Hitler perseguitava la musica ma “osannava” i suoi maestri

Il caso Ludwig di Bonn è diverso. Più sfumata fu la posizione nazista verso Beethoven, ammirato per la sua grandezza: seppure eseguito nei concerti pubblici non venne mai usato nelle celebrazioni del Reich. Un altro compositore molto «ben visto» in quegli anni in Germania, Bruckner, certamente non nazista in quanto morto nel 1896. Comunque il 21 marzo 1943, durante la «Giornata della commemorazione degli eroi» a Berlino viene suonata una registrazione del primo movimento della settima Sinfonia di questo musicista. E Hitler appare come in una sorta di trance; lui che – si dice – fosse un intenditore di musica classica. Intenditore pronto comunque a negare, perseguitare, cancellare. L’altra faccia della medaglia.

Tra gli oppressi dai nazisti, oltre l’austriaco Eisler (costretto a fuggire negli Stati Uniti) e Schuldoff (a un certo punto arrestato e mandato a morire nel campo di concentramento di Wülzburg), la lista è davvero lunga riguardo ai nomi e alle opere considerate dalla Germania di quegli anni come «degenerati», la cosiddetta Entartete Musik. La furia si scatenò subito: compositori ebrei come Felix Mendelssohn e Gustav Mahler vennero denigrati e condannati. A Lipsia una statua in bronzo di Mendelssohn venne rimossa. Il regime commissionò opere per sostituire le sue musiche di scena per «Sogno di una notte di mezza estate ». Nel mirino finirono personaggi come Kurt Weill, Viktor Ullmann e Pavel Haas solo per dirne qualcun altro. Nomi e musiche collegati all’enorme e pesante capitolo della musica e l’Olocausto. Quelle composizioni che furono scritte nei ghetti, nei lager, negli accampamenti, in clandestinità. A causa dell’appartenenza razziale, a causa della pelle e dell’etnia, a causa delle posizioni politiche. Banditi da Berlino generi (de-generi) come il jazz, la dissonanza nella composizione, l’anti-conformismo. Tanti Maestri si diedero alla fuga, sia dalla Germania sia dall’Italia. Si ricordano tra i tanti il pianista Arthur Rubinstein, il compositore Mario Castelnuovo-Tedesco, e ancora Erich Itor Kahn e Vittorio Rieti. Scampati al terribile destino di una vita e di una musica dietro al filo spinato. Come nel campo Theresienstadt. I compositori e musicisti imprigionati proseguirono fin quando loro possibile l’attività di composizione ed esecuzione delle loro opere o di opere di repertorio. Un concerto all’inferno.

IL GIORNALE

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