La nuova strategia di Grasso: “Ci vuole un leader che decide”

andrea carugati
roma
 

L’incontro faccia a faccia, sabato. Pietro Grasso ha consegnato al presidente del Lazio Nicola Zingaretti il documento con le tante richieste partorite dall’assemblea romana di Liberi e uguali. Ieri il governatore ha detto sì. Ci sono ancora parecchi dettagli da limare, ma la sostanza è che LeU correrà a fianco di Zingaretti alle regionali del 4 marzo. «Ci sono tutte le condizioni per costruire un’alleanza di sinistra», spiega Grasso, che ha apprezzato il sì di Zingaretti su alcuni punti chiave come assunzione dei precari nella sanità, stop a nuovi inceneritori, trasporto su ferro, reddito minimo per chi perde il lavoro. «C’è anche l’impegno, se il Consiglio di Stato a primavera dovesse bocciare l’autostrada Roma-Latina, a rivedere quel progetto già finanziato dal Cipe e appaltato a favore di una metropolitana di superficie», spiega Piero Latino, coordinatore di Mdp nel Lazio. Il governatore si definisce «contento» per la nascita di un «nuovo centrosinistra». «I prossimi – assicura – saranno 5 anni di svolta». A sinistra però si apre una crepa: Possibile, il gruppo che fa riferimento a Pippo Civati, si chiama fuori dall’intesa nel Lazio: «Rispettiamo la decisione, ma vista la contrarietà della nostra base non esprimeremo candidati nella lista di LeU».
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È il primo accordo che porta la firma di Pietro Grasso. Che in mattinata incontra alcune associazioni di volontariato nel quartiere romano della Garbatella. E ribadisce, dopo il botta e risposta con Laura Boldrini sulla possibile alleanza col M5S (la presidente della Camera si è detta contraria), che la decisione finale toccherà a lui: «Nessuno screzio con Laura. È normale che ci sia una pluralità di idee, io ascolto tutti, poi rifletto, poi qualcuno che prenda la decisione finale ci deve essere», spiega il presidente del Senato, in giro per il quartiere con jeans, scarpe sportive e giaccone di renna.

 

Grasso appare sempre più intenzionato a esercitare la sua leadership da qui alle elezioni. E anche dopo, se il risultato di LeU consentirà al progetto di andare avanti. Nei giorni scorsi ha fatto capire ai big come Bersani e D’Alema che gradirebbe un loro passo di lato, almeno a livello mediatico, durante la campagna elettorale. Non certo un minore impegno nei rispettivi collegi. D’Alema da settimane gira in lungo e in largo il Salento e così farà Bersani una volta che si sarà deciso in quale collegio emiliano correrà. Ma Grasso ci tiene che passi un messaggio, soprattutto sulle tv: LeU è un progetto nuovo e il leader sono io. Un modo, spiegano, per puntare a un elettorato giovanile che non gradisce i vecchi leader politici. Una linea che non ha trovato particolari resistenze nei due leader, consapevoli che Grasso, volto relativamente nuovo sulla scena politica, può rappresentare un valore aggiunto. «Un uomo abituato al comando», ha detto di lui D’Alema prima di Natale. E così Grasso si sta muovendo. Tanto da prendersi ieri il rimbrotto di Laura Boldrini, che studia sempre più da numero due della nuova formazione: «Ha fatto bene oggi il presidente Grasso a sottolineare il carattere pluralistico della nostra formazione. Sarebbe del resto paradossale se LeU volesse riprodurre quelle forme di gestione personalistica che critichiamo in altre forze politiche». Pace fatta, dunque? Non proprio. Meglio parlare di una tregua.

 

L’accordo tra Grasso e Zingaretti apre una frattura nella già fragile coalizione attorno al Pd nazionale. LeU infatti ha chiesto al governatore di escludere dalla coalizione gli esponenti della lista di Beatrice Lorenzin. «Non vogliamo trasformisti, neppure nascosti dentro le liste civiche», il diktat di Paolo Cento. Zingaretti ha escluso la presenza di una lista Lorenzin nella sua alleanza per le regionali, e lo stop ha irritato i centristi a livello nazionale. Lorenzo Dellai, fondatore della lista con il ministro della Salute, è furioso. Definisce «surreale» la vicenda e arriva a mettere in discussione l’alleanza col Pd alle politiche: «Per noi ora si aprono pesanti ed insuperabili questioni politiche, non siano una lista civetta “à la carte”». I centristi ora aspettano un «segnale di chiarezza dal Pd». Al Nazareno non si percepisce particolare preoccupazione: «Nessun rischio, si risolve tutto», ragionano fonti dem.

LA STAMPA

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