I costi della politica e il tesoro americano dell’elettricista

«Il nostro lavoro richiede una elevata professionalità. Come tutte le cose pregiate, come una Porsche, ha un costo», spiegò tre anni fa una sindacalista dei dipendenti parlamentari. Sarà… Ma possibile che un elettricista di Montecitorio possa prendere più soldi dei principali collaboratori di Trump? Eppure questo dicono i numeri. Con il ritorno dal 1° gennaio alle buste-paga precedenti ai tagli voluti da Matteo Renzi tra cui il famoso tetto dei 240.000 euro (peraltro superiore di 9 mila euro allo stipendio di Angela Merkel) par di capire che ad esempio lo stipendio di un «collaboratore tecnico» (informatico, elettricista…) al massimo dell’anzianità dovrebbe tornare a 152.663 euro.

Tremila abbondanti in più di quanto guadagnano i più stretti collaboratori del presidente americano: al cambio di oggi 149.093. C’è chi dirà, ed è vero, che storicamente gli stipendi dei massimi dirigenti della Casa Bianca sono contenuti perché poi, chiusa l’esperienza, chi torna sul mercato ha un tale bagaglio di credito e di conoscenze da trovare in fretta una nuova collocazione e rifarsi velocemente dei soldi cui aveva rinunciato per stare nella stanza dei bottoni. Resta il fatto, comunque, che quella ventina di persone ai vertici dello staff dell’uomo più potente del mondo guadagna al massimo 179.700 dollari l’anno.

Ex braccio destro di «The Donald»

Quello prende la fidatissima consigliera Kellyanne Conway, quello l’assistente personale e «director of social media» Daniel Scavino, quello il direttore degli affari legislativi Marc Short… E quello prendevano l’ex braccio destro di «The Donald», il capo di gabinetto Reinhold «Reince» Priebus, protagonista della vittoriosa campagna elettorale ma fatto fuori dopo pochi mesi. E così l’ex stratega ultraconservatore Steve Bannon, il direttore di «Breitbart News» oggi in rotta col presidente che l’aveva scelto tra mille polemiche come Consigliere anziano. Tutti 179.700 dollari. Poco più, come dicevamo, di 149.000 euro. Per carità, Paesi diversi, situazioni diverse, ruoli diversi. E vogliamo prendere per buona perfino l’affermazione sulla «elevata professionalità» di Anna Danzi, la delegata sindacale dei dipendenti delle Camere che chiuse il ragionamento spiegando seria seria a Tommaso Ciriaco che quando vuoi il massimo questo massimo lo devi pagare: «Nessuno si stupisce se costa di più un diamante di una pietra di scarso pregio». Sic…

Un commesso o un barbiere

Ma insistiamo: è mai possibile che un commesso o un barbiere, fossero anche il meglio del meglio nelle loro rispettive categorie, possono prendere al massimo della carriera 136.120 euro e cioè solo 19.000 meno del Capo di gabinetto della White House? Che un ragioniere o un documentarista anziano della Camera, se davvero non ci sarà alcun intervento calmieratore, impossibile dopo lo scioglimento delle Camere e l’apertura della campagna elettorale, possano tornare a una busta paga di 237.990 euro e cioè 88.897 più di quanto prende il direttore degli affari legislativi al numero 1600 della Pennsylvania Avenue? O che addirittura una sessantina di consiglieri parlamentari possono sfondare il defunto tetto di 240.000 euro per arrivare fino a 358.001. Cioè 209 mila oltre la massima indennità alla White House?

Prima fascia

Lo stesso commissario (sconfitto) alla spending review Carlo Cottarelli aveva scritto nel suo rapporto che i dirigenti pubblici di prima fascia guadagnano in Gran Bretagna 5,59 volte più dello stipendio medio britannico, in Francia 5,21 volte più dello stipendio medio francese, in Germania 4,27 volte più dello stipendio medio tedesco, in Italia 10,17 volte più dello stipendio medio italiano. Il doppio dei loro colleghi europei. Ma questo è il punto: in certi settori non è cambiato niente. Né il futuro riserva svolte epocali. Avevano un sacco di tempo, deputati e senatori, per trovare con i dipendenti dei due rami del Parlamento un compromesso sensato sugli stipendi (e non parliamo delle pensioni: per ogni euro che entra di contributi ne escono tre e mezzo) che tenesse conto da una parte di alcuni diritti acquisiti (spesso abnormi) e dall’altra di un riequilibrio obbligatorio in un Paese che solo adesso comincia a vedere la fine del tunnel. Macché. E chi se ne importa della Casa Bianca…

CORRIERE.IT

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