Afghanistan, fonti della Difesa: “Entro un anno ritiro del contingente italiano”

I talebani si sarebbero impegnati a negoziare una pausa dai combattimenti per poi trovare un accordo con il “governo in carica”. La bozza dell’accordo prevede anche la garanzia da parte talebana di non usare l’Afghanistan per le operazioni contro le forze occidentali. In cambio di questa garanzia, i talebani chiedono al governo Usa una tempistica certa per il ritiro.

In questo quadro di possibili accordi e fine delle ostilità, il possibile ritiro del contingente italiano, impegnato da sempre nella lotta al terrorismo al fianco delle forze occidentali, potrebbe essere un segnale molto chiaro sul prossimo futuro di un conflitto in cui l’Italia è stata coinvolta direttamente e con il sacrificio di molti dei suoi uomini.

La strategia italiana

Il possibile ritiro del contingente italiano rientra nella rinnovata strategia italiana sulle operazioni all’estero. Il ministero della Difesa ha da tempo messo in atto un pinao che prevede una rimodulazione dell’impegno in Medio Oriente e in Afghanistan per spostare l’attenzione su altri contesti operativi, soprattutto in Africa. Come ricorda Il Corriere della Sera, l’Italia “entro pochi mesi dovrebbe diminuire anche il numero di soldati presenti in Iraq, in particolare quelli schierati a difesa della diga di Mosul”. E probabilmente ci sarà un maggiore impegno sui due fronti caldi nella lotta al traffico di esseri umani in Libia e Niger, dove la missione sembra definitivamente partita.

I dubbi del generale Camporini

L’ex capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, ha esposto ad Adnkronos le sue perplessità sull’annuncio del ritiro. “La situazione sul terreno è ancora quella di un Paese che si sta faticosamente riprendendo da una serie di guerre durate troppo a lungo. Se consideriamo l’Afghanistan del 2001 e quello del 2019 sono stati fatti indubbiamente dei passi da gigante, ma non ancora sufficienti a garantire la sopravvivenza in autonomia di un Paese che sia espressione della volontà democratica della sua popolazione. Non c’è nulla di garantito, neanche la democrazia“.

“Quando si può dire che è ora di andarsene? – continua il generale – Quando i partecipanti alla coalizione decidono insieme che è ora di andarsene. Se la decisione italiana fosse unilaterale e non concordata, direi che sarebbe difficilmente sostenibile. Non vorrei che Trump avesse dato il pessimo esempio con la decisione di ritirare le truppe Usa dalla Siria”.

IL GIORNALE

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