Morto per il freddo. Lo hanno ritrovato senza vita sotto un
cumulo di teli e cartoni che, forse, aveva imparato a chiamare casa. Il
suo riparo per la notte Umberto Quintino Diaco, 75 anni, se l’era
creato nell’ex rampa di carico per le
automobili alla stazione di Porta Garibaldi a Milano. Eppure della
strada avrebbe potuto fare a meno: sui suoi conti bancari aveva più di
centomila euro, 19 mila euro di titoli azionari e una pensione, da
Monaco in Germania, di 750 euro al mese.
La storia del clochard abbiente la racconta il Corriere della
Sera. Diaco possedeva anche una casa in Calabria e due furgoni
intestati, con l’assicurazione pagata. Addosso aveva 1.235 euro in
contanti. Per la sua famiglia aveva deciso di diventare un “fantasma”, per sempre.
La prima fase del piano di somministrazione dei vaccini anti-Covid in Lombardia dovrebbe essere completata entro il «23 febbraio».
L’assessore al Welfare e vicepresidente della Regione, Letizia Moratti,
martedì mattina, è intervenuta in Consiglio regionale, spiegando
quanto è stato fatto e, sopratutto, quali saranno i possibili prossimi
passi nella lotta al virus. In particolare, viene anticipato
l’inizio delle vaccinazioni per gli over 80: non si parla più di marzo
inoltrato, come annunciato la settimana scorsa, ma del 24 febbraio.
«L’inizio della somministrazione dei vaccini anti-Covid per gli ultra
ottantenni in Lombardia è previsto per il 24 febbraio», ha sottolineato
Moratti. Il vicepresidente ha aggiunto che le adesioni degli over 80
verranno raccolte «tramite i medici di base, l’assistenza domiciliare» e
grazie a un portale dedicato.
La campagna vaccinale — ha annunciato Moratti — sarà gestita da un «comitato guida» formato dal governatore Fontana, dall’assessore alla Protezione civile, Foroni, da Guido Bertolaso
e dalla Moratti stessa. L’ex ministro ha anche spiegato che «è in corso
la fase 1» delle vaccinazioni di «operatori sanitari e sociosanitari,
operatori e ospiti delle Rsa» e che al 31 gennaio erano state somministrate «305 mila dosi», di cui «68 mila seconde dosi».
«Priorità: forze dell’ordine e scuola»
Per
ora è soltanto un’ipotesi, ma è stato quasi definito il programma di
somministrazione dei vaccini quando sarà disponibile quello realizzato
da Astrazeneca.
C’è una «prima idea» di «categorie prioritarie» a cui sarà
somministrato il vaccino, una volta disponibile, ha spiegato Letizia
Moratti ai consiglieri regionali lombardi di maggioranza e opposizione.
«La nostra ipotesi — ha detto — prevede il vaccino alle forze dell’ordine, al personale scolastico per la didattica in presenza, agli addetti alla giustizia e al personale del trasporto pubblico locale».
“La vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti, in accordo con il presidente Attilio Fontana, ha parlato con il dottor Guido Bertolaso per sondare la sua disponibilità a collaborare al progetto di vaccinazione di massa anti-Covid per l’intera popolazione lombarda”. Lo comunica in una nota la Regione Lombardia.
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Bertolaso, dopo la consulenza per la costruzione dell’Ospedale in
Fiera a Milano, potrebbe tornare in Lombardia per occuparsi della parte
logistica del piano vaccinale, in coordinamento con la struttura
commissariale di Domenico Arcuri. Per il momento Bertolaso si è riservato di rispondere nelle prossime ore.
“Con il dottor Guido Bertolaso – si limita a comunicare per adesso la
Regione – si è concordato di approfondire il confronto sulla
possibilità di avviare una collaborazione in tal senso nei prossimi
giorni”.
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La Regione Lombardia rinuncia a chiedere la sospensiva di fronte al Tar inizialmente interpellato contro la classificazione in zona rossa decretata venerdì 15 gennaio a causa di un errore sui dati e poi «cancellata» venerdì 22.
Nella giornata di domenica, il Tg3 ha mostrato una mail della Regione Lombardia che chiedeva all’Istituto superiore di Sanità di recepire «le modifiche definite a livello tecnico relative al conteggio dei pazienti guariti e deceduti».
