Addio allo storico conduttore tivù Daniele Piombi, aveva 84 anni

gianni micaletto
 

Addio a Daniele Piombi, un signore della tv. Se n’è andato in punta di piedi, a 84 anni, dopo una lunga malattia. Elegante, garbato, capace di emozionarsi visceralmente, ma anche pronto alla battuta sprigionata dal sangue bolognese (poi trapiantato a Milano). È stato uno dei conduttori più conosciuti dell’epoca d’oro della televisione italiana, con incursioni anche nel mondo delle radio e dei giornali.

 Tanti i programmi legati al suo nome, fra i quali un’edizione del Festivalbar, il Cantagiro, Un disco per l’estate, il Festival di Napoli e i collegamenti dal casinò per tre edizioni del Festival di Sanremo nella prima metà degli Anni 80. Ma il suo capolavoro è l’invenzione del Premio Regia Televisiva, nel 1960, poi diventato una sorta di Oscar del piccolo schermo, con il trasferimento al teatro Ariston (dal 1996). Nel 2016 la manifestazione non è andata in onda, dopo che nel 2015 Rai1 l’aveva trasferita da Sanremo a Roma. E lui, da passionale qual era, ne aveva sofferto molto, insieme all’amico-socio e produttore Nello Marti.

 

Il Premio Tv (così era stato ribattezzato) aveva perso due anni fa Gigi Vesigna, presidente dell’Accademia ed ex storico direttore di Tv Sorrisi e Canzoni, sostituito da Umberto Brindani. Ora la scomparsa del fondatore, anima della manifestazione. Piombi era molto legato a Sanremo: fosse stato per lui la sua creatura non si sarebbe mai mossa da lì. Aveva anche preso casa a Ospedaletti, a due passi dalla città dei fiori, dove trascorreva periodi di vacanza. Che, da vero professionista del palcoscenico, mescolava anche al lavoro: nel suo lungo curriculum c’è pure la presentazione del Festival della canzone dialettale sbocciato d’estate nella cittadina balneare a due passi dalla capitale della canzone italiana. E per i 50 anni del Premio Tv (nel 2011) si era regalato un libro (presentandolo non era riuscito a trattenere gli occhi lucidi) e non aveva risparmiato critiche alla tv di oggi, ricordando quella del passato: «Non deve guardare all’Auditel, ma alla qualità». Parole che avrebbe ripetuto anche adesso, senza paura di essere criticato. Com’era nel suo stile genuino.
LA STAMPA
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