Vittorio Feltri scrive al figlio Mattia: “Ricordi chi ha pagato quando rubava la sinistra?”

di Vittorio Feltri

Capita a molti di avere figli. È capitato anche a me. Uno di essi fa il mio stesso mestiere, si chiama Mattia ed è bravissimo, lo leggo sempre volentieri sulla Stampa di Torino, quotidiano prestigioso, di cui egli è editorialista. E ieri ha vergato un articolo di fondo interessante intitolato: «Il populismo va all’ assalto dei giudici». Io non correggo nessuno eccetto me stesso, quindi non intendo fare il maestrino neanche col mio illustre erede. Mi limito a ricordargli qualcosa.

Per esempio che il populismo fu un movimento russo nato alla fine dell’ Ottocento, considerato il padre del comunismo. Quindi non capisco che grado di parentela ci possa essere tra Salvini e l’ ideologia di due secoli fa. Inoltre rammento al mio discendente che ha scritto un libro importante per denunciare le malefatte della magistratura ai tempi di Tangentopoli, durante i quali i partiti rubavano a mani basse. Giusto rimproverare le toghe dell’ epoca, ma fino a un certo punto, dato che i furti erano all’ ordine del giorno.

Oggi chissà perché Salvini se si incavola con i pm che lo perseguono è giudicato uno che vuole abbattere le istituzioni e passeggiare sulle ceneri della Costituzione, che peraltro fa schifo. Il mio figliolo è colto e intelligente, però talvolta sbadato. Si è scordato che la responsabilità penale è personale. Il blocco della Diciotti (un refuso) è stato deciso dal governo, le cui responsabilità sono collegiali, mentre i geni della giustizia hanno incriminato solo il padrone del Viminale. Perché? Un eccesso di antipatia? Credo sia lecito avere dei sospetti in questo senso. Gli immigrati arrivano qui in massa e noi li dobbiamo ospitare pagandone le spese.

Se Salvini tenta di arginare l’ invasione viene condannato anziché applaudito. Gli oneri del mantenimento dei profughi sono a carico dei cittadini, sempre più irritati non coi presunti populisti.

E veniamo alle ruberie nella Lega. Roba vecchia. Bossi ebbe un ictus e le redini della baracca furono affidate a un tesoriere, tale Belsito. Il quale pare ne abbia combinate di ogni colore, dissipando una ricchezza. Che colpa ne ha il prode Matteo? Nessuna. Ma la pubblica accusa se la prende con lui perché , ridendo e scherzando, il suo movimento ha il record dei consensi.
Siamo tutti autorizzati a pensare che il desiderio che muove i giudici sia di natura politica: uccidere l’ uomo che miete voti e si è impadronito del pallino romano. Il dubbio è rafforzato da una constatazione. Alcuni anni orsono la Margherita di Francesco Rutelli fu saccheggiata dal proprio tesoriere, Lusi, che si intascò uno svariato numero di milioni. Inchiesta. Il furbacchione, in base al principio che la responsabilità penale è personale, come abbiamo citato sopra, venne condannato. Ma a Rutelli non fu torto un capello, giustamente. Si colpisce il ladro e non il derubato. Con Salvini questo elementare concetto è stato ribaltato. Belsito ha grattato? Prendiamocela con Il ministro dell’ Interno e diciamo pure che egli è una minaccia per la democrazia.
Mattia, come la maggioranza degli scribi di lusso, ha le sue idee e io gliele lascio . Però alle mie banali osservazioni farebbe meglio a dare un’ occhiata. Se i magistrati picchiano con Mani pulite sono stronzi e se menano sul groppone dei leghisti sono pugili rispettabili. Qualcosa non quadra.

LIBERO.IT

 

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