Terrorismo e «anni di piombo» Le ragioni di una rimozione

Fu questo clima che preparò la successiva omertà nei confronti del terrorismo che ci sarebbe stata per tutti gli anni a venire. La quale è stata sì, anche un’omertà generazionale, come ha scritto Giampiero Mughini, ma assai di più, mi pare, è stata un’omertà sociale e culturale. Un’omertà che ha visto protagonisti specialmente ambienti significativi di borghesia democratica laica e cattolica di alcune città simbolo del nostro Paese — Milano, Roma, Firenze, Torino — , la quale, direttamente o per il tramite dei propri figli, si trovò in varia misura a costeggiare fatti o protagonisti dell’eversione rossa. E anche a condividerne il retroterra ideologico; talvolta non sapendo né vedere né capire; più spesso, invece, vedendo e capendo benissimo ma restando zitta perché incapace di dirsi contro o perché percorsa dal pericoloso brivido della complicità.

E’ a causa dell’atteggiamento di questi settori della classe dirigente — incaricata assai spesso di importanti ruoli di direzione culturale e intellettuale — che ha preso piede un meccanismo di rimozione di questo passato. E così, come già accadde dopo la fine del fascismo, anche questa volta è stata rimossa una fase cruciale della storia del Paese. E’ stato rimosso il deposito di suggestioni e di modi di pensare che negli anni ’60 e ’70 numerose élite intellettuali e molti esponenti di una certa borghesia colta fecero propri sotto l’influenza della sinistra di orientamento marxista. E insieme è stata rimossa tutta una serie di comportamenti conseguenti, vale a dire i molti casi di una condotta compiacente o benevolmente accomodante, quando non concretamente collusa, con la violenza e con lo stesso terrorismo, con le giustificazioni e gli attori dell’uno e dell’altro.

Ma la rimozione evidentemente non poteva che valere per tutti. Per chi stava negli studi professionali, nelle aule universitarie o nei salotti, come per chi invece frequentava da militante le strade e le piazze. Nessuna meraviglia dunque se — come si legge nelle parole del figlio del commissario Calabresi che ha rifiutato di stringere la mano ad alcuni di loro incontrati casualmente — nessuna meraviglia, dicevo, se da molto tempo ci troviamo in mezzo a noi capi e sottocapi dei gruppi extraparlamentari i quali a suo tempo si fecero banditori di violenza o in vario modo non si tirarono indietro neppure davanti al terrorismo. Non solo indisturbati e magari con ruoli importanti in questo o quel settore (di preferenza giornalistico- culturale), ma magari anche pronti a farci lezioni di moralità e di civismo, a spiegarci le regole della democrazia. Naturalmente senza essere stati mai costretti a ricordare nulla, senza aver mai ammesso nulla, senza aver chiesto mai scusa di nulla. Fiduciosi per l’appunto nella generale rimozione scesa dall’alto sul passato della Repubblica. Un passato che tuttavia chi ha buona memoria e conserva in casa qualche libro e qualche giornale ricorda ancora benissimo.

CORRIERE.IT

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