Stretta sul Recovery: due mesi per il piano, i primi soldi in estate

PAOLO BARONI

ROMA. Il Recovery plan, secondo le ultime stime, potrà contare su una dote di 191,5 miliardi anziché i 196 di cui si parlava nelle settimane (con una prima tranche di fondi in arrivo già entro l’estate) e il suo impatto sul Pil potrebbe superare il 3% stimato finora. Ma i tempi, avverte il ministro dell’Economia Daniele Franco, «sono stretti»: il governo ha a disposizione meno di due mesi per finalizzare il Piano di ripresa e resilienza e il lavoro da fare è davvero tanto. «Per il nostro Paese il Piano Next Generation EU è una occasione molto importante. Rende possibile affrontare in modo coordinato e con rilevanti mezzi alcuni problemi strutturali che affliggono la nostra economia da tempo», come bassa crescita, occupazione e temi come Sud, giovani e disparità di genere. Ma questo richiede di «focalizzare molto bene gli investimenti» e di «completare e dare concretezza» ai programmi.

Le missioni e le riforme Il titolare del Mef si presenta per la prima volta in Parlamento davanti ai rappresentanti di sei diverse commissioni di Camera e Senato (Finanze, Bilancio ed Affari europei), e dopo aver superato prima un guasto tecnico e poi le proteste di Fratelli d’Italia per il contingentamento dei tempi, fa il punto della situazione. Confermando innanzitutto il «buon lavoro» fatto dal governo Conte e le sei missioni già individuate (digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture, scuola e cultura, disparità di genere e salute) oltre alla necessità di rafforzare il piano puntando su precisi obiettivi strategici. Quanto alle riforme, avanti con pubblica amministrazione, giustizia e semplificazione normativa; mentre quella del Fisco, che resta una «priorità» del governo, «non può essere affrontata» nel Pnrr.

L’opera, «alquanto complessa», che il governo ha di fronte non solo richiede una governance «robusta», ma impone anche un vero e proprio «cambio di passo», visto il modesto utilizzo fatto in questi anni dall’Italia dei fondi europei. Di qui la necessità di avviare «un deciso rafforzamento delle strutture tecniche ed operative»: al Mef, a cui spetta il ruolo di coordinamento coi vari ministeri, ha spiegato Franco,è già stato costituito un gruppo di lavoro composto da 50 persone impegnate a tempo pieno sul Pnrr, destinate a breve a crescere di numero.

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