“Ma io con Silvio non torno”

In un gioco di spin, desideri e convinzioni, addirittura c’è chi, a corte, fissa la data del 15 gennaio come giorno dell’Incidente, dando per certo che il Cavaliere, al Senato, ne ha già una decina in tasca, informazione che sembra essere giunta anche a Giorgetti. E, a quel punto, sempre per seguire il filo dei desideri, alla Camera, dove ne servirebbero una cinquantina inizia una caccia grossa, di parlamentari al secondo mandato che non vogliono tornare a casa, gente che guadagnava mille euro e ora ne guadagna dieci volte tanto. Da quando non c’è più Denis Verdini queste operazioni vanno a rilento, però c’è qualcuno che dalle parti di palazzo Grazioli ha monitorato i redditi di prima e dopo dei parlamentari pentastellati, con metodo scientifico. C’è gente che non pagherebbe più i mutui, parecchi dei quali contratti alla Banca della Camera, chi tornerebbe a stipendi da ventimila euro l’anno, potenzialmente “gente disposta a qualunque cosa pur di non tornare indietro”.

Ecco: come potrebbe Mattarella, dopo un’operazione di tale perfezione e professionalità, negare a Salvini un mandato per un governo con Berlusconi, i novelli Razzi e Scilipoti e Giorgia Meloni? Come è noto le voci corrono e anche chi è di casa al Quirinale ha raccolto la sensazione che non solo Salvini è estraneo all’operazione. Ma è assolutamente contrario a fare oggi ciò che non volle fare a marzo. Perché la verità è che l’incarico per sé non lo ha mai chiesto con convinzione, già allora poco convinto dell’idea di andare al governo con Berlusconi. Figurarsi ora, a seguito di una operazione da codice penale. La verità è esattamente l’opposto. E cioè che se qualcuno vuole sapere quando si potrà mettere fine alla legislatura, la risposta è: “Quando Matteo avrà finito di prosciugare Berlusconi, perché tra i piedi non lo vuole”. E, alle elezioni, si presenterà da solo, o al massimo in un cartello con la Meloni. Punto. Si capisce perché, proprio in questo agitato post manovra sta facendo sbollire la pressione dei suoi, che chiedono, ormai quotidianamente: “Come facciamo ad andare avanti col cuore produttivo del nostro mondo che non ne può più?”. Insofferenti per una manovra di spesa, ancor più insofferenti per il reddito, gli imprenditori ricevuti al Viminale stanno pensando a un’altra manifestazione a metà gennaio. Perché è vero quel che ha detto il vecchio Silvio ai suoi senatori: “Ho parlato con Zaia e Fontana e non ne possono più”. Anche Salvini lo sa, perché li sente pressoché quotidianamente, però ha deciso di giocare tutt’altra partita.

E non è un caso che ancora non ha dato il via libera i candidati per le regionali, dove le liste vanno chiuse a inizio gennaio, mentre in Abruzzo i grillini sono già in campo: “A che gioco gioca, Matteo? Sulle regioni sta dando ossigeno a Di Maio” si chiedono a palazzo Grazioli. Basterebbero dieci senatori per costringerlo a fare ciò che non vuole. In fondo, anche un pezzo del suo mondo sarebbe contento…

L’HUFFPOST

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