La polveriera balcanica, nuovo fronte della guerra in Europa

È questo che rende l’ennesima crisi kosovara più pericolosa. Perché di solito bastava un richiamo degli occidentali perché i kosovari raffreddassero la tensione. Sanno bene che solo il sostegno della Nato ha reso possibile la indipendenza kosovara e può difenderli di fronte alla voglia di “revanche” di Belgrado che non ha mai accettato la defezione della provincia ribelle. E sono consapevoli che i gruppi radicali della minoranza serba, collegati con ben rodate organizzazioni mafiose, approfittano a loro volta di ogni occasione per scatenare la guerra.

Ma questa volta a muover le fila a Pristina c’è un leader nazionalista, il primo ministro Albib Kurti, che pensa sia il momento giusto per stringete i bulloni sul Nord serbo. Per capire il perché basta leggerne la biografia: due anni nelle galere serbe prima di fondare il suo partito radicale “Autodeterminazione” (scritto con il punto esclamativo) e la promessa di un ricongiungimento con la grande comune patria albanese. Le elezioni le ha vinte con lo slogan della lotta contro la corruzione, una vera economia parallela, e rassicurando gli ingenui occidentali, felicissimi di farsi ingannare, che per il lui i rapporti con la Serbia non sono un problema. La lotta alla corruzione l’ha rapidamente messa nel cassetto. Dedicandosi con metodo invece a riportare all’ordine, pretesto dopo pretesto, il Nord ribelle.

Il rapporto privilegiato di Belgrado con Putin, nemico dell’Occidente, gli ha offerto uno scenario perfetto: presentando il Kosovo come una nuova ucraina democratica e filo occidentale, che i serbi e il loro alleato al Cremlino vorrebbero riassorbire nel sistema delle autocrazie. La vecchia tattica occidentale del sopire e rinviare di fronte al nuovo mondo in guerra non basta più. La polveriera balcanica resta stipata di materiale esplosivo. E ora che fare?

LA STAMPA

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