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Quirinale, Gubitosa (M5s): “Non poniamo veti. Sì a un nome di centrodestra purché sia di alto profilo”

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

di Matteo Pucciarelli

Michele Gubitosa, uno dei cinque vicepresidenti del M5S, dice che il suo partito sul Quirinale “non pone veti”. Ne consegue che anche un nome di centrodestra potrebbe andar bene, se “di alto profilo”. Tutto pur di non mandarci Mario Draghi, verrebbe da pensare. Ma questo Gubitosa non lo dice.

Ha sentito le parole di Draghi, cosa ne pensa?
“Ho apprezzato molto le sue parole, il presidente del Consiglio ha spiegato che occorre portare avanti la campagna vaccinale, affrontare la recrudescenza della pandemia, spendere bene i fondi del Pnrr e lavorare per superare i vincoli del patto di stabilità. Su quest’ultimo punto ricordo che archiviare l’austerità è una battaglia storica del M5S. E poi ha detto che serve continuità nell’azione di governo, non ci possiamo permettere instabilità”.

Ma a lei non pare che si sia autocandidato al Quirinale?
“Non la vedo così, ha manifestato la sua volontà di restare al servizio del Paese”.

Esiste la possibilità di un accordo trasversale tra le forze politiche per mandare Draghi al Quirinale e proseguire comunque con la stessa maggioranza?
“Ripeto, qui la priorità assoluta è la stabilità politica per portare avanti la battaglia contro il Covid. Il resto viene dopo”.

In generale per il M5S qual è un profilo adatto per il Colle?
“In questo momento, in chiusura di legge di bilancio, non è giusto fare fughe in avanti sui nomi. Però dico che per il M5S, se si parla di figure di alto profilo politico e istituzionale, non ci sono pregiudizi. Non mettiamo veti e non siamo prevenuti, lo specifico affinché nessuno pensi di utilizzarci come scusa per dire no a qualcuno”.

A parte Silvio Berlusconi. O i “veti” cadono anche su di lui?
“Su di lui ci siamo già espressi, non avrà i nostri voti”. Il retroscena

Passerete comunque da un voto online con la vostra base?
“Ora dobbiamo approvare la legge di bilancio, dopodiché a gennaio entreremo nel vivo della discussione e valuteremo. Serve un presidente che unisca e non che divida, intanto fa bene Giuseppe Conte a voler dialogare con tutte le forze in Parlamento”.

Pd e Leu sono interlocutori privilegiati in questa fase di trattativa?
“Con loro c’è un confronto continuo ma tutti i partiti devono essere coinvolti, anche perché la figura del Capo dello Stato deve trovare il consenso di un’ampia maggioranza”.

A proposito: perché in Europa non siete entrati nel gruppo socialista?
“Guardi, la trattativa in realtà è ancora in corso, lo dicevo anche prima, con il Pd c’è una visione comune sul superamento del patto di stabilità e sulla crescita”.

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Quirinale, Renzi: “Il capo dello Stato si può eleggere anche con un’altra maggioranza”

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

di Francesco Bei

Matteo Renzi, che di Draghi è stato uno dei principali sponsor, non concorda sul principio, enunciato ieri in conferenza stampa dal premier, che la maggioranza di governo debba tradursi in una maggioranza per il Quirinale. Anzi, richiamando il precedente di Mattarella (di cui fu il principale regista), ricorda che il Quirinale “fa storia a sé”.

Draghi dice: indipendentemente da chi sarà a palazzo Chigi, il governo ha creato le condizioni per andare avanti sia sul Covid che sul Pnrr. Eppure è appena stato rinnovato lo stato d’emergenza e i dati sui contagi preoccupano tutti gli italiani. Lei ha visto nelle parole del premier il segno di un congedo?
“Ci leggo il segno di una svolta compiuta. Un anno fa eravamo in crisi con Conte a fare le dirette Facebook di Casalino e Arcuri a disegnare primule. Con coraggio abbiamo aperto una crisi di governo difficile da spiegare allora, ma facile da capire oggi visti i risultati. Nelle parole del premier ho sentito l’orgoglio perché viviamo in un mondo totalmente diverso a quello di dodici mesi fa. Ne valeva la pena”. Il retroscena

Draghi si chiede retoricamente come fa una maggioranza che si divide sul Quirinale ad andare avanti come se niente fosse sul governo. E’ un modo per far capire che sarebbe costretto a gettare la spugna?
“Nel 2015 scegliemmo Mattarella e non tutta la maggioranza di Governo fu d’accordo: alcuni partiti erano scettici o contrari. Oggi possiamo dire che aver individuato Sergio Mattarella è stato un bene per l’Italia. Ma sette anni fa la maggioranza parlamentare fu diversa dalla maggioranza presidenziale: il Quirinale fa sempre storia a sé”.

