Sui vaccini il governo non trova ancora una mediazione

carlo bertini, paolo russo
roma

A tarda sera il governo ancora non trova una mediazione su un tema esplosivo come i vaccini: non si sa ancora se sarà un decreto o una modifica del Dpr 355 del 26 gennaio 1999 per rendere obbligatorie le vaccinazioni. E non si sa se dovranno essere obbligatorie da 0 a 6 anni per frequentare i nidi e le materne o fino a 10 anni anche per le elementari. Ma è deciso che a spingere i no-vax a vaccinare i propri figli non saranno le sanzioni economiche proposto dalla Titolare dell’Istruzione, Fedeli, ma l’obbligo di presentare i certificati vaccinali al momento dell’iscrizione a scuola, come caldeggiato dalla Lorenzin. Non si sa ancora se per le sole materne e il nido o, come chiede il Ministro della salute, per tutte le elementari. Il braccio di ferro tra le due ministre sarà sciolto solo venerdì mattina al consiglio dei ministri. Il premier è preoccupato per le ricadute di una questione di prima grandezza che già ha avuto un enorme impatto mediatico.

 Intanto si è deciso che l’obbligo di vaccinazione scatterà da subito, già con il prossimo anno scolastico. E chi ha già iscritto i propri figli a scuola dovrà presentare i certificati dell’avvenuta vaccinazione, altrimenti scatta il divieto di frequentazione. Per il resto spetterà a un decreto ministeriale, sentiti Consiglio superiore di sanità e Istituto superiore di sanità, stabilire quali vaccini serviranno per iscriversi a scuola.

 

Sicuramente saranno ricomprese la vaccinazioni rese obbligatorie in passato contro: difterite, tetano, polio ed epatite B. Poi quelle più importanti tra le immunizzazioni che il Piano vaccini appena approvato rende gratuite: pertosse, morbillo, parotite, rosolia, infezioni da haemophilus influenzae B, cita forse non a caso la relazione tecnica al decreto.

 

L’accordo è insomma vicino, ma lo scontro sui vaccini è aspro, nel governo e non solo: solo per dirne una, a Roma i grillini si astengono, affossando così una mozione Pd per l’obbligatorietà nei nidi e nelle materne. La polemica si è trasferisce dal parlamento fino alla Rai: finita nel mirino del portavoce dell’ex premier, Anzaldi, per la presenza a Cartabianca della Berlinguer «di un attivista No Vax, mentre infuria l’epidemia del morbillo», per discutere del tema insieme ad un medico esperto del Bambin Gesù.

 

Fatto sta che oggi il consiglio dei ministri tornerà sulla questione dopo che la settimana scorsa era esploso il caso con il braccio di ferro tra le ministre della Sanità e dell’Istruzione: con una modifica dunque del Dpr 355 del 26 gennaio 1999 che in un solo articolo stabiliva che la mancata certificazione dei vaccini obbligatori non comporta il rifiuto dell’ alunno dalla scuola dell’obbligo e dagli esami. Fino a tarda notte sono andati avanti i tecnici dei ministeri di sanità, giustizia, istruzione e quelli della presidenza del Consiglio per decidere come procedere. «Le sanzioni devono essere in capo ai genitori e non penalizzare i bambini impedendo la loro iscrizione a scuola», ribadiva il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli. «Gli uffici stanno lavorando per trovare punti di convergenza e arrivare a un testo condiviso». Insomma ai bambini non può essere negata l’istruzione bisogna colpire i genitori. Una linea che la Lorenzin non accetta perchè colpire solo i genitori è una posizione tipica dei «no vax» e non risolve la questione dell’epidemia, perché – tecnicamente parlando – non si ottiene «l’effetto gregge» che si ottiene quando tutti sono vaccinati. E poi – altra obiezione – si crea disparità, perché i più ricchi pagano la multa e mandano figli a scuola, i meno abbienti no. Dunque la ministra della Salute si fa forte delle posizioni a favore della sua tesi espresse da costituzionalisti come Sabino Cassese e da scienziati di accademia dei Lincei, Istituto superiore di Sanità, e Consiglio Superiore di Sanità, tutti convinti che il diritto alla Salute prevalga su quello all’Istruzione. «Siamo in emergenza. Serve l’obbligo di vaccinazione per iscrizione a scuola», lancia l’allarme Roberta Siliquini, presidente del Consiglio Superiore di Sanità.

LA STAMPA

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