Un paese da rifare

di GABRIELE CANE’

Articolo uno: l’Italia è una Repubblica fondata sullo stato di calamità. Forse non potremo cambiare la Costituzione, e certo non sarebbe il caso di farlo con un referendum. Ma prima o poi dovremo prendere atto di quello che abbiamo sotto i piedi e sopra la testa. Del clima, che non è più quello di una volta, eccome! Ma anche di come noi, il nostro territorio, continuiamo purtroppo a essere quelli di prima: fragili, distratti, inadeguati. A rischio. La tragedia di Livorno aggiunge solo un tassello doloroso a questo puzzle che da anni si va componendo, senza che gli atti di governo siano conseguenti. Governo nazionale, certo, ma pure governi locali, quelli che devono tenere puliti i letti dei torrenti, che devono impedire che un sottopasso diventi una trappola mortale. Quelli che chiedono soldi per i Consorzi di bonifica.

Quindi ha ragione Nogarin, sindaco senza buona stella di una città ferita, in lutto, a lamentare la carenza dell’allerta, e a chiedere, appunto lo stato di calamità. Ma dei suoi guai, come tutti i suoi colleghi, non può incolpare solo Roma: piove governo ladro. Troppo facile. Meglio se ognuno guarda con realismo nel proprio giardino. Non a caso, mentre Livorno piangeva, la capitale allagata non rideva. Come non ridono tutti i nostri territori quando in poche ore cade la stessa acqua di molti mesi. Dopo molti mesi che non cade nulla, senza che ci siano le strutture necessarie e sufficienti per contrastare la siccità. Tombola! Così, può succedere di morire in uno scantinato allagato in una notte da tregenda. Forse certe maledette casualità non si potranno mai evitare, ma tante altre sciagure sì, a Livorno e ovunque si metta mano sul serio alla prevenzione. E a chi obietta che tutto ciò ha costi enormi, rispondiamo che lo Stato ha enormi risorse mal spese, e tantissime braccia strappate alla messa in sicurezza del Paese. Non solo. C’è stata un’epoca sciagurata in cui abbiamo smantellato la Protezione civile. Ora l’abbiamo ricostruita. Ma non basta. Bisogna fare di più, perché la guerra contro i guasti dell’uomo e le insidie del clima è oramai senza quartiere. E da questo stato dobbiamo uscire. Per non contare ogni giorno i morti e le rovine di una calamità permanente.

QN.NET

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