Il ricorso al Tar da parte del governatore resta in piedi ma vengono meno le esigenze di concedere o meno la sospensiva dunque.
I carabinieri del Nas hanno arrestato un medico in servizio al pronto soccorso di un ospedale del Bresciano per aver indotto la morte di due pazienti Covid. Il medico, accusato di omicidio, secondo gli inquirenti ha intenzionalmente somministrato a pazienti affetti da coronavirus farmaci anestetici e bloccanti neuromuscolari causando la morte di due di loro. Gli episodi risalgono a marzo 2020, nel momento della maggior pressione sugli ospedali.
Le indagini sono scattate a due mesi dagli
eventi, anche mediante il supporto di accertamenti tecnici di medicina
legale disposti dall’Autorità giudiziaria. Nelle cartelle cliniche di
numerosi pazienti deceduti in quel periodo per Covid-19, è stato
riscontrato alcuni casi un repentino, e non facilmente spiegabile,
aggravamento delle condizioni di salute.
Farmaci in dosi letali – Tre salme sono state
esumate per essere sottoposte ad autopsia. Le indagini hanno rilevato,
all’interno di tessuti e organi di una di loro, la presenza di un
farmaco anestetico e miorilassante comunemente usato nelle procedure di
intubazione e sedazione del malato che, se utilizzato al di fuori di
specifici procedure e dosaggi, può determinare la morte del paziente.
Dal piano clinico dei deceduti non risulta tuttavia la somministrazione
di tali medicinali (indicata invece nelle cartelle di pazienti poi
effettivamente intubati) tanto da ipotizzare a carico dell’indagato
anche il reato di falso in atto pubblico.
L’ipotesi inizia a filtrare poco prima
dell’ora di pranzo. Il messaggio in arrivo sull’asse Roma-Milano che
«piove» su pochi, riservati cellulari dei rappresentanti istituzionali
in città, mette in allerta: «Contrariamente alle previsioni e alle attese, col nuovo monitoraggio la Lombardia tornerà “arancione”».
I due palazzi nei quali il messaggio
determina un’attivazione immediata sono in corso Monforte e in Foro
Bonaparte. Perché Milano ha un «piano ripartenza» già definito da prima
di Natale, ma che era rimasto congelato dai continui stop ang go determinati dalla scala dei colori del decreto anti-Covid e dal percorso giudiziario amministrativo davanti al Tar. La sequenza di «capriole»:
le scuole superiori riaprono il 7 gennaio; poi vengono rimandate
all’11; dopo, un’ordinanza regionale le chiude fino al 24; l’ordinanza
viene «cassata» dal Tar e si ipotizza un’apertura il 18; il passaggio
della Lombardia in «rosso» fa slittare infine tutto all’1 febbraio. In
questa sequenza di rovesciamenti, la «retrocessione» della Lombardia in
«arancione» di ieri spazza tutte le carte dal tavolo e chiude (per il
momento) la partita. La didattica in presenza per gli studenti superiori
riparte il 25 gennaio.
Nel pomeriggio il prefetto, Renato Saccone, detta la linea: «Si riparte lunedì. Non si può concedere altro tempo». Il risultato è che scatta una corsa contro il tempo.
Perché il sistema scuola/trasporti fondato su scaglionamento degli
orari e potenziamento dei mezzi, già pronto, ma che prima di Natale
aveva una decina di giorni per la messa in atto, a questo punto dovrà
partire in 48 ore. In Foro Buonaparte ingegneri e direttori operazioni
Atm si attivano per stringere i tempi il più possibile. Ci sono turni da
riorganizzare. Contratti con i privati tenuti in stand-by da far partire.
Il piano straordinario di potenziamento dei trasporti
prevede: 1.200 corse aggiuntive su tutta la rete, tra cui le oltre 800
dedicate agli studenti e 60 bus navetta per 32 istituti più frequentati;
incremento nell’uso dei bus turistici su ulteriori 5 linee (in aggiunta
alle 8 linee già partite) in affidamento a operatori privati (una
scelta che permette di «liberare» mezzi Atm per potenziare 18 linee
urbane e suburbane «a elevata frequentazione»). In più, servizio
riprogrammato su alcune «linee di forza», con 180 corse al giorno in
più, e 8 treni aggiuntivi in metrò nelle ore di punta.
