Il “viaggio senza ritorno” della Shoah: sguardi e parole dei testimoni per non dimenticare

Dal rastrellamento nel ghetto di Roma il 16 ottobre 1943 al binario 21 della stazione di Milano (che oggi ospita il Memoriale) al campo di sterminio di Auschwitz- Birkenau, Angela ricostruisce come furono cancellate sei milioni di vite.

Un documento che, con l’avvicinarsi del Giorno della memoria, Repubblica propone in dvd da oggi in edicola (a 12,90 euro in più). La puntata fu trasmessa su RaiUno il 13 ottobre scorso, per il 75esimo anniversario della deportazione degli ebrei di Roma. Un sabato sera da vero servizio pubblico, ci sono quasi 4 milioni di spettatori disposti all’ascolto, moltissimi giovani.

I versi della poetessa Wislawa Szymborska («Lo dicono cieco, ma l’odio ha la vista acuta di un cecchino»), la frase di Primo Levi («È accaduto, quindi può accadere di nuovo»), le lacrime di Modiano per la sorella stremata a cui tira una fetta di pane.

Il dolore indicibile che diventa parola. Sui social rimbalzano la commozione, lo sgomento, la vergogna. «Molti non conoscono le leggi razziali, cosa voglia dire essere considerati diversi» dice Angela. «Abbiamo deciso di parlarne cercando di essere presenti in quei minuti, in quei luoghi». I calci, le urla. Oggi a Roma davanti alle case dove i tedeschi rastrellarono 1023 persone (solo sedici sopravvissuti), c’è una pietra d’inciampo, per ricordare chi non è tornato.

Emanuele Di Porto è già sul camion delle SS, ma si salva perché la madre lo spinge fuori. Non la rivedrà più. Rimasto solo, sale sul tram. «Sono ebreo» dice al bigliettaio che gli dà un pezzo di pane. Mario Mieli deve la vita alla sconosciuta che lo prende in braccio, Gabriele Sonnino ricorda il lattaio che strappa dalle mani di un tedesco la sorellina. Achille Costaguti apre la porta vestito da gerarca, giurando che non avrebbe mai nascosto ebrei: nascondeva sedici famiglie. Angela racconta l’eroismo «e il lato oscuro». Nando Tagliacozzo spiega come il padre fu tradito da un amico. Liliana Segre ricorda il viaggio sui vagoni blindati. «Non c’era luce né acqua, solo un secchio per i nostri bisogni. Erano giornate fatte di pianti, preghiere. E il silenzio di quando si sta per morire. Nessuno di noi sapeva cosa fosse Auschwitz». Angela ci guida nel campo di sterminio, spiega come funzionavano le camere a gas, i forni crematori. Viaggio senza ritorno si conclude a Berlino, allo Jüdisches Museum e al Memoriale dell’Olocausto.

«Dalla ex Jugoslavia al Ruanda i genocidi hanno continuato a esistere» spiega «Ricordare è un vaccino, significa creare anticorpi affinché non accada mai più». Il 27 gennaio 1945 nei lager entrano le truppe sovietiche. Intorno al 20 Liliana Segre «operaia schiava nella fabbrica di munizioni Union», capisce che sta succedendo qualcosa. La fabbrica chiude. Comincia con 58mila prigionieri “la marcia della morte”, chi cadeva veniva ucciso. «Ma quelli che hanno diritto di vita e di morte si spogliano e si mettono in borghese, hanno quasi paura di te» ricorda la senatrice.

«Io, una ragazzina di 14 anni che aveva sofferto, odiato, pensato per tanto tempo di vendicarsi, vedo il comandante dell’ultimo campo che torna dai suoi bambini. Non era successo niente. A lui no. Un desiderio fortissimo di vendetta mi fa pensare: “Raccolgo questa pistola e lo uccido”. Il giusto finale. Fu un attimo in cui capii che non ero come il mio assassino, ero diversa in tutto. Non avrei mai potuto uccidere. Per fortuna non raccolsi la pistola e da quel momento sono una donna libera. Ma questi ricordi davanti alla macchina da presa, da vecchia signora di 88 anni che è stata moglie, mamma e oggi è felice nonna, sono stati segreti dentro di me. Perché per 45 anni non ho avuto la forza di raccontare».

REP.IT



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