Minniti in sinagoga: “Combattere insieme chi uccide per Dio”

Dialogo sì ma vero e fra pari. Il messaggio della Giornata europea della cultura ebraica, dalla Comunità milanese viene declinato così: diventa un appello alla chiarezza di fronte alle minacce vecchie e nuove.

Questo appello, l’ospite più illustre della sinagoga milanese, il ministro dell’Interno Marco Minniti, lo raccoglie senza ipocrisie, promettendo una battaglia comune contro chi «uccide in nome di Dio».

Il tema della Giornata, celebrata in 81 città italiane (8 in Lombardia) è «La diaspora, identità e dialogo». Lo scenario è noto: un Paese alle prese coi fenomeni di epocali migrazioni e un’Europa sottoposta alla minaccia del terrorismo jihadista. Il presidente della Comunità ebraica milanese Raffaele Besso, dando il benvenuto nel tempo di via Della Guastalla, ricorda che «la Torah ci insegna che abbiano doveri verso lo straniero ma impone doveri dello straniero verso la società che lo accoglie, diritti e doveri reciproci». Accoglienza non indistinta insomma, e poi «dialogo fra pari, «non censurato» e vero rispetto come chiede magistralmente il rabbino capo Alfonso Arbib.

Diaspora è una delle parole chiavi dell’ebraismo, la cui storia è segnata dalla dispersione e da un carico di precarietà e tragedie. La diaspora è dispersione e anche «esilio» ricorda Arbib, indicando appunto le condizioni di un vero dialogo, che – avverte – non deve «cadere nelle trappole» della banalizzazione, del conformismo e delle reticenze. «Se la differenza arricchisce dobbiamo farla vedere» dice. Il dialogo non deve subire censure e deve essere realmente rispettoso. Il rispetto – questo il monito di Arbib – è «capire ciò che per gli altri è sacro». E nell’Unesco che nega il legame fra ebrei e luoghi santi di Gerusalemme «c’è assoluta mancanza di rispetto e negazione di ogni dialogo».

Dialogo insomma, ma non fino al punto di accogliere l’intolleranza nel cuore dell’Europa: «L’esperienza francese – spiega Davide Romano, assessore alla Cultura della Comunità ebraica – ci insegna molto in tema di integrazione: dal 2000 le comunità ebraiche segnalano il clima di intolleranza, inascoltate. Il prezzo di tale disattenzione è oggi sotto gli occhi di tutti. Come dice la Bibbia stessa – sottolinea Romano – il migrante va accolto, ma a sua volta deve accogliere le leggi del Paese che lo ospita».

La minaccia dell’antisemitismo è sempre in agguato. In un’Europa distratta lo ha clamorosamente denunciato il rabbino capo della Catalogna, Meir Bar-Hen dopo la strage islamista di Barcellona. La minaccia del terrorismo è ben presente al ministro Minniti, che, nel suo discorso in una sinagoga piena di autorità e cittadini, cita espressamente «il terrorismo internazionale e il radicalismo jihadista». «Se vogliamo combattere chi uccide nel nome di Dio – scandisce aprendo una Giornata che dice resterà nel mio cuore – bisogna non solo mettere in campo tutte le misure di sicurezza che spettano a un ministro dell’Interno, anche accettare la sfida ultima che si pone, che è morale, culturale e religiosa». E rivolto ai vertici dell’ebraismo milanese e italiano (era presente il vicepresidente dell’Ucei, il lombardo Giorgio Mortara), il ministro passa in rassegna quel tragico mix di «disinvoltura» e «consapevolezza criminale» che può generare nuove tragedie: «Impedirò piccoli e grandi sonni della ragione» assicura Minniti, da ministro e da uomo, sottolineando le «responsabilità incancellabili» che pesano nella storia d’Italia: «Sono qui oggi a chiedervi di condividere insieme questa sfida – scandisce il ministro – Per lungo tempo la religione è stata usata come un passe-partout verso l’irrazionalità. Noi dobbiamo cancellare questo pass-partout. Questo è cuore di una questione morale e culturale che diventa anche una questione di sicurezza».

IL GIORNALE

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