O Conte o morte

Operazione numericamente rischiosa, al Senato, perché è vero, da regolamento, che basta un voto in più, ovvero la maggioranza semplice. Ma è anche vero che se non raggiungesse “quota 161”, la maggioranza assoluta (quando nacque, il governo Conte 2 contava su 169 senatori) politicamente sarebbe claudicante. Gli addetti ai lavori ricordano di quando, nel 2011, Giorgio Napolitano convocò Berlusconi al Colle dopo un voto parlamentare alla Camera (sul rendiconto) in cui non raggiunse la maggioranza assoluta. E poi si dimise perché scricchiolava troppo per andare avanti e al Quirinale si chiedeva certezza nell’operatività di governo e Parlamento.

Insomma, come evidente, la manovra ha una fragilità intrinseca tutta politica, non solo nei numeri. È, in fondo, una dichiarazione di impotenza, anche da parte di un partito prigioniero dello schema che ha costruito. E che si lega le mani, all’interno di una coazione a ripetere sempre lo stesso schema, abbassando sempre di più l’asticella delle proprie ambizioni. Prima chiese una discontinuità su Conte, ai tempi della nascita del governo, poi accettò Conte, poi chiese il vicepremier e non lo ottenne, poi la “svolta” e non è arrivata, ha occhieggiato a Renzi e detto no ai responsabili poi, fallita la mediazione, dice “mai più” Renzi e accetta i transfughi. Anche le giuste ragioni, di fronte ai colpi di testa dell’ex rottamatore, offuscate dalla mancanza di protagonismo politico, e dalla rinuncia a parlare al corpo profondo del paese, spiegando come andare avanti in queste raccogliticce condizioni. Col voto sempre brandito come minaccia e mai come orizzonte reale, nell’ambito di una sfida aperta, con l’orgoglio di un punto di vista nella società italiana perché più forte della voglia di combattere è la paura di perdere, presentandosi agli elettori col biglietto da visita di un’esperienza collassata.

Ecco, il prosaico orizzonte è la sopravvivenza di un governo Conte, nato come frontiera della democrazia contro il populismo che magari sopravvive grazie a qualche pentito del populismo. In altri tempi, il tentativo sarebbe stato “non impedito”, ma col distacco di chi si tiene margini di azione pensando alla mossa successiva, non rivendicato come linea. Anche perché, se dovesse andare male, poi è difficile trovarne una un’altra se la linea è “morire per Conte”. 

L’HUFFPOST

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.