Archive for 2021

Vaccini, la scelta obbligata

venerdì, Dicembre 24th, 2021

ANTONELLA VIOLA

Non mi nasconderò dietro a un giro di parole: non mi aspettavo una situazione così complicata per questo Natale. L’arrivo dei vaccini, la loro alta efficacia, dimostrata prima negli studi clinici e poi sul campo, la risposta tutto sommato buona della popolazione italiana all’invito a vaccinarsi mi avevano indotto a pensare che non avremmo più vissuto momenti difficili. Certo, immaginavo che i contagi sarebbero aumentati durante l’inverno e che i non vaccinati avrebbero affollato gli ospedali, ma credevo anche che tutto si sarebbe risolto nella gestione di una nuova normalità, più complessa e fatta di Green Pass e mascherine, laddove necessario. Invece, come stiamo osservando, le cose sono andate diversamente.

La prima doccia fredda è arrivata dagli studi che hanno dimostrato la perdita di efficacia dei vaccini dopo 5-6 mesi. Questo ha comportato un aumento nella circolazione del virus e persino la necessità di ricoveri in ospedale per alcune persone vaccinate e fragili. Non siamo tutti uguali dal punto di vista immunologico e, purtroppo, ci sono persone che hanno un sistema immunitario più debole, o che risponde meno bene alle vaccinazioni o, ancora, che non mantiene la protezione alta nel tempo. Se l’efficacia dei vaccini nei confronti della malattia severa cala all’84% dopo 5 mesi (valore tra l’altro ancora altissimo, considerando che il vaccino anti-influenza ha una efficacia che va dal 30% al 60%), a causa dell’alta circolazione virale, molti rischiano di ammalarsi, anche se vaccinati. Tuttavia, è grazie a questa protezione ancora molto alta che, in questo momento, nonostante il grande numero di positivi, la situazione negli ospedali è pesante ma non drammatica. La riduzione dell’efficacia dei vaccini è il motivo che ha spinto i governi di tutti i Paesi ad iniziare la somministrazione dei richiami che, insieme all’arrivo del vaccino per i bambini sopra i 5 anni di età, avrebbe dovuto riportare la situazione epidemiologica sotto controllo. Ma, purtroppo, è arrivata Omicron: la seconda doccia fredda.

Omicron ha spiazzato tutto e tutti. E’ una variante molto diversa dalle precedenti sfumature con cui il Sars-CoV-2 si era presentato, così diversa da costringere i virologi a domandarsi quale sia la sua origine. Tra le ipotesi si sta facendo largo quella del passaggio in animali, probabilmente ratti, dove il Coronavirus avrebbe avuto il tempo di mutare e poi tornare a infettare gli uomini. I dati che arrivano dal Sud Africa e, adesso, dal Regno Unito ci mostrano un virus estremamente contagioso (tempo di raddoppio dei contagi di 2,5 giorni) e immunoevasivo, in grado, cioè, di nascondersi bene agli anticorpi prodotti con la vaccinazione o durante un’infezione precedente. Questo significa che arriverà un’ondata di contagi che colpirà anche chi è guarito o è stato vaccinato. La macchina che si era quindi messa in moto per i richiami ora dovrà correre: per difenderci da Omicron serve riattivare il sistema immunitario. Anche perché, nonostante qualche dichiarazione avventata, i primi dati arrivati dal Regno Unito ci dicono che Omicron non è clinicamente diversa da Delta. Ancora una volta, il virus non si è rabbonito e, invece, è diventato sempre più contagioso.

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Se Mattarella si scopre “fantasista”

venerdì, Dicembre 24th, 2021

Tony Damascelli

Nel buio della paura, improvvisamente lo sport. L’Italia si ritrova al centro del mondo con i risultati dei suoi atleti, lo ha ricordato Sergio Mattarella alla cerimonia di consegna della bandiera tricolore agli atleti azzurri in partenza per i Pechino

Se Mattarella si scopre "fantasista"

