La Francia si arrabbia di nuovo

Jean-Luc Mélenchon, il capo della sinistra radicale, sta ovviamente con i dimostranti, e chiede di sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni. Non le avrà: Macron non vuole rischiare. Marine Le Pen è più prudente. Da antisistema è diventata o vuole diventare «femme d’Etat», donna di Stato. I francesi, che la consideravano un’outsider, cominciano ad abituarsi a vederla all’Assemblea nazionale alla testa di quasi novanta deputati: la pensano ormai dentro il Palazzo, non più fuori e contro.

Macron ha rappresentato per il sistema francese la diga contro il populismo, quello di sinistra e quello — più forte — di destra. Ha ancora quattro anni di potere, ma non potrà ricandidarsi; e il suo successore designato, Edouard Philippe, già portavoce di Juppé, sta male, soffre di una malattia misteriosa che potrebbe metterlo fuori gioco. Solo il tempo dirà se Marine Le Pen è condannata ad arrivare fin sulla soglia dell’Eliseo senza entrarvi mai, o se si rivelerà la Mitterrand di destra, che perde più volte ma alla fine vince.

In ogni caso, la Francia sente di non contare molto più di nulla nel nuovo ordine mondiale; e chiede almeno di vivere meglio. Le disuguaglianze mordono la coesione sociale. Per restare ai fatidici chéminots, le Ferrovie dello Stato hanno chiuso l’ultimo bilancio con oltre due miliardi di utili; ma per un Tgv che sfreccia, ci sono dieci treni pendolari sporchi e lenti. Però i pendolari sono molti di più dei passeggeri dei treni ad alta velocità. E sono arrabbiatissimi.

CORRIERE.IT

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