Come si arriva a un’elezione di Draghi al Colle visto che tutti, tranne forse Meloni, hanno detto che sarebbe meglio che continuasse a palazzo Chigi?
“Suggerisco di abbassare i toni, riporre il pallottoliere e godersi il Natale. Questa discussione va ripresa il 10 gennaio, non prima. Io penso che Draghi sarebbe un ottimo Presidente della Repubblica come penso che sia un ottimo premier. Inserirlo nel calderone dei nomi oggi serve solo a gettare fumogeni. Fino al 24 gennaio lasciamo che Draghi si occupi di terza dose, di Pnrr, di ripresa economica. Poi tutti insieme sceglieremo l’inquilino migliore per il Colle. Parlarne oggi è come discutere dello scudetto ad agosto. Io non partecipo al fantamercato, mi concentro sulle vere priorità”.

Berlusconi punta al Colle e al quarto scrutinio, magari con i voti di Italia Viva, potrebbe farcela. Lei con il patto del Nazareno ci stava scrivendo insieme la Costituzione. Ma può un uomo con il suo passato aspirare a diventare un presidente di garanzia per tutti?
“Il patto del Nazareno era un accordo per scrivere – tutti assieme – la Costituzione. Lo rifarei domattina. Le regole si scrivono proprio con chi non la pensa come te. Quanto alla Presidenza della Repubblica, le ribadisco il concetto che vale anche per Berlusconi: non faccio totonomi, spero nel consenso più ampio. Ho letto che Meloni ha chiesto di mandare un patriota al Quirinale. L’immagine mi sembra suggestiva, a me piace. Ma per me patriota è Sergio Mattarella, come Giorgio Napolitano, come Carlo Azeglio Ciampi: noi i patrioti li abbiamo eletti al Colle senza aspettare che si svegliasse Giorgia Meloni

Intanto il Covid avanza. Israele sta facendo la quarta dose, da noi chi vuole prenotare la terza fa fatica a trovare posto. Figliuolo ha sbagliato qualcosa?
“Figliuolo no, Speranza sì. Da settimane Italia Viva chiede di anticipare la terza dose, come hanno già fatto francesi e inglesi. Speranza ha aspettato troppo, purtroppo. E molte persone che passeranno il Natale in isolamento avrebbero potuto non prendersi il Covid prima se fosse passata la nostra proposta di riduzione dei tempi dalla seconda dose. Quanto a Israele: tra qualche mese anche noi cominceremo con la quarta dose. Questo vaccino ha 2-3 richiami l’anno finché non sarà finità l’emergenza. Per questo bisogna che il sistema Italia riesca a vaccinare ben più di mezzo milione di persone al giorno”.

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Patrizia Popoli (Aifa): «Il vaccino di Novavax da gennaio in Italia. Si conserva in frigo e per diversi mesi»

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

di Margherita De Bac

Parla la residente commissione tecnico scientifica dell’agenzia Aifa, dopo l’approvazione del nuovo anti Covid

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Patrizia Popoli, presidente della commissione tecnico scientifica dell’agenzia del farmaco Aifa, direttore centro nazionale di ricerca e valutazione dei farmaci dell’Iss, è appena uscita dalla riunione dove è stato deciso il via libera al vaccino di Novavax.

Qual è il suo valore aggiunto?
«Ha mostrato un’efficacia del 90% in diversi e ampi studi clinici, testato su 50 mila volontari, 30 mila dei quali hanno ricevuto il vaccino. È stato provato anche sugli anziani. L’efficacia si mantiene costante negli ultra 65enni. Nessun evento avverso preoccupante. Inoltre è un vaccino molto maneggevole, da conservare in frigo e per diversi mesi».