Nel buio della paura, improvvisamente lo sport. L’Italia si ritrova al centro del mondo con i risultati dei suoi atleti, lo ha ricordato il primo fra tutti, dunque Sergio Mattarella, alla cerimonia di consegna della bandiera tricolore agli atleti azzurri in partenza per i Giochi di Pechino e le paralimpiadi invernali. Oltre il protocollo, le promesse e il saluto, ecco il messaggio a sorpresa: «Rendete onore al nostro Paese, sarete seguiti con grande affetto da tutti gli italiani e da me fra questi. Avete smentito il cliché di un popolo indisciplinato, di chi, con questo, confonde l’attitudine alla fantasia, alla creatività, all’inventiva». Lo sport come una gomma per cancellare la fastidiosa etichetta che ci portiamo appresso e addosso da sempre, la genialità che scivola nel caos e nell’interesse di parte ma lo sport ha identità diverse dalla politica, dove c’è un gruppo ci deve essere una squadra, dunque la distribuzione e la divisione dei compiti per raggiungere il risultato.

Le parole del presidente della Repubblica superano la frontiera dello sport, le didascalie alle nostre abitudini, le frasi di repertorio di un paese di santi, navigatori, poeti, acque minerali e commissari tecnici, possono, anzi, sono state smentite dalle vittorie in ogni dove e in ogni disciplina, pure in quelle impreviste.

Sergio Mattarella era presente nella tribuna dello stadio di Wembley la sera dell’11 luglio, finale del campionato d’Europa contro gli inglesi nel loro teatro esclusivo; l’inedita immagine di una figura discreta, silenziosa eppoi esultante, con le braccia al cielo come fu Pertini a Madrid. In un altro 11 luglio, sempre di football, quello dell’Ottantadue, sono il riassunto di come lo sport riesca infine a riunire, come incita l’inno, i fratelli d’Italia fino a quel momento divisi in fazioni e partiti. Anche Gianni Brera, maestro assoluto, era caduto nell’errore (voluto) attribuendo a Guicciardini un maligno pensiero proprio: …ché se tu fiderai nelli italiani, sempre aurai delusione… Fasulla la citazione, alibi comodo per insuccessi e sconfitte.

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BUON NATALE !!

venerdì, Dicembre 24th, 2021
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Centrodestra, patto di unità. Il Cav: io al Colle? È presto…

venerdì, Dicembre 24th, 2021

Fabrizio De Feo

È un segnale forte quello che arriva dal vertice di Villa Grande, un messaggio recapitato tanto ai grandi elettori moderati, quanto a quelli di centrosinistra. Il centrodestra di governo e di opposizione è in campo e giocherà unito la partita del Quirinale, qualunque sia il candidato, e non accetterà film e copioni già visti, né ruoli da comprimario.

La disponibilità a sostenere una eventuale candidatura di Silvio Berlusconi è confermata da tutti. «Se deciderai di candidarti, ti sosterremo» dice Matteo Salvini. Senza piani B. L’ultimo passaggio verrà consumato a gennaio quando le forze della coalizione torneranno a vedersi e verificheranno le condizioni maturate. Ma c’è un’altra convinzione condivisa da tutti i partecipanti, sia pure con sfumature diverse, ovvero che l’aumento dei contagi suggerisce di dare continuità a questo governo. Meglio insomma che Mario Draghi continui il suo lavoro a Palazzo Chigi, senza fughe in avanti quirinalizie.

Ma come si giocherà la partita? Berlusconi ha chiesto agli alleati di garantire i propri voti, su quelli mancanti proverà lui stesso a lavorare, almeno in prima battuta. Il Cavaliere insomma è in campo, ai partecipanti è apparso molto deciso e fiducioso, anche se un piano operativo verrà fatto dopo le feste. Nessuna ufficializzazione, comunque, della sua discesa in campo. «Io candidato? Abbiamo parlato evidentemente anche di questo. Abbiamo rimandato ogni decisione all’inizio dell’anno» spiega Berlusconi alla fine del vertice. Per il momento sono stati fissati due appuntamenti: dopo Natale una riunione dei responsabili enti locali per entrare in una fase più operativa e per coordinarsi sull’elezione dei delegati regionali. E poi un nuovo incontro dei leader intorno al 12-13 gennaio. Giorgia Meloni, invece, ha invitato gli alleati a non percorrere né la soluzione Draghi né un Mattarella Bis, qualora non si concretizzasse l’affondo su Berlusconi, ma di andare a cercare una figura che esca dai consueti circoli di potere, quel «patriota» indicato durante la Festa di Atreju. Fermo restando che anche per Fratelli d’Italia la priorità è l’unità del centrodestra.

