Le due anime straniere del Pd

Ovviamente questo doppio corpo politico non ha solo svantaggi, anzi. La elezione di Elly Schlein è stata per molti versi trainata dall’effetto sfondamento della elezione di una donna come Presidente del Consiglio. Ho, personalmente, pochi dubbi sul fatto che Schlein avrebbe avuto la stessa forza competitiva se dall’altra parte ci fosse stato un uomo. La elezione del capo del governo ha innescato un traino imitativo positivo e prodotto quello che si potrebbe chiamare un effetto specchio. Per quanto diverse, infatti, le due leader in comune hanno un tipico tratto delle politica al femminile – un forte movimentismo fondato sul valore dimostrativo della persona. Entrambe sono continuamente in questo luogo o quello, in quella visita o l’altra, segnando con la propria presenza il termometro degli accadimenti, spesso, molto spesso inseguendosi – Cutro, Emilia Romagna, Parlamento, sfilate per i grandi viali di Roma (la premier per la festa della Repubblica, in un tripudio di aerei con scia tricolore, e mostrine militari; la Segretaria per la festa dei diritti, in un tripudio di abbigliamenti colorati). Entrambe in maniera molto femminile, secondo lo stile delle nuove donne leader in questo primo scorcio di secolo, elaborando la presenza con un misto di emozioni, sentimenti, abbracci e decisionismo politico, inclusa una sicura inclinazione al controllo. Due figure di donne molto moderne. Intorno a cui già si vedono i caratteri di una trama per Netflix, stile The diplomat. Come si vede, anche i riferimenti culturali, intorno a loro, sono nuovi.

In questo senso, e il Pd lo sa, la vittoria di Schlein è stata un evento imprevisto, ma fortunato. Anche il più abile, giovane, dirigente storico del Pd avrebbe avuto meno possibilità di tener testa al modello Meloni, e avrebbe proiettato il Pd come parte di un mondo in bianco e nero.

Il che però rimanda al vero tema in discussione: la Schlein sta agendo come modernizzazione anche della struttura partito? Detto altrimenti: la diversità della figura della Segretaria è un motore di cambiamento dello stesso Pd? La risposta è un ovvio no. E lo si vede proprio dalla separazione del doppio corpo politico che abita il Pd, come si diceva prima. La mancanza di incontro fra queste due esistenze, è il problema. Un’incomunicabilità, si sarebbe detto una volta, nata dalla rispettiva estraneità.

Il movimento di Schlein discende direttamente dall’esperienza di Obama. Le grandi campagne in stile testimoniale (masse in movimento, sfilate canti, e recitativi) che fu la rinascita della sinistra sotto forma di nuova “coscienza”. Da quel «Yes we can», appello alla forza delle convinzioni interiori, si genera una sinistra non più economicista quale quella degli anni di Clinton, ma intrisa di fede, riscatto, e forse troppi inni ecclesiali. (Ri)nasce lì con Obama una esperienza che non a caso ha attirato e formato molti giovani anche europei. Una esperienza diretta, una idea personale e olistica della politica, fuori dalle convinzioni e passioni del ’900.

Quelle passioni e convinzioni che invece sono ancora le radici e il centro della identità del Pd, come di altri partiti e sindacati in occidente. Un partito con radici nel fordismo, affacciato con disagio sulle rivoluzione tecnologica; un mondo di strutture, istituzioni, grandi battaglie che hanno segnato il secolo, ma che in qualche modo vi sono rimasti semi-intrappolati.

Due storie che ancora non hanno trovato una intersezione, come ci dice la storia di quella stanza assente, citata da Provenzano.

LA STAMPA

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.