Manovra, il «condono» divide il governo

È durato quasi tre ore, e non è stato risolutivo, il vertice di governo sulla prossima legge di Bilancio. Il premier Giuseppe Conte, i due vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i titolari dell’Economia, Giovanni Tria e degli Affari Ue, Paolo Savona, torneranno a riunirsi nei prossimi giorni per mettere a punto i numeri della manovra, sui quali ancora non c’è accordo. Al termine i protagonisti hanno insistito sui tagli agli sprechi, segno che bisogna trovare risorse per finanziare le tante richieste di Lega e 5 Stelle. «Il vertice — dice Conte — si è svolto in totale armonia ed è emerso l’obiettivo condiviso di provvedere ad una profonda revisione della spesa, volta a massimizzarne l’efficienza attraverso il taglio degli sprechi». Quello che sarà il rapporto tra il deficit e il prodotto interno lordo del 2019 «sarà l’ultima cosa che saprete», aveva detto lo stesso Conte ai giornalisti prima del vertice, ricordando che la manovra si occuperà anche di sanità.

Il ministro Giulia Grillo, in particolare, chiede un intervento per ridurre la spesa a carico dei cittadini, con la revisione dei ticket, e maggiori risorse per i contratti di lavoro. Il ministro dell’Economia, Tria, è intenzionato a tenere l’obiettivo di deficit del prossimo anno intorno all’1,6%. Un valore che consentirebbe una riduzione del rapporto debito/Pil ma anche una leggerissima riduzione del deficit rispetto a quest’anno. Lega e M5S, tuttavia, continuano a premere perché l’asticella sia fissata a un livello più alto, vicino al 2%.

«Rispetteremo gli impegni con gli italiani su tasse, pensioni, reddito di cittadinanza e maggiori posti di lavoro. Gli esperti sono al lavoro per recuperare sprechi ma soprattutto per assicurare riforme coraggiose», ha detto Salvini dopo il vertice. «Le scelte sulla legge di Bilancio devono essere coraggiose — ha commentato Di Maio —. La mia posizione è ferma: vanno tagliati tutti gli sprechi, tutti i rami secchi».

Ma sulle cose da fare Lega e M5S continuano a duellare a distanza. La «pace fiscale» della Lega continua a creare imbarazzi tra i grillini, mentre nel Carroccio si punta il dito sul reddito di cittadinanza, che secondo Carlo Sibilia (M5S) dovrebbe partire se non a gennaio almeno a marzo del 2019, e l’adeguamento delle pensioni minime a 780 euro. «Il M5S non voterà nessun condono. Non sto dicendo che la Lega voglia fare questo però, per quelli che sono i nostri valori, deve essere ben chiaro», dice Di Maio, sottolineando che «dobbiamo premiare le fasce deboli della popolazione non chi si è portato i soldi all’estero e vuole farli rientrare».

«Per tutte le definizioni internazionali, quando lo Stato cancella qualcosa che il contribuente deve pagare, è un condono» precisa l’economista Carlo Cottarelli, secondo il quale un deficit pubblico all’1,6% è un obiettivo accettabile, che «non causerebbe una reazione eccessiva dei mercati», anche se «è dura arrivarci inserendo la flat tax, il reddito di cittadinanza, una riforma delle pensioni » e la sterilizzazione degli aumenti dell’Iva.

CORRIERE.IT
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