Alla fine Berlusconi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Lorenzo Cesa, Giovanni Toti e Maurizio Lupi redigono un comunicato che batte sul tasto della sintonia di una coalizione che oggi «governa con ottimi risultati la maggioranza delle regioni e aspira a tornare al governo, sulla base di valori comuni e di un programma condiviso, per unire e non per dividere, per far crescere l’Italia nella libertà, nel benessere, nella sicurezza, nell’attenzione verso i più deboli». Una premessa seguita da una esplicita promessa di fedeltà: «Il centrodestra affronterà unito tutti i prossimi appuntamenti istituzionali ed elettorali – dall’elezione del Capo dello Stato fino alle elezioni amministrative e politiche – nella consapevolezza della comune responsabilità di rappresentare la maggioranza degli italiani, un’Italia che guarda all’Europa e al mondo orgogliosa della propria storia e identità».

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Totopremier: in pole Cartabia e Franco

venerdì, Dicembre 24th, 2021

Carlo Bertini

ROMA. Raccontano che Enrico Letta sia in ottimi rapporti con Daniele Franco: fu lui, da premier, a volerlo come Ragioniere generale dello Stato al posto di Andrea Monorchio e quindi il titolare dell’Economia, pur non avendo un profilo politico, sarebbe ben visto nel ruolo di «sostituto» di Mario Draghi (che conosce da trent’anni) se il premier andasse al Quirinale. Sarebbe un governo «fotocopia», che durerebbe solo un anno e che avrebbe fatalmente l’impronta del premier/capo dello Stato. «Solo chi ha vissuto il governo Draghi può reggere un altro governo con l’agenda Draghi, qualsiasi elemento esterno sarebbe fattore di instabilità», fa notare chi frequenta il Palazzo. Spiegano i (molto) bene informati però, che Franco a Palazzo Chigi comporterebbe un problema di non facile soluzione: trovare un altro ministro dell’Economia. Un vulnus.

Narrano poi che la Guardasigilli Marta Cartabia, pur avendo un buon rapporto con i Dem, non sia ben vista dai grillini di ogni ordine e grado, non solo per la sua riforma della prescrizione che ha smontato quella di Bonafede; ma anche per un atteggiamento considerato «troppo dispotico, come si è visto con la sua forzatura a infilare in manovra una norma per i giudici onorari», malignano esponenti di area M5s. Che le attribuiscono una certa algida indifferenza verso il Parlamento. Tanto da affibbiarle il soprannome non proprio lusinghiero di «Maria Antonietta». Malgrado ciò, sarebbe proprio lei, a sentire diverse campane tutte concordi, la più accreditata a succedere a Draghi: perché è una costituzionalista di alto profilo, molto apprezzata dal presidente uscente Mattarella e anche dal premier; perché sarebbe la prima donna presidente del consiglio in Italia e perché è gradita anche a Forza Italia e alla destra, data pure la sua vicinanza a Comunione e Liberazione. Non va dimenticato che fu proprio al meeting di Cl, che nell’agosto del 2020 Draghi lanciò una sorta di manifesto programmatico. Nei rumors di Palazzo, raccontano poi che Vittorio Colao, manager e ministro dell’Innovazione tecnologica, è il terzo pretendente al trono, per la fiducia che ripone in lui Draghi: non a caso ha citato una sua misura sullo spazio aprendo la conferenza di fine anno.

Ministri in predicato
Chiuso questo focus, dissolvenza, interno giorno a Palazzo Madama. Tanti criceti chiusi in gabbia, terrorizzati dal voto, che pende come una spada di Damocle: per scacciare questa immagine in cui Draghi, con la sua disponibilità a salire al Colle, ha confinato centinaia di peones, il passatempo che va per la maggiore in Parlamento non è solo il toto-presidente, ma da ieri anche il toto-premier. E oltre ai tre nomi “tecnici” più accreditati, ne circolano svariati altri di matrice politica, ben pochi con reali speranze di farcela. Sono i big dei partiti con il profilo «meno divisivo»: il primo è Dario Franceschini, poi c’è Giancarlo Giorgetti, ma c’è anche Mara Carfagna nel toto-premier, così come Renato Brunetta e Lorenzo Guerini. Tutti avrebbero lo stesso problema: i veti incrociati.

