Giustizia, non solo riforma del Csm: dalle carriere alla Severino c’è l’incognita referendum

di Liliana Milella

Le coincidenze possono essere assai malandrine. Stavolta, tra referendum radical-leghisti sulla giustizia e legge di riforma del Csm, il diavolo ci ha proprio messo la coda. E basta un’occhiata al calendario per averne conferma. Tra domani e mercoledì i 15 giudici della Consulta affronteranno il dossier sui referendum presentati a doppia firma dalla Lega e dai Radicali. Decideranno se sono ammissibili. Dozzine di volte Matteo Salvini e Giulia Bongiorno hanno ripetuto che il voto degli italiani può cambiare il destino della politica della giustizia. E allora cosa può accadere alla legge sul Csm se la Corte licenzia tutti, o la maggior parte, dei sei referendum? Inevitabile un impatto mediatico con conseguenze politiche, perché in vista del voto – aprile o i primi di maggio – si scatenerà un’imponente propaganda radical-leghista. Proprio mentre la Camera discute la legge sul Csm (in aula a fine marzo). Dei sei referendum ce ne sono due che possono influire. Il quesito sulla separazione delle carriere e quello sulla responsabilità civile dei giudici. Il primo ha un effetto specifico sul testo. Il secondo ne ha uno politico. Perché se, com’è accaduto nel 1987, gli italiani votano in massa sì alla responsabilità diretta delle toghe, questo suona come l’espressa richiesta di una legge molto severa contro i giudici. Quanto alle carriere, nella legge di Cartabia è scritto che una toga non può cambiare casacca più di due volte. Il referendum darebbe grande fiato al centrodestra per ridurre il passaggio a una sola volta. E la saldatura tra Lega, Fi, Azione a FdI,che già emerge con chiarezza sul sorteggio come legge elettorale, trarrebbe grande fiato dalla campagna sui referendum.

Separazione delle funzioni

Un giurista come Nello Rossi lo ha definito »il quesito più complicato e astruso». Sicuramente è quello più lungo, oltre due pagine, praticamente illeggibile per un cittadino comune per via dei riferimenti ai singoli commi di ben cinque diverse leggi. Più che di separazione delle carriere dei magistrati sarebbe corretto parlare di una separazione delle funzioni, quella di giudice e quella di pubblico ministero. L’obiettivo del quesito è cancellare del tutto la possibilità di passare da una funzione all’altra nel corso di una carriera. Oggi questo è possibile per quattro volte, ma già con la riforma Cartabia i passaggi diventano solamente due. E il centrodestra chiede di ridurli a uno soltanto. Ridurli del tutto è impossibile perché la Costituzione parla di un solo ordine.

Responsabilità civile diretta per i giudici

Nel 1987, dopo il caso Tortora, i Radicali di Pannella, Partito socialista e Partito liberale vinsero il referendum sulla responsabilità civile delle toghe, che passò addirittura con l’80,21% di sì. Ma la legge dell’anno dopo, firmata dal Guardasigilli Giuliano Vassalli, fu subito contestata dai Radicali perché non prevedeva una responsabilità “diretta” dei giudici, ma frapponeva lo scudo dello Stato, il quale poi si rivaleva economicamente sul magistrato. La legge del 2015 del ministro della Giustizia Andrea Orlando conferma il “filtro” dello Stato. Ed è proprio questo “filtro” che il nuovo referendum vuole eliminare, riproponendo la responsabilità diretta del magistrato che deve pagare di tasca sua l’eventuale condanna per l’errore giudiziario commesso.

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