Paolo Bonolis si racconta: «Quella volta che Freddie Mercury mi chiese il numero»

di Alvaro Moretti

Avanti un altro! Stavolta l’hanno detto a lui, Paolo Bonolis, quelli della Warner Bros. Anzi: Tom & Jerry in persona. E Bonolis s’è messo sull’attenti ed è partito per Londra e ha girato il suo cameo nel live action stile Roger Rabbit che il 18 marzo esce sulle piattaforme. In America e in Cina è un successo anche nei cinema che hanno riaperto platee e botteghini. Qui ci dobbiamo accontentare della smart tv. Paolo, però, nel frattempo s’è rimesso in moto e su Canale 5 Avanti un altro è tornato da ieri – al decimo anno – ad essere il motto-convocazione per i personaggi da Hellzapoppin’ che popolano questo suo mondo a parte: preserale, ovvio, ma anche prima serata domenicale del post Barbara D’Urso dal prossimo 11 aprile.

Quante puntate, Bonolis?
«Quante ne servono. Quando io stringo una mano sono nella squadra».

Sette Oscar, i precedenti di Gene Kelly e Esther Williams. Ora anche lei a fianco di Tom e Jerry.
«I cartoni animati mi hanno fatto come sono: un animo fantasioso che cerco di portare nei miei show da sempre. Nei cartoni può succedere davvero tutto, nella vita non va proprio così. C’è anche una morale: siamo tutti Tom e Jerry, inseguiamo per prendere qualcosa o scappiamo per non essere acchiappati».

Sanremo è finito: lei ne ha condotti due, 2005 e 2009. Per chi presenta sembra una centrifuga.
«Ha senso se decidi tu. Allora c’era la controprogrammazione e dovevo ideare uno show. Non sono un così grande esperto di musica. Anche se nel 2005 pensavo assurdo escludere i Negramaro di Mentre tutto scorre. Poi li hanno eliminati, ma sono diventati i Negramaro. Nel 2009 stavano escludendo Sincerità di Arisa: ma quella era come la sigla della Coca Cola, chi non la canta? Poi vinse».

C’è qualcosa che lei ancora insegue in tv?
«Sono stato un pioniere, le idee sembravano davvero opportunità. Oggi mi dicono che è stato fatto tutto, tutto arato: si fa tv stanziale, da coltivatore…»

Ma i suoi format sono beni durevoli, a partire da Avanti un altro.
«Il fatto è che improvvisando, senza conoscere chi entra in studio, è come aprire ogni volta un nuovo sipario. Poi lo sforzo è quello di rendere tutto più leggero possibile. Difficilissimo alleggerire il clima, specie ora. E dà gusto proprio questo. Come l’essere pop».

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