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Non mandate nonno Draghi ai giardinetti

venerdì, Dicembre 24th, 2021

MASSIMO GIANNINI

L’anno 2 dopo Covid è agli sgoccioli. Ad essere onesti, speravamo in una fine migliore. Dopo ventidue mesi di guerra il virus non è vinto. È ancora tra noi. E come noi combatte e resiste. Delta, Omicron: in quante altre lettere dell’alfabeto greco si incarnerà ancora, il nemico invisibile? Nessuno lo sa. Neanche la Scienza, alla quale la Politica ha ceduto impotente lo scettro. E qui, sia pure senza cedere di un millimetro alle pensose o penose dottrine Free-Vax che pure circolano in rete, meriterebbe una riflessione la critica di Massimo Cacciari, quando rileva la contraddizione di un “Super-Ego buono del puro sapere” che non ammette la Res Dubitanda e considera “ogni ragionevole dubbio un ostacolo alla decisione”. La verità è che la Scienza dubita, eccome. “Se devo essere sincera, dopo un anno non mi aspettavo che ci saremmo ritrovati così…”. Sono parole di Emer Cook, direttrice esecutiva dell’Ema, l’Agenzia di farmacovigilanza europea.

Il problema è fin dove si può spingere il dubbio. C’è un limite, invalicabile, ed è questo: i vaccini ci salvano la vita, ci evitano il ricovero, ci risparmiano la terapia intensiva. Solo una sparuta retroguardia di leoni da tastiera, buffoni da talk show e tromboni da corteo si ostina a negarlo. Resto dell’idea che l’obbligatorietà generale sarebbe stata e sarebbe tuttora la via maestra, per evitare qualunque forma di presunta o pretesa “discriminazione”. Ma i vaccini non bastano. Per questo, al posto della strenna, il governo ci regala una “stretta” di Natale. Necessaria, dobbiamo dirlo, ma insufficiente e tardiva, come ci spiega la professoressa Antonella Viola. Da giorni si discute dell’urgenza di accorciare i tempi tra la seconda e la terza dose. Di estendere il Green Pass rinforzato ad altri ambiti e altri ambienti.

Di avvicinare la durata del Certificato Verde a quella della copertura immunitaria. Di imporre l’uso di mascherine chirurgiche all’aperto e di Ffp2 al chiuso. Ora il decreto è arrivato. Speriamo solo che basti a fermare sul nascere la Quarta Ondata. Questa drammatica era covidica sta facendo scivolare il mondo in quella che il New York Times chiama la “noiosa Apocalisse”. Siamo immersi in un clima da emergenza permanente, dove gli allarmi si ripetono e si susseguono quasi ogni giorno. Così alla lunga, nel nostro vivere quotidiano, tendiamo a perdere il senso della misura e della natura del pericolo. Nelle pieghe del Coronavirus, proviamo a far finta di essere sani. Tra un lockdown e un tampone, cerchiamo di difendere le care vecchie abitudini di una volta. In qualche caso, anche i vecchi vizi. Ma la pandemia non è ancora diventata “endemia”. Non è ancora derubricabile a “normale influenza”, con la quale possiamo convivere serenamente per i prossimi vent’anni. Il generale Figliuolo annuncia che stiamo tornando a vaccinare almeno 500 mila persone al giorno. È un dato che conforta. L’Italia resta un modello e un esempio a livello internazionale, lodato dalla Merkel e premiato dall’Economist. Come ha detto il Capo dello Stato nel saluto alle alte cariche, il Paese ha saputo esprimere “risorse, capacità, energie che ci hanno consentito di affrontare uno dei passaggi più difficili” della nostra Storia. Gli italiani hanno risposto “con maturità”, hanno dimostrato “unità di intenti” e “fiducia nella medicina”. Ma la famosa “immunità di gregge”, che secondo le previsioni del ministero della Sanità e del Cts avremmo dovuto raggiungere nel settembre scorso, resta un miraggio lontano.

