Totopremier: in pole Cartabia e Franco

Carlo Bertini

ROMA. Raccontano che Enrico Letta sia in ottimi rapporti con Daniele Franco: fu lui, da premier, a volerlo come Ragioniere generale dello Stato al posto di Andrea Monorchio e quindi il titolare dell’Economia, pur non avendo un profilo politico, sarebbe ben visto nel ruolo di «sostituto» di Mario Draghi (che conosce da trent’anni) se il premier andasse al Quirinale. Sarebbe un governo «fotocopia», che durerebbe solo un anno e che avrebbe fatalmente l’impronta del premier/capo dello Stato. «Solo chi ha vissuto il governo Draghi può reggere un altro governo con l’agenda Draghi, qualsiasi elemento esterno sarebbe fattore di instabilità», fa notare chi frequenta il Palazzo. Spiegano i (molto) bene informati però, che Franco a Palazzo Chigi comporterebbe un problema di non facile soluzione: trovare un altro ministro dell’Economia. Un vulnus.

Narrano poi che la Guardasigilli Marta Cartabia, pur avendo un buon rapporto con i Dem, non sia ben vista dai grillini di ogni ordine e grado, non solo per la sua riforma della prescrizione che ha smontato quella di Bonafede; ma anche per un atteggiamento considerato «troppo dispotico, come si è visto con la sua forzatura a infilare in manovra una norma per i giudici onorari», malignano esponenti di area M5s. Che le attribuiscono una certa algida indifferenza verso il Parlamento. Tanto da affibbiarle il soprannome non proprio lusinghiero di «Maria Antonietta». Malgrado ciò, sarebbe proprio lei, a sentire diverse campane tutte concordi, la più accreditata a succedere a Draghi: perché è una costituzionalista di alto profilo, molto apprezzata dal presidente uscente Mattarella e anche dal premier; perché sarebbe la prima donna presidente del consiglio in Italia e perché è gradita anche a Forza Italia e alla destra, data pure la sua vicinanza a Comunione e Liberazione. Non va dimenticato che fu proprio al meeting di Cl, che nell’agosto del 2020 Draghi lanciò una sorta di manifesto programmatico. Nei rumors di Palazzo, raccontano poi che Vittorio Colao, manager e ministro dell’Innovazione tecnologica, è il terzo pretendente al trono, per la fiducia che ripone in lui Draghi: non a caso ha citato una sua misura sullo spazio aprendo la conferenza di fine anno.

Ministri in predicato
Chiuso questo focus, dissolvenza, interno giorno a Palazzo Madama. Tanti criceti chiusi in gabbia, terrorizzati dal voto, che pende come una spada di Damocle: per scacciare questa immagine in cui Draghi, con la sua disponibilità a salire al Colle, ha confinato centinaia di peones, il passatempo che va per la maggiore in Parlamento non è solo il toto-presidente, ma da ieri anche il toto-premier. E oltre ai tre nomi “tecnici” più accreditati, ne circolano svariati altri di matrice politica, ben pochi con reali speranze di farcela. Sono i big dei partiti con il profilo «meno divisivo»: il primo è Dario Franceschini, poi c’è Giancarlo Giorgetti, ma c’è anche Mara Carfagna nel toto-premier, così come Renato Brunetta e Lorenzo Guerini. Tutti avrebbero lo stesso problema: i veti incrociati.

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