Potrebbe risultare più accettato da parte degli esitanti?
«Ha un meccanismo d’azione diverso. Contiene proteine ricombinanti del virus, cioè coltivate in laboratorio. È possibile che questa metodica tradizionale possa risultare più rassicurante per coloro che temono i vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna)anche se non c’è nessuna ragione per diffidare degli altri anti Covid, altrettanto efficaci e sicuri».

Protegge dalla variante Omicron?
«I dati degli studi si riferiscono a una popolazione in cui questa variante non circolava. Abbiamo visto però che anche con i vaccini a mRNA, non testati in origine contro il nuovo ceppo virale, si è protetti dalla malattia grave».

Quando sarà disponibile in Italia?
«A partire da gennaio».

È un passo in avanti nella lotta contro la pandemia?
«Certamente. Ora abbiamo in mano uno strumento ideale per i Paesi dove è difficile mantenere la catena del freddo».

Cosa aspetta Aifa a partire con la campagna di terze dosi ai minorenni?
«Ne stiamo discutendo, è possibile che il parere sarà pronto a breve . L’agenzia americana Fda ha già autorizzato la terza dose nei 16-17enni, mentre l’ente europeo Ema ha autorizzato il richiamo solo per i maggiorenni .».

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Covid, Milano focolaio d’Italia: +135% di contagi in sette giorni, l’incidenza schizza a 543 (la soglia d’allarme è 50)

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

di Gianni Santucci

In una settimana il tasso di incidenza dei contagi a Milano è salito da 231 a 543. Solo altre 6 province italiane hanno un’incidenza superiore, ma con crescita più lenta. Le previsioni: il capoluogo lombardo verso la soglia di mille casi ogni 100 mila abitanti

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La coda per i tamponi alla farmacia di corso Venezia

L’ultima traccia di Omicron trasmessa dall’Italia alle banche dati mondiali che seguono il tracciamento delle varianti risale a ieri. E proviene da un laboratorio dell’Istituto Auxologico di Milano. Non è un caso, probabilmente. L’epicentro dell’epidemia di Sars-Cov-2 in Lombardia ha toccato all’inizio Lodi, s’è poi spostato su Bergamo, nella terza ondata della primavera scorsa ha funestato in particolare la provincia di Brescia. Oggi i dati certificano invece che il nuovo centro propulsore del Covid-19 si sta sviluppando a Milano. E sta alimentando una crescita dei casi a un ritmo forsennato. Si parte da un dato: il numero medio di nuovi contagi quotidiani, negli ultimi sette giorni, è più che raddoppiato rispetto alla settimana precedente. Più 135,8 per cento. In nessun’altra grande provincia d’Italia la nuova ondata sta esplodendo con questa potenza (qui la guida al contagio, qui come e dove fare un tampone).

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Covid Lombardia, il trend dell’epidemia Covid

Il tasso di incidenza

Il parametro base per definire la diffusione della malattia tra la popolazione è quello dell’incidenza, cioè la media dei nuovi casi ogni 100 mila abitanti su sette giorni. La prima soglia di attenzione, quella minima, è a 50. Ebbene, soltanto un mese e mezzo fa, a fine ottobre, Milano registrava in media 129 nuovi malati al giorno e aveva un’incidenza di 29. Era una metropoli «quasi pulita», dove il Covid correva molto meno della media rispetto al resto d’Italia. Oggi l’incidenza, dopo una lunga e lenta crescita lineare, è arrivata a 543. Ben più alta del resto della Lombardia (la media regionale è a 440), e notevolmente superiore alla media nazionale (321). Ma l’aspetto più preoccupante è ancora la recentissima impennata della crescita, che la maggior parte degli analisti riescono a spiegarsi soltanto con una circolazione di Omicron (pur se dai laboratori la presenza della variante, in aumento, non traspare ancora in modo massiccio). Da una settimana all’altra, l’incidenza a Milano è balzata da 231, a 543. I nuovi casi di Covid registrati ieri in città sono stati 4.640, quasi la metà dei 10.569 dell’intera Lombardia. Basta questo dato basilare a definire quale sia il nuovo territorio più colpito dall’epidemia. E potrebbe esserlo non solo a livello regionale, ma nazionale.