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La nuova strada della solidarietà: una sfida anche per la Germania

venerdì, Dicembre 24th, 2021

di Maurizio Ferrera

Gli orientamenti favorevoli alla solidarietà finanziaria fra Paesi sono diventati maggioritari in tutta l’Unione, in buona parte per effetto della pandemia

Le lodi all’Italia del neo-cancelliere Olaf Scholz durante la sua visita a Roma sono state un ottimo segnale. Con il programma Next Generation Eu, l’Unione ha fatto una importante scommessa sul nostro Paese e la sua capacità di ripresa e resilienza. Durante i negoziati del primo semestre 2020, la diffidenza di alcuni Paesi era altissima, tanto che essi hanno imposto che i Piani nazionali e i loro rapporti periodici possano essere vagliati dal Consiglio europeo su eventuale richiesta di un governo dubbioso. La fiducia accordata al nostro premier sulla base dei risultati già ottenuti è preziosa anche per affrontare le cruciali discussioni del prossimo anno in merito alla riforma del patto di Stabilità e Crescita. In prospettiva si proporrà anche il tema della trasformazione di alcuni strumenti dello stesso Ngeu (come il debito comune) da temporanei a permanenti.

Lucrezia Reichlin ha bene illustrato sul Corriere del 18 dicembre le opzioni sul tappeto circa il Patto, che dovrebbe essere reso più flessibile per non ingabbiare di nuovo alcune economie nazionali, come la nostra, nelle maglie dell’austerità. Giustamente, Reichlin precisa che le scelte finali dipenderanno dalla «volontà politica»: un costrutto complesso e difficile da formare in un’Unione di 27 Paesi, con preferenze e culture diverse.

Sui temi economici si fronteggiano oggi tre diversi gruppi di Paesi. Il primo, guidato da Francia e Italia e composto dai Paesi del Sud, si può definire coalizione della solidarietà, favorevole a maggiore integrazione delle politiche fiscali, al debito comune e a trasferimenti condizionali fra Paesi. Il Trattato del Quirinale e l’intesa personale fra Macron e Draghi hanno confermato che l’alleanza del Sud è ancora viva e vegeta anche grazie all’editoriale firmato da entrambi che chiede regole fiscali più flessibili, pubblicato ieri dal Financial Times e oggi dal Corriere a pagina 19. C’è poi la coalizione dei Paesi frugali, capitanata dall’Olanda, che include l’Austria e i nordici. Questi Paesi si erano strenuamente opposti al Ngeu, lo hanno accettato malvolentieri solo come strumento provvisorio e sono contrari a qualsiasi meccanismo permanente di solidarietà. Vorrebbero anche ripristinare le vecchie regole rigide del Patto di Stabilità. L’Austria attraversa oggi una difficile crisi politica, ma il campione della frugalità, il conservatore Mark Rutte, è stato appena riconfermato come premier dei Paesi Bassi. L’Olanda è il più grande dei piccoli Paesi, la sua capacità di aggregazione del consenso e di influenza sulle decisioni Ue non deve essere sottovalutata. Infine c’è la coalizione sovranista, guidata da Polonia e Ungheria, composta dagli altri Paesi centro-orientali seppure con gradi diversi di convinzione. Questo gruppo è fortemente interessato ai fondi Ue, sui quali però si percepisce in concorrenza con i Paesi del Sud. Su molti temi, poi, Polonia e Ungheria contestano uno dei principi cardine del diritto europeo: la priorità delle norme Ue su quelle nazionali, a cominciare da quelle che riguardano lo stato di diritto. Poiché ha platealmente violato queste norme, la Polonia è oggi sotto accusa delle istituzioni Ue, che hanno bloccato i trasferimenti finanziari già previsti. Questa controversia è destinata a interferire pesantemente sulle future discussioni, inclusa quella che riguarda il Patto.

