Scuola, il governo insiste per riaprire il 7 gennaio. Le Regioni: «Siamo preoccupati»

OPPOSIZIONI
Alla costante opposizione campana infatti, con Vincenzo De Luca che ha già lanciato un calendario scolastico alternativo per gli studenti della sua Regione (il 7 gennaio riprenderanno le prime e le seconde elementari, l’11 la scuola primaria, il 18 le tre classi della secondaria di primo grado e il 25 la secondaria di secondo grado), si sono già aggiunti altri governatori che stanno chiedendo all’esecutivo di rimodulare la ripartenza o quantomeno di non intestardirsi sulle date senza aver prima visto i numeri dei nuovi monitoraggi del contagio dopo le feste. Il motivo? Evitare che diventi necessario chiudere ancora qualche giorno dopo la riapertura.
Lo ha spiegato il veneto Luca Zaia, che in un’intervista a Repubblica ieri ha ricordato come ci siano «molte perplessità», ormai «è assodato che le curve dei contagi siano collegate ovunque alla ripresa della scuola» e ancora «Un’aula scolastica rischia di essere il terreno di coltura per il virus che poi si propaga sui bus e fuori dall’istituto», annunciando di inoltre riservarsi un’azione individuale: «ho chiesto al dipartimento di prevenzione di elaborare delle valutazioni sul da farsi. Decideremo di conseguenza».

Un’autonomia che se da un lato è stata in qualche modo “rifiutata” dalla Regione Lazio (con l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato che ieri ha chiesto proprio dalle pagine del Messaggero di intervenire all’esecutivo senza però puntare alla rottura), è già rivendicata anche dalla Puglia di Michele Emiliano. La Regione intende infatti continuare a dare la possibilità agli studenti delle scuole pugliesi di ogni ordine e grado (dalle elementari alle superiori), e alle loro famiglie, di scegliere la didattica a distanza anche dal 7 gennaio. 

I PRESIDI
Tra i più dubbiosi sulla strategia adottata dal governo ci sono i dirigenti scolastici che ormai da settimane, sia con le loro associazioni nazionali che quelle locali, stanno mettendo in luce tutte le criticità da loro riscontrate. 
Tra i punti più criticati, come sottolineato da Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale Presidi, l’inizio della giornata scolastica alle 10: «La metà degli studenti italiani delle scuole superiori frequenta un istituto tecnico o un professionale: sono almeno 6 ore al giorno. L’organizzazione della loro vita sarà sconvolta. Escono alle 16.30, senza aver mangiato, prendono un bus o un treno, arrivano a casa affamati alle sei di sera. A che ora faranno i compiti? Alle 21…». 

IL MESSAGGERO

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