Da Atm ieri sera filtrava la fiducia di riuscire a mettere in strada praticamente tutti i mezzi aggiuntivi,
pur con un preavviso così stretto. Il tema però è più ampio. Visto che
il decreto impone una capacità dimezzata su tutti i mezzi pubblici, la
rete del trasporto «reggerà» soltanto se il resto del sistema riuscirà
ad adeguarsi. Tradotto: se le scuole riusciranno a scaglionare gli
ingressi per diluire gli spostamenti nelle ore di punta, tra le 7.30 e
le 9.30. Altrimenti, saranno possibili blocchi dei tornelli del metrò,
«salti» delle fermate, attese prolungate.
Dall’indice di contagio, fino al numero di nuovi casi e alle chiamate ai servizi d’emergenza, sono vari i segnali positivi che portano la Lombardia in zona arancione, al di là delle polemiche tra governo e Regione. Ma ci sono anche spie da tenere d’occhio, che spingono alla cautela.
Partiamo dall’indice di contagio Rt. Nell’ultimo monitoraggio della cabina di regia dell’Istituto superiore di sanità si calcola che sia a 0,82, tra i più bassi in Italia e al di sotto della soglia critica di 1. Segno che le misure di contenimento stanno facendo effetto. Il dato, come per le altre Regioni, è riferito al 6 gennaio 2021, quindi a due settimane fa ed è calcolato sui casi sintomatici. Ma il Pirellone tiene sotto controllo anche altri fattori. Tra questi ci sono le chiamate ai numeri d’emergenza, in particolare quelle per problemi respiratori e infettivi. Dopo il picco di novembre 2020 e una piccola risalita nei primissimi giorni di gennaio, ora sono di nuovo in discesa. I pronto soccorso in questo momento non sono sotto stress, come raccontato nei giorni scorsi da diversi medici. In calo anche il numero di positivi registrati quotidianamente, ma bisogna sempre tenere conto che questo dato è influenzato dalla quantità di tamponi fatti.
La situazione però non è omogenea in tutto il territorio.
Se si osserva l’incremento settimanale dei contagi e il numero di casi
ogni 100 mila abitanti, emergono grandi differenze tra le province. Bergamo, duramente colpita nella prima fase dell’epidemia, ora vive una situazione meno grave. Facendo leva su questi numeri, il sindaco Giorgio Gori nei giorni scorsi aveva chiesto una deroga alla zona rossa. Destano invece più preoccupazione Varese e Mantova.
Quest’ultima provincia in particolare richiederebbe limitazioni più
stringenti per arginare la diffusione del virus. Tornando agli ospedali,
due indicatori calano in modo meno deciso o non calano affatto: i
pazienti ricoverati nei reparti a media intensità di cura e quelli in terapia intensiva.
Nei grafici la prima curva è leggermente risalita negli ultimi giorni,
la seconda scende lentamente. Le strutture sanitarie quindi devono
ancora fare i conti con la gestione giornaliera dell’epidemia, oltre a
occuparsi delle altre patologie e in caso di una rapida crescita dei
contagi sarebbero già parzialmente impegnate.
La Lombardia torna a chiedere al governo di tornare in arancione.
Per questo i tecnici della Regione dovrebbero trasmettere al ministero
della Salute i nuovi dati ammettendo di aver sbagliato il calcolo
dell’Rt nell’ultimo monitoraggio e sollecitando una nuova valutazione
della cabina di regia. In questo caso il ministro della Salute Roberto
Speranza, dopo aver chiesto il nuovo parere della “cabina di regia”
potrebbe firmare l’ordinanza che cambia la fascia e la Regione potrebbe
tornare in arancione già domenica.
«La Lombardia deve essere
collocata in zona arancione. Lo evidenziano i dati all’esame della
Cabina di regia, ancora riunita. Abbiamo sempre fornito informazioni
corrette. A Roma devono smetterla di calunniare la Lombardia per coprire le proprie mancanze» ha scritto su Facebook il presidente della Regione Attilio Fontana.
