Bomba immigrazione per destabilizzare l’Italia: attacco calcolato a Meloni e Piantedosi

Luigi Bisignani

Caro direttore, l’immigrazione come mezzo di destabilizzazione di massa. È un dato di fatto che gli sbarchi in Italia negli ultimi mesi siano aumentati fino al 300% e, secondo i rapporti dei Servizi, nei prossimi giorni altre centinaia di migliaia di disperati sono pronti a sbarcare dalle coste del Nordafrica. Si parla in totale di circa mezzo milione di persone rispetto alle centocinquantamila degli anni precedenti. Il governo Meloni-Piantedosi sta tentando di tutto per arginare quello che sembra un calcolato piano d’attacco di apparati d’Intelligence internazionali e gruppi di matrice fondamentalista provenienti dall’Africa via Turchia -e poi vedremo nel probabile dopo Erdogan – Tunisia e Cirenaica.

A questo scenario si aggiungono i francesi, che sigillano sempre di più i loro confini e non fanno altro che soffiare sul fuoco. Ma adesso non è il momento di invidie, retate da breaking news, gendarmerie alle frontiere o respingimenti clamorosi. Né, tantomeno, c’è bisogno di annunci roboanti o provvedimenti straordinari «american-style» per mezzo dei quali dalla mezzanotte di ieri chiunque entri negli Stati Uniti dal confine sud è considerato illegale e quindi immediatamente respinto. Ora c’è bisogno di coordinamento e da questo punto di vista l’Italia qualche risultato comincia a conseguirlo. Tanto che anche nei report delle cancellerie europee il dato sta trapelando irritando, da un lato francesi e spagnoli e spingendo, dall’altro l’Unione Europea a salire sul carro del Paese che si sta dimostrando vincitore nella sfida dei migranti. Mai prima d’ora, infatti, i rappresentanti delle istituzioni europee, da Ursula von der Leyen a Roberta Metsola fino a Charles Michel si erano mostrati così aperti a considerare il fenomeno migratorio un problema di tutta l’Europa e non solo italiano. Forse, fiutata l’aria, vogliono prendersi anche loro qualche medaglia per un lavoro tutto nostro.

Dopo la tragedia di Cutro, in seguito alla quale il premier e il ministro dell’Interno sono stati dileggiati come se avessero causato loro il naufragio, la reazione c’è stata eccome, sia a livello normativo che a livello organizzativo. Con il «decreto Cutro», infatti, sono state messe a punto le vie legali per l’ingresso in Italia, limitando altri sistemi surrettizi come la protezione speciale introdotta a suo tempo dalla ministra Luciana Lamorgese e aumentando i decreti flussi, incluse le possibilità di ingresso «fuori quota» riservate a quei lavoratori stranieri che abbiano frequentato corsi di formazione organizzati dall’Italia nei Paesi di origine o di stranieri provenienti da Paesi con cui l’Italia ha sottoscritto intese in materia di rimpatrio. E con la dichiarazione dello stato di emergenza, attraverso l’ordinanza della protezione civile del 16 aprile scorso, si sono snellite anche le procedure per l’acquisizione di beni e servizi per aprire velocemente nuove strutture di primissima accoglienza e rendere meno disagevoli le condizioni dei migranti. Un’attenzione volta non solo a evitare altre tragedie, ma anche ad offrire un livello dignitoso di permanenza per chi sbarca sul nostro territorio. Una gestione decisamente migliore e più umana rispetto a quella della Francia che prova con i dispacci d’ambasciata a farla passare come una «pirouette» di Giorgia Meloni.

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