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Manovra 2022: esoneri dai pedaggi, assunzioni di vigili. Nella legge di Bilancio spuntano 200 milioni di micro-misure

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

di Claudia Voltattorni

Qualcuno parla di «mance» e «mancette». A guardare quei 7mila euro stanziati per l’esonero dal pedaggio autostradale di vigili del fuoco, forestale e protezione civile della Val d’Aosta o agli 82mila euro per assumere due amministrativi al Comune di Verduno (Cuneo) si è tentati di dargli ragione. Ma i circa 200 milioni a disposizione dei partiti che durante la discussione degli emendamenti alla manovra economicadovevano decidere a chi, come, quanto e per cosa destinarli, nella maggior parte dei casi serviranno per intervenire in numerosi settori e campi che, soprattutto a causa della pandemia, rischiano di restare nell’ombra o essere dimenticati.

Quindi ecco norme specifiche che riguardano alcune categorie di lavoratori o quelle per alcuni eventi culturali e sportivi, ma anche legate a problematiche peggiorate proprio a causa della pandemia, come i disagi psichici e alimentari. A queste si affiancano anche micro-interventi a pioggia strettamente legati al territorio che spesso però rischiano di disperdere le risorse in tanti rivoli e si riducono a misure spot e troppo locali con il rischio di venire per questo poi bocciate dalla Ragioneria dello Stato. In realtà, accade ogni anno. Ad ogni legge di Bilancio insieme agli interventi più sostanziosi per l’anno successivo, si accompagnano a pioggia tante mini-norme volute dai partiti per rispondere alle numerosissime richieste arrivate da enti locali, associazioni, fondazioni, categorie di lavoratori.

Lavoro
Lo sgravio contributivo al 100% per i contratti di apprendistato di primo livello per giovani sotto i 25 anni a favore delle micro imprese è una misura che per il 2022 vale circa 1,2 milioni di euro (2,9 milioni per il 2023), ma «può avere effetti molto importanti anche a lungo termine – spiega Daniele Manca (Pd), uno dei relatori al Senato della legge di Bilancio e uno dei padri della proposta poi arrivata nel testo in Aula -: rimette al centro l’apprendistato e i giovani per i quali il primo impatto con il mondo del lavoro oggi è quasi sempre negativo, è un tentativo di costruire per loro un rapporto migliore con il mondo del lavoro». Per il lavoro c’è anche l’ok al part time ciclico verticale con un fondo da 30 milioni per il 2022 (e altrettanti per il 2023) voluto dal Movimento Cinque Stelle per quei lavoratori che in ragione del loro contratto non lavorano in alcuni periodi dell’anno, come gli addetti alle mense scolastiche. «Finalmente un atto di giustizia per dei lavoratori che da tempo aspettavano un supporto», dice Gianmauro Dell’Olio, capogruppo M5S al Senato.

Approvato anche l’emendamento di Fratelli d’Italia sulla sospensione della decorrenza dei termini per adempimenti tributari a carico del professionista in caso di sua malattia. Una norma richiesta da tempo da tutte le associazioni del settore. È firmato M5S anche l’emendamento che aumenta di altri 50 milioni (arrivando a 70) l’indennità per i lavoratori dello spettacolo a decorrere dal 2023, come i 5 milioni per il rientro in Italia dei ricercatori e i 9 milioni di «indennità di sede disagiata» per i docenti che lavorano nelle piccole isole: «Vogliamo tutelare il diritto all’istruzione in quei territori che rischiano di vedere chiudere gli istituti scolastici», spiegano i Cinque Stelle. Ok anche al Fondo per promuovere le eccellenze enogastronomiche italiane nel mondo con incentivi per le assunzioni di giovani nel settore e investimenti in macchinari e strutture. Ci sono poi quasi 13 milioni di sostegni per la filiera apistica, quella della frutta a guscio e le altre filiere minori.

Disagi e malattie
Nel periodo della pandemia sono aumentati disagi psichici, malattie e disturbi alimentari. Ecco dunque 25 milioni di euro (per il biennio 2022-2023) destinati alla creazione del Fondo per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione che entreranno a far parte dei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Altri 5 milioni vengono destinati ad un nuovo fondo per lo studio, la diagnosi e la cura della fibromialgia (M5S), e viene creato un altro fondo per i test genomici per i pazienti oncologici. Anche per il 2022 viene rifinanziato con 27 milioni di euro il fondo per la cura dell’autismo (Lega) e il fondo per la non autosufficienza avrà 15 milioni in più.

