Borsa, Milano sale ancora con le utility. L’Europa chiude in stallo

La Bce conferma la fine del Qe a dicembre, tassi a livelli attuali fino a 2019
Come atteso dagli analisti, la Bce ha confermato la fine del Qe a dicembre ma ha mantenuto la politica monetaria accomodante ovvero tassi bassi ancora a lungo e il reinvestimento nei titoli acquistati che giungono a scadenza. Nel dettaglio, Francoforte ha detto che i tassi resteranno su livelli pari a quelli attuali «almeno fino all’estate del 2019» e in ogni caso «finché sarà necessario per assicurare che
l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine».

Crollo dei tassi BTp a 2 anni: siamo allo 0,45%, sui minimi da maggio

Per quanto riguarda il quantitative easing, confermata la fine degli acquisti netti allo scadere dell’anno, mentre cambia la forumla usata dal Consiglio circa la politica di reinvestimenti, che procederanno «a lungo anche dopo l’aumento dei tassi e in ogni caso finché sarà necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario».

Draghi, aumentano rischi per incertezze geopolitiche

«I dati più recenti indicano una crescita piu’ lenta nei mesi a venire», ha sottolineato il presidente della Bce Mario Draghi in conferenza stampa a Francoforte sottolineando come se la formula del consiglio direttivo rimane che «i rischi rimangono ampiamente bilanciati, dall’altra parte aumentano i
rischi al ribasso a causa della persistenza delle incertezze legate ai fattori geopolitici, la minaccia del protezionismo, le vulnerabilita’ dei mercati emergenti e la volatilità dei mercati emergenti». Draghi ha anche chiarito che
«il Qe fa ormai parte integrante della nostra cassetta attrezzi. E’ permanente», esprimendo soddisfazione per la sentenza della Corte europea che ha
ritenuto pienamente legittimo lo strumento introdotto dalla Bce nel marzo del 2015.

Sterlina in rafforzamento, euro poco mosso dopo la Bce
Sterlina in rialzo contro euro e dollaro dopo il voto positivo per la premier Theresa May. La divisa britannica ha iniziato a salire già ieri quando sono emersi segnali che la maggioranza dei parlamentari aveva promesso il sostegno al primo ministro Theresa May nel voto di fiducia di ieri. Alla fine, il colpo guidato dagli estremisti della Brexit, è stato sconfitto e la sterlina ha guadagnato oltre l’1% contro il dollaro. «La sopravvivenza politica di Mrs May riduce le possibilità di un ‘Hard Brexit’ e i mercati sono stati pronti a valutare questa situazione. Tuttavia, circa un terzo dei parlamentari Tory ha votato contro il Primo Ministro e questo può essere dannoso per il suo futuro, rappresentando un ulteriore rischio al ribasso per la sterlina », commenta Ricardo Evangelista di ActivTrades. Poco mosso l’euro, dopo le decisioni – attese – della Bce. Ancora in calo il petrolio, all’indomani del crollo del gas naturale Usa (-6%), sulle attese di un dicembre meno rigido del previsto. Il Wti già ieri è sceso più del Brent, dopo che i dati sulle scorte usa hanno evidenziato un calo delle scorte inferiore alle attese.

Negli States frenano i prezzi import, giù anche richieste disoccupazione
Negli Stati Uniti sono calate le richieste alla disoccupazione, come non succedeva dal 2015. Nel dettaglio le richieste sono calate di 27mila unità nei sette giorni conclusi l’8 dicembre scorso, attestandosi a 206.000 unità, appena sopra i minimi di 49 anni fa toccati lo scorso settembre. La media delle ultime quattro settimane, un dato più indicativo e meno volatile, è calata di 3.750 a 224.750 unità.. Oggi è inoltre emerso che i prezzi all’importazione negli Stati Uniti sono calati a novembre più di quanto atteso dagli analisti, ossia dell’1,6% rispetto a ottobre, contro attese per un calo dell’1,1%. E’ stato il calo mensile maggiore dall’agosto 2015. Su base annuale, ovvero rispetto al novembre 2017, il dato è in rialzo dello 0,7%, l’incremento annuale più contenuto dal novembre 2016.

(Il Sole 24 Ore Radiocor)

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