Il governo litiga già sul decreto Clima. Timori sui renziani

ilario lombardo

ROMA. Già a metà pomeriggio era chiaro che il provvedimento, così come concepito dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, non sarebbe arrivato integro al Consiglio dei ministri. Doveva essere il primo mattone del Green New Deal, l’ambizioso piano italiano incastonato nella rivoluzione verde europea, ma alla fine è stato affossato dai dubbi di tutti: dei due partiti di maggioranza e dei ministeri competenti. Inutili i tentativi di prendersi la notte per ristrutturarlo radicalmente: il decreto Clima, salvo sorprese, slitta alla prossima settimana. In modo che, innanzitutto, possa essere rivisto lo scheletro finanziario della riforma.

Intendiamoci: le intenzioni del testo sono buone sia per il Pd sia per il M5S e rispecchiano gli accordi del programma di governo dei giallorossi, con alcuni passaggi riproposti alla lettera. Ma secondo diverse fonti di maggioranza, tutte interessate al dossier, c’era un duplice problema. Primo: mancava una copertura economica chiara e precisa. Secondo: toglieva funzioni a vari ministeri. Motivo per il quale il decreto è stato impallinato innanzitutto dai colleghi del ministro Costa. La cosa curiosa è che le critiche più forti sono arrivate proprio dal partito che esprime il titolare all’Ambiente. Sono i grillini ad accusare Costa del mancato coordinamento interno al M5S e tra i ministeri. Detto questo, anche secondo il Pd il testo sarebbe stato partorito troppo frettolosamente dal ministro, per avere una bandiera da sventolare al summit Onu sul clima che si aprirà a New York il 23.

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