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Il FantaColle | Se i partiti giocano alla Prima Repubblica, per loro è finita

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

di Antonio Polito

Ipotesi e voci di corridoio sull’elezione del presidente. Così un/una «quirinabile»: «I partiti temono Draghi, non lo voteranno. Serve l’intesa prima di entrare a Montecitorio»

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Questa rubrica si basa esclusivamente su ipotesi, ragionamenti, voci e chiacchiere di corridoio. Come il Fantacalcio, serve solo per giocare.

Il/la «quirinabile» (ce ne sono in giro almeno una dozzina) non crede che Draghi ce la farà. Altrimenti, del resto, non avrebbe speranze. Scommette perciò su un altro scenario. «Se hanno un briciolo di sale in zucca, il presidente stavolta lo fanno al tavolo dei partiti, prima ancora di entrare a Montecitorio per le votazioni. Nel 2022, sotto attacco Omicron, con partiti deboli e screditati, se cominciano a giocare alla Prima Repubblica, votando due volte al giorno per una settimana, con franchi tiratori, schede bianche e schede nulle, gli italiani si mettono a ridere. Finisce come il sorteggio di Champions League. Per cui, se sono saggi, fanno un accordo di tutti o quasi. È così fregano sia Berlusconi sia Draghi.

Il primo perché nessuno lo vuole davvero. Salvini e Meloni devono solo fare un passaggio formale, per lealtà, e farsi bocciare il nome dagli altri. Ma Draghi pure non lo vuole nessuno. Con lui a Palazzo Chigi i partiti non toccano palla, non li tratta, non li vuole, non li cerca. Se va al Quirinale, non li invita neppure alla Festa della Repubblica. Ne hanno paura. Nessuno metterà il veto sul suo nome, ma nessuno lo proporrà. È così, eliminata la prima fila, verranno in campo la seconda e la terza. Stavolta tocca al centrodestra fare il nome, lo ha riconosciuto anche Renzi.

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Corsa al Colle, la frenata dei partiti

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

Annalisa Cuzzocrea

Mario Draghi ha disegnato lo schema di gioco quasi fosse un allenatore che spiega ai calciatori come muoversi. Sembrava di vederli, ieri, durante la conferenza stampa, la lavagna, i segni col gesso bianco a indicare attacco e catenaccio, i giocatori che parlano tra loro: «Glielo spieghi tu che è molto più difficile di così? E che in realtà, a dover giocare la partita siamo noi?».

Le telefonate tra i leader sono cominciate mentre il presidente del Consiglio stava ancora rispondendo ai giornalisti. Ma è tra le righe di comunicati apparentemente simili che bisogna leggere per capire chi sono gli alleati di Mario Draghi, nella sua salita verso il Colle, e chi invece remerà contro fino all’ultimo momento utile. Una cosa accomuna tutti ed è il fastidio per la schiettezza del premier, che – per dirla con un ministro – la fa troppo facile: pensare che si possa formare un governo con una maggioranza uguale a quella che sostiene quello attuale come se niente fosse è – nella migliore delle ipotesi – una mancata conoscenza della politica e delle sue fatiche. Nella peggiore, una sostanziale indifferenza rispetto all’eventualità che la legislatura possa finire in modo brusco.

E quindi tutti i partiti della maggioranza – con l’unica eccezione di Italia Viva, che alla fine non ha fatto alcun comunicato – hanno parlato di «continuità» per ribaltare la questione posta dal premier: nelle parole di Draghi un governo non potrebbe continuare con una maggioranza che si spacca sulla presidenza della Repubblica. Questo sgombrerebbe il campo da candidature divisive come quella di Silvio Berlusconi, pena la caduta dell’esecutivo. È una sorta di minaccia che più d’uno – anche dentro il Pd – ha considerato inappropriata. Per questo, Lega, Forza Italia, Movimento 5 stelle e lo stesso Partito democratico stanno dicendo a “nonno Mario”, come lui stesso ha voluto definirsi: non è che se non c’è un accordo pieno sul Quirinale, non ci può essere su un altro governo. I fattori – vista la partita dalla finestra delle segreterie di partito – vanno invertiti: se non c’è un accordo largo, sicuro, blindato, su un governo che può andare avanti fino alla fine della legislatura, non può esserci sul successore di Sergio Mattarella.

