Il signor Conte sul saliscendi

Nel frattempo, il neopresidente pentastellato si è spinto molto in avanti, facendo intravedere la fisionomia di un Movimento pesantemente insoddisfatto della riforma Cartabia, e addirittura disponibile a sacrificare su quel fronte la propria partecipazione all’esecutivo. Per ragioni tattiche, e pure comunicative: nannimorettianamente, mi si nota di più se prometto sfracelli sulla giustizia mandando in avanscoperta la ministra Fabiana Dadone, oppure se mi acconcio a “fare tappezzeria” nella «strana coalizione» di governo, evitando di minacciare fuoco e fiamme (sempre che ad appiccare il fuoco non ci pensino i Bonafede e i Di Battista)? Ed ecco l’odierno dilemma contiano tradotto in teoria dei giochi. E i pericoli per la sua leadership (già) intermittente che aumentano di fronte alla scelta del presidente del Consiglio di mettere la fiducia sulla riforma. L’ennesimo riflesso della natura antitetica del draghismo e del contismo. Se l’ex avvocato del popolo a proprio agio nella politique politicienne romana considera il tempo una specie di variabile indipendente, per l’ex banchiere centrale – profondo conoscitore dei mercati finanziari (al punto di arrivare a domarli in alcuni passaggi storici) – il tempo è, invece, il fattore condizionante di ogni processo decisionale. Ed è, quindi, un architrave del «metodo Draghi».

LA STAMPA

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