È morto Stefano D’Orazio, il batterista dei Pooh

A fianco del ruolo artistico, Stefano era quello che nell’azienda Pooh Spa si occupava degli aspetti legati ai contratti e al marketing. «Sono una Vergine ascendente Capricorno e sebbene di zodiaco non ci capisca un c… mi dicono che sia un rompipalle e purtroppo hanno ragione: non riesco a non programmare il prima, il durante e il dopo di ogni faccenda, sono preciso sino all sfinimento», diceva di sé. Per poi stemperare tutto con un lato privato più sornione. «Sono più sciamannato e tra le pareti domestiche mi lasciano pascolare liberamente».

Dopo anni di successi e tour, nel 2009 aveva deciso di mollare la band. Scelta non condivisa — ma rispettata in pieno stile Pooh — da Roby, Dodi e Red. «Decisivo è stato soffiare sulle 60 candeline e realizzare che avevo speso più per quelle che per la torta. Ho suonato il tamburo tutta la vita. Ora vorrei fare altro». E altro aveva fatto. Soprattutto musical: nel 2010 aveva firmato «Aladin» e i testi in italiano di «Mamma mia». L’anno dopo «W Zorro» e nel 2013 «Cercasi Cenerentola». Sempre incrociando il percorso artistico con quello degli ex-compagni di band. Che erano riusciti a convincerlo a ritornare per il tour d’addio e le celebrazioni dei 50 anni di carriera nel 2015-6. Con Facchinetti stava collaborando per un’opera su Parsifal e nella prima ondata della pandemia avevano scritto «Rinascerò rinascerai», brano benefico di Roby dedicato a Bergamo.

CORRIERE.IT

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