati ogni 24 ore. Quasi il triplo. Fino ai 5.587 di ieri. «La ragione è che Omicron è arrivata prima a Milano che altrove — riflette Carlo La Vecchia, epidemiologo e docente di Statistica medica all’università Statale — non come singola individuazione della variante, ma come focolai». Il centro propulsore di Omicron è partito qui. Ancora la Lombardia: dopo Lodi e Bergamo, che furono le più colpite nella prima ondata, e dopo Brescia, che fu devastata l’inverno scorso, oggi l’epicentro è a Milano. In nessun’altra provincia d’Italia il contagio dilaga con questa velocità. Il «salto» c’è stato dal 15-16 dicembre.

Non poteva esserci altra spiegazione. Troppo anomala è stata l’esplosione. Troppo massiccia e concentrata in poco tempo. Pur se i laboratori, con il sequenziamento, ancora non individuavano molti casi di nuova variante. Ma la moltiplicazione improvvisa dei malati non poteva avere una ragione alternativa. Lo dice l’inquadramento «storico»: ancora a fine ottobre, Milano contava una media di 129 casi al giorno e aveva un’incidenza «minima». Quell’indicatore (media settimanale di nuovi malati al giorno su 100 mila abitanti) galleggiava intorno a 29-30. Sette giorni fa era a 280. Quota molto alta. Ma il problema è che in una settimana è più che raddoppiata. L’incidenza di ieri su Milano è schizzata a 653. Molto più della media lombarda (516) e italiana (352). Continua il professor Carlo La Vecchia: «Purtroppo con Omicron è tutta un’altra storia in termini di contagi, questo dilagare è dovuto a un tasso contagiosità molto più elevato. Anche i vaccinati si stanno contagiando, la speranza è che si ammalino meno in forma severa e che muoiano meno. Questo purtroppo non lo possiamo dire ancora con certezza. Anche se dev’essere chiaro, stando alle conseguenze sanitarie, che non siamo in una situazione neppure paragonabile all’autunno 2020, e neppure alla scorsa primavera».

Le conseguenze sanitarie vanno osservate con la massima attenzione per ipotizzare quale possa essere il futuro a Milano (e nel resto d’Italia dove Omicron avrà probabilmente gli stessi effetti). «L’unico aspetto decisivo e veramente urgente è l’accorciamento a 4 mesi del termine per il richiamo del vaccino — riflette l’epidemiologo — per avere alcuni milioni di persone in più che possano anticipare la terza dose, e con l’obiettivo di raddoppiare il numero delle vaccinazioni al giorno. È un tema organizzativo in questo momento, perché di vaccini ne abbiamo». E poi bisogna guardare agli ospedali. Per ora dai reparti Covid delle strutture sanitarie milanesi arrivano segnali di maggior impegno, ma non di una nuova ondata di ricoveri, che pure stanno aumentando. «Al momento il servizio sanitario regge — conclude il docente — e abbiamo la possibilità di curare tutti i malati. Dunque è giusto avere un atteggiamento di preoccupazione, ma certo non di panico». I decessi stanno aumentando, in media nell’ultima settimana in Lombardia sono stati 29, su Milano tra i 5 e i 7. Nulla di paragonabile (pur se ogni morte resta un dramma) con le centinaia di decessi al giorno delle prime tre ondate.

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