Il bivio dei 5 Stelle

Federico Capurso

Nelle ultime ore, qualcosa è cambiato. I rapporti tra Mario Draghi e il Movimento 5 stelle sembrano meno tesi. Piccoli gesti simbolici, da parte del premier, vengono interpretati dai grillini come l’inizio di un’apertura. Per la prima volta da quando questo governo si è insediato, commentano con una nota di piacevole stupore dalla sede pentastellata, «lo staff di Draghi ha consegnato i documenti che riguardavano l’ultimo Consiglio dei ministri già in mattinata e non a un’ora dal vertice. È una delle questioni che aveva posto Conte».
C’è ottimismo, dunque, ma nei prossimi giorni, «entro mercoledì sera», sarà necessario un passo in più da parte di palazzo Chigi: «Abbiamo bisogno di un’uscita pubblica di Draghi, una dichiarazione con cui si concretizzi questa apertura». Solo così Giuseppe Conte potrà convincere i suoi senatori a votare la fiducia sul decreto Aiuti, che approderà in Aula martedì.

Non serve una risposta puntuale e completa alle nove condizioni per restare al governo messe nero su bianco da Giuseppe Conte mercoledì scorso (per quella c’è ancora tempo), ma un segnale positivo chiaro, che non abbia bisogno di essere decifrato. Conte vorrebbe restare al governo, ma sente che la base e i gruppi parlamentari non sono più sotto il suo pieno controllo. Teme l’eventualità che i senatori, che chiedono di strappare, spingano per astenersi sul decreto Aiuti, magari non entrando nemmeno in Aula. Un gesto che provocherebbe uno scossone capace di mettere a rischio la trattativa con palazzo Chigi. E che alimenterebbe, poi, le critiche dei partner di maggioranza che già da giorni puntano il dito contro «l’irresponsabilità» dei pentastellati.

Con gli alleati Dem il rapporto è teso, ma l’ala sinistra del Pd si sta prodigando in telefonate, messaggi e incontri con i dirigenti M5S per provare a rasserenare il clima all’interno della maggioranza e puntellare la presenza dei Cinque stelle nel campo progressista. Una presenza che alcuni dirigenti di peso, da Dario Franceschini a Nicola Zingaretti, hanno minacciato di far saltare. Francesco Boccia ne ha parlato con Conte, in Puglia, e Boccia ha gettato acqua sul fuoco: «Penso che il M5S non romperà. Sta ponendo dei temi che devono essere oggetto di un confronto politico». La vicepresidente M5S Alessandra Todde, vicinissima a Conte, ha invece affrontato il nodo con Enzo Amendola e Giuseppe Provenzano, mentre i grillini Federico D’incà e Carlo Sibilia venivano raggiunti da altri dirigenti Dem. Anche il braccio destro di Conte, Stefano Patuanelli, ha avuto modo di affrontare il tema al Nazareno, dopo essere intervenuto alla scuola di formazione politica di Gianni Cuperlo. Ha scambiato qualche pensiero con l’ex deputato Dem, ma non con Enrico Letta, che non era in sede perché in questi giorni si trova in Provenza. E dopo la lezione ai giovani del Pd, Patuanelli si è detto sicuro: «L’alleanza non è assolutamente a rischio».

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