Ci sono poi le sfumature, a rappresentare gli interessi diversi che si intrecciano e a volte si contrappongono: il Movimento 5 stelle ha vissuto con fastidio le parole di Draghi sul superbonus al 110 per cento, tanto da far intervenire a correggerle il suo vicepresidente Mario Turco. Ma al di là dell’eterna sensazione che vivano il premier come un usurpatore sul trono di Giuseppe Conte, di una cosa hanno paura più che di vedere l’ex banchiere centrale al Colle per sette anni: di non poter reggere la formazione di un nuovo governo davanti a un elettorato (già molto lontano dal 33 per cento di inizio legislatura) che sempre più li vede uguali a tutti gli altri. Anche perché, è l’analisi fatta davanti alla scrivania di Conte, «Giorgia Meloni adesso non sale nei consensi perché a Chigi c’è Draghi. Ma quando ci saranno Daniele Franco o Mara Cartabia o chi per loro, fare opposizione sarà una passeggiata di salute».

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Così il premier apre al presidenzialismo

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

Marcello Sorgi

Accolta con reazioni controverse, per lo più di sorpresa, la conferenza stampa di fine anno in cui Draghi ha risposto senza reticenze sul Quirinale segna un punto di svolta nella lunga vigilia dell’elezione del successore di Mattarella. Una vecchia tradizione vuole che per il Colle non ci si candidi, semmai si lasci intuire disponibilità. Quella di Draghi – presentatosi scherzosamente come «un nonno al servizio delle istituzioni» – è stata piena. Il premier ha detto essenzialmente tre cose. La prima è che la parte più importante del lavoro del governo è finita. I 51 progetti che compongono il Pnrr sono stati consegnati per tempo a Bruxelles, la Commissione europea li esaminerà e nel giro di due mesi la seconda tranche dei 209 miliardi previsti per l’Italia potrà essere erogata.

A questo punto resta la parte di realizzazione del piano, che riguarda ministeri, regioni, comuni, imprese e ovviamente il governo. Ma non è detto che debba essere questo esecutivo a concretizzarla. Draghi infatti ha sottolineato che ciò può avvenire «indipendentemente» da lui. Così come potrebbe toccare ad altri la continuazione della lunga battaglia contro il virus, condotta fin qui con effetti riconosciuti e presi a esempio in Europa.

Il secondo punto discende dal primo: Draghi non considera questi risultati un suo merito personale. Tutt’altro: a suo modo di vedere sono il frutto della complessa collaborazione tra partiti con posizioni e radici diverse, che hanno scelto di lavorare insieme in una fase delicata della vita del Paese, aderendo all’appello del Presidente Mattarella, e dovranno continuare a farlo, perché non è proprio il momento di interrompere un esperimento così positivo, né di andare al voto: la legislatura deve arrivare alla sua scadenza naturale nel 2023. Musica per le orecchie dei parlamentari che stanno per riunirsi in seduta comune per eleggere il Capo dello Stato e temono qualsiasi destabilizzazione dell’attuale quadro politico che possa portare allo scioglimento anticipato delle Camere.

La terza annotazione è la più importante: Draghi infatti si chiede (e la risposta implicita è un «no») come potrebbe l’attuale maggioranza dividersi sul Quirinale, per poi ricomporsi subito dopo sul governo. Se si sfascia, si sfascia tutto. È evidente – e non è solo Draghi a dirlo – che sarebbe un percorso impossibile. Destinato, o a sfociare subito nelle urne, o a determinare una maggioranza diversa, sicuramente più debole (per esempio se Salvini decidesse di passare all’opposizione per competere più agevolmente con la Meloni), e anch’essa dal respiro affannoso e dallo sbocco già prevedibile nel voto anticipato. Ora, siccome non è facile che l’instabile maggioranza di unità nazionale possa trovare al suo interno un’altra personalità per dirigerla e rappresentarla, è logico che Draghi si consideri il più adatto ad essere espresso come candidato al Colle. E affidi a se stesso, una volta eletto, il compito di individuare il soggetto che, in accordo con lui, possa proseguire il duro lavoro del governo, tra Pnrr, Covid e riforme al momento affidate con delega a Palazzo Chigi, ma ancora tutte da mettere nero su bianco.

