Di Maio presenta la squadra: “Vedremo chi riderà lunedì”

federico capurso
roma

«Forse è finita l’epoca del vaffa», dice Beppe Grillo da Genova, con la nostalgia legata a ricordi lontani. Ma Luigi Di Maio quel «forse» lo recide di netto, portando sotto i riflettori del salone delle Fontane, a Roma, la squadra di governo del suo Movimento 5 stelle. Con lui c’è anche Davide Casaleggio, che però rimane da solo, dietro il palco, ad ascoltare nell’ombra le presentazioni dei 17 candidati ministri. Così, si completa la fotografia del nuovo Movimento, sempre più nelle mani del capo politico Di Maio, con alle spalle l’azienda che creò il mondo pentastellato, e sempre più distante dai «vaffa» di Grillo, il padre fondatore auto-esiliato nel suo blog, nella sua Genova, nei suoi teatri.

Non c’è più spazio per il dubbio. L’era del vaffa è finita «perché per realizzare davvero le cose si deve andare al governo», spiega Di Maio, e «vedremo chi riderà lunedì», ribatte agli attacchi degli altri partiti. Con la stessa sicurezza, il leader affronta le prospettive di un governo di coalizione: «Non dovrò fare nessun passo indietro come candidato premier perché avremo il 40 per cento delle preferenze».

 

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Pesano come macigni invece le incertezze dei candidati ministri di un governo ipotetico. Dal microfono echeggiano i «forse», gli «speriamo», i «se». Di politici, d’altronde, nella futuribile squadra ce ne sono pochi, solo due. Sono i fedelissimi del leader: il deputato Riccardo Fraccaro, scelto come ministro per i Rapporti con il Parlamento, gli affari regionali e la democrazia diretta, e il deputato Alfonso Bonafede, indicato come Guardasigilli. Poche anche le donne, cinque, ma posizionate in ruoli chiave. Candidata alla Farnesina c’è Emanuela Del Re, professoressa di Sociologia politica all’università telematica UniCusano, mentre la criminologa Paola Giannetakis coprirebbe un’altra casella importante, quella del ministero dell’Interno. Nel discorso inaugurale sono già forti i toni con cui Giannetakis definisce la questione migratoria: «Un costante stato di emergenza che deriva da criticità che spesso provengono da fuori. Criticità che impattano la società, creano disagio sociale e instabilità». Altro ministero di peso, la Difesa, va a Elisabetta Trenta, docente universitaria della Link Campus University. Già nota da giorni la destinazione di Alessandra Pesce all’Agricoltura, mentre inedito è il nome indicato per il nuovo ministero per la Qualità della vita e lo sviluppo sostenibile, la professoressa Filomena Maggino, docente di Statistica sociale all’università La Sapienza di Roma, chiamata ad affrontare quello che Di Maio definisce «un pilastro fondante del nostro programma».

 

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Si è formata, poi, un’inedita triade, composta dai titolari dei dicasteri che ruotano intorno alle ricette economiche pentastellate: Pasquale Tridico (Lavoro), Lorenzo Fioramonti (Sviluppo Economico) e Andrea Roventini (Economia). I tre professori universitari già annunciano «un lavoro in sinergia costante», e il primo punto da presentare nella prima seduta del Consiglio dei ministri «il reddito di cittadinanza». Scongiurata definitivamente l’idea di uscire dall’Euro, assicura Roventini, uno degli uomini su cui Di Maio punta di più per scacciare le accuse di incompetenza che il Movimento si trascina dietro da anni.

Il professore e avvocato civilista Giuseppe Conte andrà alla Pubblica amministrazione, la deburocratizzazione e la meritocrazia, con l’obiettivo primario di tagliare almeno 400 leggi. Sul palco salgono i già noti Domenico Fioravanti allo Sport e Sergio Costa all’Ambiente, e al loro fianco si siedono tre nomi nuovi: Mauro Coltorti professore per il ministero delle Infrastrutture, Armando Bartolazzi per la Sanità, e il dirigente scolastico Salvatore Giuliano all’Istruzione. Il direttore dell’istituto di moda e design Naba di Milano, Alberto Bonisoli, infine, alla Cultura, anche se il suo ministero, che comprende il Turismo, nelle intenzioni del Movimento, una volta al governo, verrà scorporato.

Nessun «governo ombra», nessun «governo di tecnici», puntualizza Di Maio. Dietro di lui, però, sul palco, c’è una realtà fatta di quindici uomini della società civile, candidati ministri di un governo che forse mai si farà.

LA STAMPA

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