Spread a 280, tassi al 3%, banche nel mirino: spia rossa per il governo

nicola lillo
roma

La spia rossa per il governo si è definitivamente accesa. Nella prima seduta della settimana di Ferragosto, Piazza Affari ha chiuso in calo proseguendo i ribassi dello scorso venerdì, complice anche la crisi finanziaria in Turchia. Ma è la pressione sui titoli di Stato italiani a far paura: lo spread, il differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi, chiude a quota 278.8 punti, dopo aver superato i 280, ai massimi dalla fase di instabilità di fine maggio, quando le difficili consultazioni politiche avevano messo in luce il rischio di una crisi oltreché politica soprattutto economica. Oltre a questo si registra che l’asta per i Bot annuali per 600 milioni di euro è andata deserta (dal Tesoro spiegano però che non si tratterebbe di un elemento preoccupante).

I timori insomma di alcuni membri in vista del governo, a partire dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, si stanno materializzando: agosto non sarà un mese affatto facile per i nostri mercati. Mentre si avvicina il momento della presentazione della legge di Bilancio e delle valutazioni delle agenzie di rating a partire dal 31 agosto, quando lo spread potrebbe schizzare pericolosamente all’insù.

Giù le Borse

Il listino milanese comunque è riuscito a limitare i danni e a terminare lontano dai minimi di giornata grazie all’andamento positivo di Wall Street. Dopo aver toccato un minimo a 20.886, l’indice Ftse Mib ha recuperato e sul finale ha segnato un ribasso dello 0,58% a 20.969 punti. A cedere sono anche le altre piazze europee. Al termine degli scambi Londra perde lo 0,32% e Francoforte lo 0,53%, Parigi invece archivia la seduta poco sotto alla parità. A soffrire di più comunque è proprio Piazza Affari, portata in basso in primo luogo dalle banche. Monte dei Paschi ha concluso in calo del 3,8% al nuovo minimo di 2,22 euro, Banco Bpm del 3%, Ubi del 2,8% e Unicredit, anche sospesa in asta di volatilità, in perdita del 2,5% a 13,4 euro. Su quest’ultima pesano i timori per la forte esposizione in Turchia.

 

In tutto gli istituti di credito del nostro Paese hanno un’esposizione verso Ankara di quasi 17 miliardi. In Europa al primo posto c’è però la Spagna, con ben 84 miliardi di dollari, seguita da Francia (37 miliardi) e Gran Bretagna (18,8 miliardi).

 

La crisi della lira turca comunque ha avuto effetto non solo in Europa, ma anche in altre parti del mondo. A pagare il conto più salato – nonostante la Banca centrale turca abbia assicurato che erogherà tutta la liquidità di cui hanno bisogno gli istituti di credito – sono stati i mercati asiatici, con Tokyo che ha chiuso in perdita dell’1,98%, Hong Kong dell’1,6% e Seul a -1,5%.

 

L’allarme spread

Ciò che impensierisce più di tutto comunque è il livello dello spread, salito ai massimi da maggio. Oggi con le incertezze in vista di una complessa manovra economica – con da un lato la linea prudente del ministro dell’Economia Giovanni Tria e dall’altro i due vicepremier che spingono per fare più deficit andando allo scontro con Bruxelles – tutto può succedere. Lo spiega bene una nota di Bank of America – Merrill Lynch, secondo cui l’attuale livello di Spread tra Btp e Bund decennali è «transitorio» ed «entro dicembre o si restringerà verso quota 170 punti» oppure «schizzerà verso 400». A decidere dove penderà l’ago della bilancia è chiaramente la manovra e il deficit che il governo vorrà mettere nero su bianco nella Finanziaria. Il problema però è che la prima legge di Bilancio del governo giallo-verde cade in un momento delicato, con la fine del programma di Quantitative easing della Bce. Una situazione che rende ancora più incerta la tenuta dei nostri conti, a causa soprattutto del secondo debito pubblico più grande d’Europa, il cui costo potrebbe presto prendere il volo.

LA STAMPA

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