Sommergibile disperso vicino al relitto del Titanic: corsa contro il tempo per ritrovare il Titan

di Viviana Mazza

Robot in mare, sentiti dei rumori. Le speranze di poter trovare e riportare in superficie i passeggeri sono ormai flebili. «L’ossigeno sta per finire»

Sommergibile disperso vicino al relitto del Titanic: corsa contro il tempo per ritrovare il Titan

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK — «È un’operazione di ricerca e soccorso, dobbiamo per forza continuare a sperare», ha risposto ieri sera a Boston il capitano della Guardia Costiera Jamie Frederick ai giornalisti che gli chiedevano se ancora fosse ottimista, mentre ormai mancavano 20 ore prima che l’ossigeno a disposizione dei cinque passeggeri del Titan si esaurisse. Le famiglie aspettano disperatamente su una delle cinque navi americane e canadesi — destinate nelle ore successive a diventare dieci — che dalla superficie li cercano nei pressi del relitto del Titanic. «Dopo aver considerato tutti i fattori, a volte ti trovi nella posizione di dover fare una scelta difficile — ha aggiunto Frederick —. Potremmo trovarci a quel punto, e allora ne discuteremo innanzitutto con le famiglie».

La speranza di poter trovare e riportare in superficie i passeggeri del sommergibile, disperso da domenica nell’Atlantico, ieri sera era ormai flebile. La fine dell’ossigeno, secondo una stima, è fissata alle 6 del mattino di oggi, cioè intorno a mezzogiorno ora italiana. Nessuno poteva dire se fossero ancora vivi: non era noto nemmeno se il sistema di riscaldamento a bordo fosse rimasto in funzione. Ma ad alimentare la speranza c’erano dei suoni captati dai sonar di un aereo canadese sia ieri che il giorno prima: possibili colpi contro lo scafo, hanno affermato i media americani, citando un rapporto inviato al dipartimento di sicurezza interna del governo che parlava di rumori ogni 30 minuti. La Guardia costiera non ha confermato quest’ultimo dettaglio, che però è rilevante: almeno uno dei 5 dispersi, Paul-Henri Nargeolet, ex capitano della Marina francese, senz’altro conosce il protocollo di fare rumore ogni mezz’ora per tre minuti, in modo da essere notati dai sonar.

«C’è la possibilità che questi suoni siano umani», dice al Corriere l’ex capitano della Marina militare americana David Marquet, che ha comandato il sottomarino nucleare USS Santa Fe e scritto il bestseller pubblicato anche in Italia «The Leader Ship». Ma l’oceano è un luogo rumoroso: «Ci sono molti suoni, di balene, navi di passaggio, di quelle stesse navi usate ora per le ricerche. Anche gli aerei producono suoni che arrivano sott’acqua», continua il capitano. Gli esperti, che includono britannici e francesi, hanno deciso di seguire questa pista. «Così gli aerei hanno lasciato cadere nell’oceano delle boe acustiche a un chilometro di distanza l’una dall’altra. Se più di una boa capta il rumore si può ottenere una localizzazione che di solito è grande quanto un campo da football — spiega Marquet —. Questa localizzazione viene trasmessa al sistema di controllo di un ROV (remotely operated vehicle, ndr), un veicolo subacqueo che va in profondità».

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