Dove si colloca la Germania? La risposta a questa domanda è cruciale, visto il peso economico e politico di Berlino. Nei primi mesi della pandemia, la cancelliera Merkel si era tiepidamente schierata dalla parte dei frugali. Col passare del tempo si è tuttavia convertita alla logica della solidarietà, anche grazie all’insistenza di Macron e a una certa fiducia per Giuseppe Conte. Merkel è riuscita nell’operazione che sembrava impossibile, ossia costruire una volontà politica comune sullo Ngeu, tessendo una trama di accordi e concessioni ai frugali e ai Paesi centro-orientali. Il problema è di stabilire da che parte sta oggi il nuovo governo di Berlino.

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Covid, a Milano oltre 5 mila contagi: «Omicron sta dilagando, qui è arrivata prima»

venerdì, Dicembre 24th, 2021

di Gianni Santucci

Tutto, per la pandemia di Covid in Lombardia e soprattutto a Milano, è cambiato dal 16 dicembre. Ora l’incidenza è quasi doppia rispetto alla media italiana. L’epidemiologo La Vecchia: gli ospedali reggono

Cresceva lenta. Regolare e costante. Questa era la quarta ondata di Sars-CoV-2 su Milano. Un aumento lineare dei casi, del 20 per cento in media a settimana. La marea s’è gonfiata a questo ritmo per più di due mesi, fino al periodo 9-16 dicembre, quando in città si registravano 1.299 nuovi contagi al giorno. Poi è cambiato tutto. Dati degli ultimi sette giorni: 3.033 nuovi malati ogni 24 ore. Quasi il triplo. Fino ai 5.587 di ieri. «La ragione è che Omicron è arrivata prima a Milano che altrove — riflette Carlo La Vecchia, epidemiologo e docente di Statistica medica all’università Statale — non come singola individuazione della variante, ma come focolai». Il centro propulsore di Omicron è partito qui. Ancora la Lombardia: dopo Lodi e Bergamo, che furono le più colpite nella prima ondata, e dopo Brescia, che fu devastata l’inverno scorso, oggi l’epicentro è a Milano. In nessun’altra provincia d’Italia il contagio dilaga con questa velocità. Il «salto» c’è stato dal 15-16 dicembre.

Non poteva esserci altra spiegazione. Troppo anomala è stata l’esplosione. Troppo massiccia e concentrata in poco tempo. Pur se i laboratori, con il sequenziamento, ancora non individuavano molti casi di nuova variante. Ma la moltiplicazione improvvisa dei malati non poteva avere una ragione alternativa. Lo dice l’inquadramento «storico»: ancora a fine ottobre, Milano contava una media di 129 casi al giorno e aveva un’incidenza «minima». Quell’indicatore (media settimanale di nuovi malati al giorno su 100 mila abitanti) galleggiava intorno a 29-30. Sette giorni fa era a 280. Quota molto alta. Ma il problema è che in una settimana è più che raddoppiata. L’incidenza di ieri su Milano è schizzata a 653. Molto più della media lombarda (516) e italiana (352). Continua il professor Carlo La Vecchia: «Purtroppo con Omicron è tutta un’altra storia in termini di contagi, questo dilagare è dovuto a un tasso contagiosità molto più elevato. Anche i vaccinati si stanno contagiando, la speranza è che si ammalino meno in forma severa e che muoiano meno. Questo purtroppo non lo possiamo dire ancora con certezza. Anche se dev’essere chiaro, stando alle conseguenze sanitarie, che non siamo in una situazione neppure paragonabile all’autunno 2020, e neppure alla scorsa primavera».

Le conseguenze sanitarie vanno osservate con la massima attenzione per ipotizzare quale possa essere il futuro a Milano (e nel resto d’Italia dove Omicron avrà probabilmente gli stessi effetti). «L’unico aspetto decisivo e veramente urgente è l’accorciamento a 4 mesi del termine per il richiamo del vaccino — riflette l’epidemiologo — per avere alcuni milioni di persone in più che possano anticipare la terza dose, e con l’obiettivo di raddoppiare il numero delle vaccinazioni al giorno. È un tema organizzativo in questo momento, perché di vaccini ne abbiamo». E poi bisogna guardare agli ospedali. Per ora dai reparti Covid delle strutture sanitarie milanesi arrivano segnali di maggior impegno, ma non di una nuova ondata di ricoveri, che pure stanno aumentando. «Al momento il servizio sanitario regge — conclude il docente — e abbiamo la possibilità di curare tutti i malati. Dunque è giusto avere un atteggiamento di preoccupazione, ma certo non di panico». I decessi stanno aumentando, in media nell’ultima settimana in Lombardia sono stati 29, su Milano tra i 5 e i 7. Nulla di paragonabile (pur se ogni morte resta un dramma) con le centinaia di decessi al giorno delle prime tre ondate.

