Il triste declino di Giuseppe Conte che sognava di essere un re: l’avvocato dei cinesi finirà nell’irrilevanza

Oltre a Patuanelli, altre cenerentole di quella stagione fatata: Stefano Buffagni, che non si è ancora ripreso, Paola Taverna, ma soprattutto l’ex Guardasigilli Bonafede. E proprio sulla giustizia fra pochi mesi s’infrangerà l’ultima fiaba di «Giuseppi», quando sarà costretto a prendere una posizione netta sulla prescrizione e a decidere se fare del M5S un partito di centro, seguendo i consigli del guru Goffredo Bettini, oppure di sinistra, seguendo quelli dell’enfant terrible Andrea Orlando. In entrambi i casi, dovrà comunque abbozzare perché non ha la stoffa e la personalità per far cadere il Governo su un tema così dirompente e con una magistratura in frantumi che sta per far avverare la profezia di Cossiga, il quale affermava che «si arriverà ad una sacrosanta riforma della giustizia solo quando i Pm inizieranno ad arrestarsi tra loro».

A quel punto Conte, come capo M5S, non potrà più fare il gioco delle tre carte, come è stato ad esempio per il Tap, in Puglia o per la Tav, per il pasticcio di Autostrade o per la prima stesura del Recovery Plan. E magari finirà per inseguire un’altra fiaba, quella di diventare, alla quarta votazione, Capo dello Stato, visto che gli fanno credere di essere una riserva della Repubblica. Tra l’altro non è solo: la stessa considerazione viene fatta anche per Silvio Berlusconi. Almeno lui, però, è un vero grande, votato da milioni di italiani. In questo caso Vladimir JakovlevičPropp, l’antropologo russo, scriverà dal cielo un’altra fiaba. Sempre che non arrivi il lupo, o i draghi.

IL TEMPO

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