Lo stupore del Quirinale: Salvini «cambia le carte in tavola»

Certo, siamo già in campagna elettorale. Anzi, sarebbe giusto dire che ci siamo senza soluzione di continuità fin dal referendum renziano (fallito) del 2016 per cambiare la Carta costituzionale. Ma è fuori dal mondo che, pur di complicare la vita all’avversario, ci si avventuri a varcare i limiti di qualsiasi pubblica responsabilità. Questo ha pensato, seguendo con preoccupazione le dirette televisive dall’Aula, il presidente della Repubblica.

Per lui, che è stato docente di diritto parlamentare e membro della Consulta e dunque sensibilissimo su questi temi, la sola idea che si voglia portare la sfida politica su una legge costituzionale che modifica in profondità le regole del Parlamento, ritenendo di poter procrastinarne l’entrata in vigore secondo i propri calcoli di convenienza, è semplicemente inammissibile. E non solo perché non fa i conti con l’articolo 138 della Carta, laddove si prevedono certi margini di attesa per eventuali richieste di referendum, dopo un simile voto. Quanto perché la provocazione configura, di fatto, l’ennesima frattura di un sistema che ormai si pretenderebbe di mettere sbrigativamente in liquidazione.

È un altro degli elementi di cui Mattarella dovrà tenere conto dal 20 agosto, quando questa crisi di governo sarà ufficializzata dalle Assemblee e approderà al Quirinale. A quel punto, senza farsi tirare per la giacca né assumersi iniziative che spettano unicamente ai partiti (per esempio quella di formare una nuova maggioranza con un programma preciso), tutto starà a lui. Che sceglierà, Costituzione alla mano, senza i giochetti su cui qualcuno forse si prepara già a recriminare.

CORRIERE.IT

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