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Omicron meno aggressiva? Il pericolo è l’impatto collettivo

venerdì, Dicembre 24th, 2021

di Paolo Giordano

Una riflessione sulla spinta generale a sottovalutare le insidie di una variante tutt’altro che «amica». Perché in questa pandemia ciò che avviene su larga scala ci ha sempre riguardato e ci riguarda singolarmente

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Alla velocità di Omicron il paesaggio cambia rapidamente. Anche i dati e le certezze invecchiano in fretta. Il primo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità sulla presenza della variante in Italia, che a inizio mese parlava di uno zero-virgola di casi Omicron sul totale, aveva diffuso una sensazione di tranquillità e di vantaggio rispetto ad altre zone europee. Nella nuova flash survey la presenza è stimata a quasi il 30%, un balzo di due ordini di grandezza. È per noi la prima attestazione di quanto Omicron abbia sul serio una trasmissibilità inedita in questa pandemia, come d’altronde sapevamo fin dalla sua comparsa in Africa. Il nostro vantaggio era effimero. Credo che ognuno di noi se ne sia reso conto basandosi più semplicemente sul proprio osservatorio personale .

Finalmente abbiamo gli studi

L’evidenza cosiddetta «aneddotica», anche se non può essere considerata verità, non va nemmeno ignorata: abbiamo tutti notato l’incremento dell’ultima settimana di classi in quarantena, l’aumento rapido di positivi vicino a noi. La smania competitiva di Omicron si è innestata su una crescita di casi di Delta che era già sostenuta di per sé e che aveva ormai raggiunto livelli importanti. Ma fin dall’inizio si sospettava, a nostro parziale conforto, che Omicron avesse anche una severità minore rispetto a Delta. Ovvero una tendenza attenuata a mandare la gente all’ospedale. Anche questa aneddotica, per fortuna, comincia ad avere un fondamento nei dati reali. Negli ultimi giorni sono stati presentati diversi studi che confermano la riduzione di severità, e provano a quantificarla. Bisogna tenere conto di quanto difficile sia, in una situazione stratificata come quella di oggi, riconoscere la minore severità «intrinseca» della variante, separandola dagli altri effetti che nel frattempo si sono accumulati e che tendono a sovrapporsi e confondersi: l’immunità acquisita per infezioni precedenti o attraverso il vaccino, quale vaccino e con quante dosi, la composizione anagrafica delle diverse popolazioni, i cambiamenti nelle dinamiche di comportamento. Insomma, si tratta di un’analisi tutt’altro che facile.

Lo sforzo di farsi una visione d’insieme

Per avere dei numeri in testa, con la consapevolezza che si tratta di stime suscettibili di correzione, si può leggere il report dell’Imperial College pubblicato due giorni fa, che tenta di disaccoppiare i vari effetti. Ma occorre la pazienza di decifrare con calma le tabelle. I numeri sono sempre più difficili da leggere correttamente. Anche per questo, preferisco evitarli qui. Ho l’impressione che in questo frangente possano essere più fuorvianti che di aiuto. Più importante, mi sembra, è che ognuno di noi abbia in mente una visione qualitativa della situazione circostante. Della sua complessità e delle incertezze. Perché come sempre, ma in modo ancora più lampante che in passato, la tessitura degli elementi su Omicron ha raggiunto il pubblico in una versione ipersemplificata, che suona all’incirca così: «Ci saranno tanti casi ma non saranno casi gravi» . È una reazione comprensibile. La spossatezza e l’imminenza delle feste ci portano ad abbracciare, fra le molte possibili, l’interpretazione rassicurante ancora più volentieri. E non lo fanno solo i cittadini comuni: molti esperti si sono spinti a decretare addirittura la fine agognata della pandemia «grazie a Omicron».

