Renzi ne parla con il sacerdote: “Vedrete, approveremo la legge”

francesca schianchi
roma
 

«Della legge sul biotestamento ho parlato con il mio don, il mio prof di religione, che è uno molto rigoroso, attento a sottolineare l’appartenenza alla dottrina: anche lui dice che, coi livelli raggiunti dalla scienza, impedire il fine vita rischia di essere anticristiano». A chi nei giorni scorsi gli ha chiesto un’opinione sul biotestamento, anche a interlocutori cattolici, il segretario del Pd Matteo Renzi ha risposto così. Ora, le parole di papa Francesco, quel richiamo a evitare cure «non proporzionali», vanno in direzione di quello di cui anche lui è convinto: «Sono d’accordo col Santo padre», ripete. Dinanzi ai tanti che – a partire dai senatori a vita – intervengono per chiedere che venga finalmente discussa la legge ferma al Senato, si dice sicuro parlando con i collaboratori: «Vedrete: la approveremo». Passato alla Camera in aprile con una strana maggioranza formata dai voti di Pd, Si, Mdp e M5S, da allora il provvedimento è fermo, arrivato nell’Aula del Senato senza mandato al relatore. «Il biotestamento è uno dei nostri obiettivi prioritari», garantisce oggi il capogruppo dem di Palazzo Madama, Luigi Zanda. Il problema sono i tempi: la legge di bilancio verrà licenziata dal Senato il 28 o 29 novembre, a quel punto ci sarà una ventina di giorni o giù di lì, durante i quali la manovra sarà alla Camera, disponibili per lavorare ad altro. Ma, oltre al testamento biologico, aspettano di essere approvati anche lo Ius soli e la modifica dei regolamenti parlamentari, per stare alle preferenze del gruppo di maggioranza, il Pd. Poco tempo per tutti quei provvedimenti. A meno che, ma questo ancora non si sa, le Camere non vengano sciolte dal Presidente della Repubblica a fine gennaio, regalando qualche altra settimana di lavoro.

 

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«Dobbiamo provarci – insiste però Zanda – dobbiamo tentare di approvare il testo così com’è, perché chi propone modifiche non vuole che venga approvato». A chiederle sono in primis gli alleati di governo di Ap, che non vedono nella posizione del pontefice nulla che determini un cambio di linea: «Quel testo va corretto, così non lo votiamo», insiste Maurizio Lupi; «la legge va migliorata», aggiunge la ministra Beatrice Lorenzin. Una chiusura che, ragionano nel Pd, rende difficile il ricorso alla fiducia, strumento a cui si è qualche volta pensato, panacea di tutti i mali quando bisogna superare un ostruzionismo-monstre e i tempi sono ristretti. Ma, appunto, difficile da praticare se una forza di maggioranza è contraria e, per di più, il tema è così delicato e discusso.

 

Difficoltà oggettive che però Renzi e chi gli è più vicino sono convinti si possano superare. «Alla Camera l’abbiamo approvata con numeri enormi – sottolinea Ettore Rosato, il capogruppo che lavorò per condurla in porto, ricordando i 326 voti a favore (37 i contrari e 4 gli astenuti) – dobbiamo tornare a quei numeri: le parole del Papa sono come coltello nel burro di una opinione pubblica che da tempo chiede quella legge». Basterà la pressione della società? Oltre alla corsa contro il tempo, a preoccupare i dem è anche la maggioranza inusuale. Perché sulla tenuta dei Cinque stelle, sul fatto che ripeteranno il voto a favore anche nel secondo ramo del Parlamento, al Senato non ci giurerebbero. «Siamo sicuri che non si rimangeranno la parola?», s’interroga Zanda, dopo che già sulle unioni civili il Pd si era illuso di potere contare sui loro voti e poi la trattativa è saltata. Un rischio che considerano ancora più alto a fine legislatura, quando l’imminenza della campagna elettorale potrebbe indurre l’opposizione a prendere le distanze dal Pd. Ma il punto vero per farcela è la volontà dei dem di calendarizzare in Aula e provarci. Una ventina di giorni sono pochi, ma non è impossibile: «Vedrete – sparge ottimismo Renzi – ce la faremo».

LA STAMPA

 

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