La concretezza necessaria quando si parla di conti

È il risultato della recessione. E anche se nel 2020 tornasse un po’ di ripresa, è difficile che la forbice si richiuda molto presto. Quando è così la famiglia ce la fa solo se risparmia un bel po’ prima di pagare gli interessi sul debito (il cosiddetto «avanzo primario»).

Su questo sfondo che oggi il governo presenta il suo Documento di economia e finanza, stretto fra ambizioni diverse. Da una parte c’è il ministro dell’Economia Giovanni Tria, al quale la Commissione europea ha privatamente spiegato che non accetterà un programma di qui al 2021 che assomigli a un libro dei sogni. I numeri e i progetti devono avere concretezza. Se si vuole un altro «modulo» di taglio delle tasse — la «flat tax» per le famiglie — bisogna spiegare anche come lo si finanzia. A maggior ragione perché già solo senza aggiungere altro, dopo il reddito di cittadinanza e le pensioni a «quota 100», servono 24 miliardi di nuovi tagli o tasse da decidere tra pochi mesi per mantenere il deficit più o meno uguale nel 2020. Si noti bene: dato il peso degli interessi, anche con quelle economie il debito continuerà a salire quest’anno e il prossimo. Figurarsi senza. Dall’altra parte invece ci sono la prospettiva delle elezioni europee e gli italiani che chiedono, legittimamente, più potere d’acquisto. A loro la Lega offre la «flat tax» per le famiglie, che secondo il suo leader Matteo Salvini può funzionare con un’unica aliquota per tutti.

Ma che significa in concreto? L’Irpef, l’imposta sui redditi delle persone, è quella che dà più gettito: oltre 170 miliardi l’anno. Cambiarla in profondità muove decine di miliardi e può creare un buco colossale, che andrebbe dunque coperto. Un’idea che nella maggioranza è di farlo riducendo la giungla di deduzioni e detrazioni, giunte ormai a 528 voci diverse dopo che il Pd ne ha aggiunte 24 nel suo ultimo anno e mezzo di governo e i «sovranisti» altre 17 nei loro primi sei mesi (fra le new entry, sgravi ai birrifici e agli sportivi dilettanti). I candidati per la sforbiciata non mancano: ci sono costosi sgravi a cori e bande musicali dilettanti (340 milioni), sgravi sulla cura del gatto dal veterinario, sul corso in piscina del figlio, sull’aria condizionata del ricco in villa e sulle pompe funebri. A essere proprio sordi alle lamentele delle lobby si possono risparmiare quattro miliardi, ma non certo le decine che servirebbero per la «flat tax». Intanto gli interessi sul debito lavorano come la goccia, una grossa goccia, che scava ogni giorno la roccia. Il principio di realtà può aspettare, ma fino a quando?

CORRIERE.IT

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