Il dovere del Parlamento

di Luciano Violante

Alla fine di marzo l’Aula di Montecitorio dovrebbe cominciare l’esame della riforma dell’ordinamento giudiziario. I partiti intendono discuterla e hanno guadagnato l’impegno del governo a non apporre la fiducia. Su temi così rilevanti, che attengono allo statuto di un potere dello Stato, è giusto che ciascuna forza politica presenti al dibattito la propria visione dei problemi e le proprie soluzioni.


Un potere dello Stato, il Parlamento, interverrà sullo statuto di un altro potere dello Stato, la magistratura. Quando discute e approva leggi, il Parlamento esercita la propria sovranità. I vincoli della sovranità sono particolarmente stringenti quando vengono prodotte regole che riguardano un altro potere dello Stato. In questi casi bisogna essere all’altezza del compito nei confronti della storia costituzionale e della opinione pubblica. L’obbiettivo è il recupero di credibilità della magistratura attraverso la ricostruzione di un nuovo equilibrio tra indipendenza e responsabilità. È in gioco anche la credibilità del Parlamento. Se su una materia di questa delicatezza le Camere legiferassero in modo scomposto, sarebbe inevitabile la perdita di fiducia. Se legiferassero male, tra litigi e senza dar prova di essere consapevoli dei valori in gioco, se apparisse che intendono celebrare vendette o consacrare umiliazioni, la politica subirebbe un’altra sconfitta perché si sarebbe dimostrata inadeguata al compito.

I temi sono certamente difficili; ma proprio sui temi difficili la politica è chiamata a dar prova di essere consapevole dei propri doveri. La questione più delicata riguarda il sistema elettorale del Csm. L’obbiettivo comune a tutti è la eliminazione del peso improprio delle correnti, per garantire la indipendenza del singolo magistrato da centri di potere interni al Csm. Occorre chiarire una questione chiave. Al Csm la Costituzione non attribuisce alcuna funzione di governo della magistratura-istituzione; affida invece, e nel rispetto delle norme dell’ordinamento giudiziario, tutte le decisioni che riguardano la vita professionale dei singoli magistrati. E solo queste. Pertanto non si deve eleggere una maggioranza, ma una rappresentanza, il più vasta possibile, delle opinioni interne alla magistratura, che si intreccerà con la rappresentanza delle opinioni sulla giustizia presenti nella società e nel mondo politico, espressa dai componenti eletti dal Parlamento.

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