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Quirinal Game, Draghi supercandidato al colle “prigioniero” di Palazzo Chigi

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

Mario Draghi era stato costruito fin dall’inizio come il candidato perfetto al Quirinale: direttore generale del Ministero del Tesoro che avviò le grandi privatizzazioni, direttore della Banca d’Italia e presidente della Bce. Sergio Mattarella lo aveva chiamato a guidare il Governo per risolvere due emergenze: avviare la campagna vaccinale anti covid, e porre le basi per il Pnrr, il recovery plan che ci consentirà di incassare i fondi promessi dall’Unione Europea. Assolti questi compiti Draghi sarebbe salito al Quirinale: questo era il disegno. Ma il destino si è complicato.   A un mese dall’elezione del nuovo capo dello Stato, mentre la pandemia rialza la testa, il dibattito sull’elezione del prossimo presidente della Repubblica si accende. Il direttore Massimo Giannini analizza la complessa situazione in cui è venuto a trovarsi Mario Draghi; nelle prossime puntate di Quirinal Game, le grandi firme de La Stampa analizzeranno gli altri candidati della corsa al Quirinale, soffermandosi anche sui grandi nomi spesi in passato.

LA STAMPA

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Corre la variante Omicron, si moltiplicano i casi in Italia: ecco le regioni dove la situazione è più difficile

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

Ѐ attesa per questa mattina la cabina di regia del Governo sulle misure contro il Covid-19, con la variante Omicron che corre e spaventa anche l’Italia. Nel pomeriggio è poi in programma il Cdm. Sul tavolo ci sarebbe anche l’estensione del super Green Pass nei luoghi di lavoro. Intanto dall’Aifa è arrivato il via libera al vaccino Novavax. Intanto, in Italia, si sono registrati 36 mila casi nelle ultime 24 ore, nuovo record della quarta ondata. Un picco che non si vedeva dal novembre scorso. La percentuale di ricoveri pediatrici per coronavirus in Italia raddoppia e sale del 96%, tutti bimbi non vaccinati.

Omicron corre e spaventa
Il virus ha ricominciato a correre e gli scienziati hanno ribadito anche ieri che a gennaio, con l’esplosione dei casi dovuti alla variante Omicron, la situazione rischia di peggiorare in maniera molto grave. Già adesso i primi risultati della Flash survey che l’Istituto superiore di sanità completerà nei prossimi giorni, dicono che la variante sudafricana è presente in alcune regioni del nostro Paese al 30%. E secondo le stime potrebbe diventare prevalente entro metà gennaio.

Le regioni maggiormente colpite
La Lombardia supera la soglia di 10 mila nuovi contagiati: in precedenza è successo soltanto durante la seconda ondata: sono +10.569 i casi grazie a 182 mila tamponi (ieri la regione aveva processato 203 mila test) con un tasso del 5,8%, una percentuale che è di oltre un punto più alta rispetto a quella nazionale. Seguono: il Veneto che comunica +4.522 casi con un tasso del 3,8% calcolato su 118.566 analisi, e il Piemonte che ha +3.290 casi con un tasso del 5% calcolato su 65.129 campioni esaminati.

Cirio: “In zona gialla per colpa dei No Vax”

Le Regioni che diventeranno gialle e arancioni
I dati sulle ospedalizzazioni dicono che altre regioni potrebbero aggiungersi alle 5 e alle due province autonome già in giallo. Il Piemonte ha già tutti i parametri per il cambio di fascia e da lunedì abbandonerà la zona bianca per diventare gialla. Ma rischiano pure Lazio, Lombardia e Sicilia. E se non si arrestano i contagi, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Liguria e Calabria a gennaio potrebbe passare in arancione, zona che scatta con un’incidenza sopra 150 casi ogni 100mila abitanti, le terapie intensive al 30% ei reparti ordinari al 40%.

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