Spread, Italia supera Grecia sui 5 anni. Borse giù dopo minacce dazi Usa al Messico

Dazi Usa sul Messico fino al 25%, intanto la Cina rallenta
Pesa sul clima internazionale anche l’andamento dell’economia cinese, con i nuovi dati macro pubblicati che hanno deluso il mercato. L’attività manifatturiera in Cina è di nuovo scesa a maggio, dopo alcuni mesi di espansione, a causa della guerra commerciale con gli Usa. L’indice Pmi si è stabilito a 49,4 dal 50,1 di aprile, al di sotto delle previsioni degli economisti. Tornando al fronte Usa-Messico, il presidente Trump ha deciso di legare la lotta all’immigrazione clandestina alle tariffe commerciali.

Oltre la minaccia di alzare da subito i dazi al 5%, l’amministrazione Usa ha indicato che se la situazione verrà «alleviata attraverso azioni messicane efficaci», e giudicate tali a «discrezione» degli Stati Uniti, i dazi saranno rimossi. Altrimenti il prossimo primo luglio saranno alzati al 10%, il primo agosto si passerà al 15%, il primo settembre al 20% e il primo ottobre al 25 per cento. In una nota, la Casa Bianca ha fatto sapere che «i dazi resteranno in vigore per sempre al 25% a meno che e fino a quando il Messico non fermerà in modo determinante il flusso illegale di stranieri in arrivo sul nostro territorio».

Debole Fca, vendite su Tenaris e Saipem

Nissan apre a Fca-Renault. Senard in missione a Tokyo

A Milano, forti vendite su Tenaris e Fiat Chrysler Automobiles, in una seduta debole per tutto il comparto auto europeo proprio per la questione dazi. Il gruppo italo-statunitense ha due stabilimenti produttivi in Messico e altri cinque impianti di componentistica nel Paese. Secondo gli analisti di Equita, Fca «ha un’esposizione diretta limitata (in quanto produce in Messico solo il 100% delle Jeep Compass e RAM Heavy Duty venduti negli Usa)», tuttavia la minaccia di Trump «crea scompensi all’interno dell’intera filiera dell’auto con gli effetti indiretti per i componentisti che forniscono parti dal Messico per gli impianti di assemblaggio negli Usa». In questo contesto, resta aperto il fronte Renault (in forte calo alla Borsa di Parigi). Secondo quando indicato dall’Afp, il cda di Renault per rispondere a Fca sulla proposta di fusione è stato convocato per martedì prossimo 4 giugno. Inoltre, il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ha dichiarato all’agenzia di Parigi di considerare la fusione Fca-Renault una vera opportunità per l’industria automobilistica francese e che lo Stato (che ha il 15% di Renault) vigilerà perché siano rispettate le condizioni di fusione. In rosso anche Saipem, quando il prezzo del petrolio è in calo. Il contratto sul Wti consegna Luglio perde il 2,2% a 55,33 dollari al barile, con quello di pari scadenza sul Brent che scende del 2,9% a 64,97 dollari al barile. Sul fronte dei cambi, infine, l’euroè poco mossa a 1,1144 dollari (1,1139 dollari in avvio e 1,1134 ieri sera). La moneta unica vale anche 121,2805 yen (121,2495 e 122,187), mentre il cambio dollaro/yen è pari a 108,832 (108,855 e 109,742).

Juventus in rialzo, aspettando il nuovo allenatore

Sarri, l’Europa League e ora la Juve: pensavo fosse il Che, invece era Richard Branson

A Piazza Affari sono pochi i titoli in terreno positivo. Si salva dalle vendite che hanno investito il Ftse Mib, Juventus Fc, mentre resta caldo il tema del nuovo allenatore dopo l’addio di Massimiliano Allegri. L’attuale allenatore del Chelsea, Maurizio Sarri, viene dato in pole position, anche se non risulta molto gradito alla tifoseria juventina e alcuni giornali continuano a vedere come una possibilità l’arrivo dal Manchester City di Josep Guardiola. Bene anche Leonardo, mentre Italgas e Amplifon oscillano sulla parità. Fuori dal segmento principale, ancora acquisti su Mediaset, sotto i riflettori da quando ha acquistato il 9,6% del capitale sociale del broadcaster tedesco Prosiebensat.1 Media, corrispondente a diritti di voto fino al 9,9% del capitale votante, escludendo le azioni proprie. Il gruppo di Cologno è diventato il secondo azionista della società tedesca con una partecipazione quantificabile in 350 milioni ai valori di martedì 28 maggio.


BTp: dubbi sul Governo e rally Bund, spread vola al top da dicembre a 293pb
Le incertezze sul futuro del Governo penalizzano i titoli di Stato italiani sul mercato secondario. In apertura i BTp hanno aperto in netto calo accentuando un movimento iniziato nel tardo pomeriggio di ieri dopo le parole del vice presidente del Consiglio Matteo Salvini. I rendimenti dei BTp Italiani sono saliti su tutte le scadenze, i molti casi con scarti superiori ai 10 punti base. È così per la scadenza a 5 anni e per quella decennale. Ne consegue un allargamento dello spread con il Bund tedesco, che è accentuato dal rally dei titoli tedeschi, con il rendimento del Bund decennale che scende di 3 centesimi questa mattina e si attesta al -0,19 per cento. Il differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark (Isin IT0005365165) e il pari durata tedesco è salito fino a 293 punti base (dai 282 p.b. di ieri e ai massimi da dicembre 2018), per poi tornare in area 290 punti base, mentre il rendimento del BTp decennale benchmark oscilla intorno al 2,72% dal così come il rendimento che segna 2,72% dal 2,66% di ieri in chiusura. Con questo andamento dello spread, a Piazza Affari sono tutti in rosso i titoli delle banche.

Usa, rallentano le spese delle famiglie, inflazione è sotto controllo
Le spese per consumi negli Stati Uniti ad aprile hanno decelerato rispetto a marzo, quando avevano messo a segno il maggiore balzo dall’agosto 2009. Secondo quanto riportato dal dipartimento del Commercio, le spese per consumi sono aumentate dello 0,3% rispetto al mese precedente, comunque sopra le attese degli analisti pari a un aumento dello 0,2%. I redditi personali sono aumentati a marzo dello 0,5%, più del consenso pari a un +0,3%. Questo è stato il dato migliore del 2019. Il tasso di risparmio è sceso al 6,2% dal 6,1% di marzo. L’inflazione negli Stati Uniti resta al di sotto dei livelli considerati ottimali per un’economia in salute. La misura preferita dalla Federal Reserve per calcolarla, il dato Pce (personal consumption expenditures price index), è salita dello 0,3% ad aprile su base mensile, mentre su base annuale è aumentata dell’1,5%. Le attese degli analisti erano pari, rispettivamente, a un +0,2% mensile e a +1,6% annuale. La componente “core” del dato, depurata dagli elementi volatili, è aumentata annualmente dell’1,6% e mensilmente dello 0,2%. Il valore Pce è contenuto nel dato diffuso dal dipartimento del Commercio e relativo ai redditi personali e alle spese ai consumi. L’ultima volta che i prezzi core hanno raggiunto il target di crescita annua del 2%, equivalente al target della Federal Reserve, era il dicembre 2018. Da allora il dato è rimasto sotto quel valore.

(Il Sole 24 Ore Radiocor)

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