In questo quadro, in cui è impossibile per chiunque costruire uno scenario affidabile di come sarà la pandemia tra un mese, propongo di introdurre in ogni ragionamento la categoria del «sì, ma».

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Nuovo decreto, cosa cambia e da quando: green pass, discoteche chiuse, feste in piazza vietate, mascherine e vaccini

venerdì, Dicembre 24th, 2021

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Le misure su locali da ballo e dispositivi di protezione scattano subito. Il 10 gennaio stretta su teatri e palestre. Da febbraio green pass più breve

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Niente eventi e feste di Capodanno nelle piazze. E fino al 31 gennaio saranno chiuse le discoteche e ogni altro locale da ballo. La stretta è importante, la corsa del Covid e della variante Omicron ha convinto il governo a varare all’unanimità, per il periodo delle festività natalizie e oltre, nuove misure ispirate al massimo rigore. «Non possiamo permetterci assembramenti», ha ammonito Roberto Speranza.

La mascherina diventa obbligatoria
da subito in tutto il Paese, decisione che di fatto manda in «giallo» l’Italia intera. «Il Governo ha innalzato il livello delle precauzioni — è l’appello del ministro della Salute —. Arrivano i giorni di Natale e Capodanno ed è importante che i comportamenti individuali siano adeguati. Massima attenzione, prudenza, mascherine, igiene e distanziamento».

Per salire su autobus, metropolitane e treni regionali non basta più la mascherina chirurgica, diventa obbligatoria la più protettiva Ffp2. E dal 10 gennaio il green pass rafforzato sarà obbligatorio per molte attività: andare al cinema, a teatro e ai concerti, frequentare piscine, palestre, stadi, centri sportivi e spogliatoi.

Il ministro Roberto Speranza raccomanda di vaccinarsi al più presto e di prenotare la terza dose: «I richiami offrono una protezione molto significativa da malattia grave o esito fatale, anche con Omicron». I controlli a campione negli aeroporti e ai confini aumenteranno e chi arriva in Italia senza tampone rischia, se positivo, di dover stare 10 giorni in un Covid hotel.

A partire dal primo febbraio la validità del green pass sarà ridotta da nove a sei mesi. Scendono anche i tempi per poter ricevere la terza dose: dal quinto mese dopo la seconda somministrazione si passa al quarto. Da quando? La data sarà scritta in una circolare attesa per oggi. Alcune tra le decisioni più divisive sono state rinviate. La Lega ha dovuto digerire la chiusura delle discoteche e non avrebbe accettato anche l’estensione dell’obbligo vaccinale. Ma gran parte dell’esecutivo punta dritto in quella direzione.

«Se continua il disastro non si può escludere nulla», conferma preoccupato un ministro. Si arriverà presto a imporre l’immunizzazione ai dipendenti della pubblica amministrazione. E poiché Speranza, Brunetta e gli altri rigoristi premono per l’estensione dell’obbligo a tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato, è molto probabile che si vada oltre. Anche fino all’obbligo generalizzato per tutti, nonostante l’opposizione di Salvini. E le scuole? Restano osservate speciali. Con la possibilità che, nei prossimi giorni, si decida di prolungare le vacanze per «raffreddare» la curva epidemiologica, come richiesto dai governatori.

La terza dopo si potrà fare dopo 4 mesi

Il richiamo o booster si potrà fare a partire da quattro mesi dopo la seconda somministrazione di vaccino e non dopo e non più da cinque come accade adesso. Sarà una circolare con nota a quattro firme (ministero della Salute, Aifa, Istituto superiore di Sanità e Consiglio superiore di Sanità) a regolare la nuova tempistica decisa dal governo.

La data da cui partirà l’anticipo sarà decisa dal commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo con i presidenti delle Regioni sulla base del piano organizzativo e della disponibilità degli hub e dei centri vaccinali. Il sistema di prenotazione sarà analogo a quello utilizzato quando si è deciso di diminuire l’intervallo da 6 a 5 mesi. Chi ha già effettuato la prenotazione potrà cancellarla ed effettuare una nuova prenotazione sul portale della propria Regione appena entrerà in vigore la circolare e sarà comunicata la nuova data di inizio della campagna.

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