Il ministero della Salute replica rimandando a una nota diffusa ieri dalla stessa Regione Lombardia nella quale era scritto: «I tecnici dell’Istituto Superiore di Sanità e della Direzione Generale del Welfare hanno in corso una interlocuzione e, nelle prossime ore, valuteranno una serie di dati aggiuntivi da parte della direzione Welfare lombarda per ampliare e rafforzare i dati standard già trasmessi nella settimana precedente, ai fini di una rivalutazione in vista della Cabina di regia di venerdì 22 gennaio».
Volevano capire quanto riuscissero a sopportare il dolore. Così si sono tagliati le labbra per riprodurre un ghigno simile a quello di Joker. Ma per le ferite riportate sono finiti in ospedale. La ragazzina di 14 anni è stata sfregiata dal suo fidanzato di 17 anni con dei profondi tagli che dalle labbra si allungano verso il viso, ed è stata ricoverata all’ospedale di Cernusco sul Naviglio, nel Milanese. Anche il ragazzo avrebbe provato ad infliggersi gli stessi tagli senza riuscirci.
«Abbiamo fatto questa prova per verificare la soglia del dolore». È quanto avrebbe detto il ragazzo
di 17 anni. Stando a quanto riferito nelle indagini dei carabinieri di
Cassano d’Adda e della Procura per i minorenni, lei poi avrebbe cercato
di infliggere gli stessi tagli a lui, ma per il dolore si sarebbe
fatta accompagnare al pronto soccorso. I tagli sono simili al ghigno di
Joker, ma si ipotizza allo stato una «prova di dolore», come detto dal
ragazzo.
All’inizio
ai medici i due avrebbero detto di essere stati aggrediti in strada, ma
la versione non è parsa credibile e il ragazzo è stato denunciato alla
Procura dei minorenni per «deformazione dell’aspetto della persona
mediante lesioni permanenti al viso», ossia il nuovo reato di sfregio
introdotto dalla recente legge sul ‘codice rossò. Inquirenti e
investigatori stanno cercando di capire le ragioni di quelle ferite che
il ragazzo avrebbe inferto alla ragazza per poi ferirsi a sua volta. E
tra le ipotesi, appunto, ci sarebbe quella di un folle gioco per emulare
il sorriso di Joker.
Tutte le pagelle vivono di più voti. Quella della Lombardia, che gira sui tavoli della cabina monitoraggio, ha il colore arancione scuro. In bilico, come ha ricordato ieri, con toni più prudenti che mai, il governatore Attilio Fontana, sulla zona più restrittiva. Tanti i segnali d’allarme da
leggere dietro il trend delle curve, ma impossibile ancora unire i
puntini per capire con certezza gli scenari del futuro prossimo.
Il governo è al lavoro sul nuovo dpcm, che stabilirà le fasce in vigore da sabato in poi. Oggi è atteso il primo confronto con le Regioni. Tra i criteri che peseranno di più verrà valorizzato quello dell’incidenza dei casi registrati in ciascuna Regione nell’ultima settimana, tarato su 100 mila abitanti. Una proposta partita dall’Istituto Superiore di Sanità, subito condivisa dal Cts. Un ritocco reso necessario dopo che nelle ultime settimane, il peso eccessivo dato all’Rt e ad altri indicatori troppo riferiti ai giorni passati, facevano perdere un po’ il contatto con l’andamento in tempo reale. Un esempio è quello del Veneto, rimasto per lungo tempo in zona gialla nonostante l’importante crescita di contagi giornalieri. Da questo punto di vista, la Lombardia naviga in acque (discretamente) lontane dal cut-off fissato a quota 250. Negli ultimi sette giorni, intervallo usato per rendere più attuale il dato, in Lombardia ci sono stati 141 casi ogni 100 mila abitanti. La provincia con la maggior concentrazione di casi è Mantova, 271. Seguono Sondrio con 223, Como 219 e Brescia 200. Sono «solo» 109 a Milano e 95 a Monza, zone dove probabilmente la seconda ondata ha picchiato più duramente tra ottobre e novembre. La provincia con meno casi per incidenza è Bergamo, 43 e qui potrebbe contare il grande dazio pagato nella prima ondata.