L’effetto del lutto nazionale sull’opposizione (divisa)


di Antonio Polito

La decisione di Giorgia Meloni ha riaperto una ferita e l’anti-berlusconismo ha ripreso a scavare solchi profondi

Tutti ci siamo chiesti che effetti avrebbe avuto sul centrodestra la scomparsa di Berlusconi. La risposta che abbiamo davanti ai nostri occhi è che ne ha rafforzato, almeno per un po’, l’unità. Ma che conseguenze avrà invece sull’opposizione? Stando a quello che si vede in queste ore potrebbe ulteriormente dividerla, e dunque indebolirla, almeno per un po’.

C’è da considerare innanzitutto l’«effetto bolina». Se una barca a vela viaggia sbandata a destra per il forte vento, l’equipaggio si sposterà a sinistra per bilanciarla e mantenere l’equilibrio. Ma se all’improvviso il vento muore, la barca rischia di scuffiare e capovolgersi se chi ci sta sopra non ritorna rapidamente al centro, ristabilendo un equilibrio.

Qualcosa del genere può accadere anche in politica. Per trent’anni la sinistra ha potuto dire di no a ogni ipotesi di riforma della giustizia (e non solo) sulla base del sospetto, spesso fondato, che servisse gli interessi privati del Cavaliere. Depenalizzare il falso in bilancio o accorciare i tempi di prescrizione aveva infatti un effetto diretto sugli innumerevoli processi, più di trenta, intentati contro di lui. Ma adesso che lui non c’è più, l’abrogazione di un reato come l’«abuso di ufficio» non può essergli messa in conto.

Anzi, migliaia di amministratori locali, in gran parte del Pd, festeggiano la fine di una fattispecie penale generica e discrezionale, e per questo abbastanza minacciosa da paralizzarne l’azione. Così i due «terzi poli» di Renzi e Calenda hanno approvato, il Pd di Schlein ha contestato ma sapendo che i suoi sindaci sono d’accordo, e i Cinquestelle di Conte hanno direttamente gridato allo scandalo. Nei confronti del disegno di legge Nordio, l’opposizione ha così finito per parlare più lingue, oscillando nel giudizio tra l’attentato alla libertà e la montagna che ha partorito il topolino. È la prova che d’ora in poi l’anti-berlusconismo non basterà più a unificare il fronte, e bisognerà esprimersi nel merito, dividendo così le tre opposizioni.

L’altro fattore è l’«effetto lutto nazionale». Dichiarandolo per la giornata dei funerali, Giorgia Meloni ha compiuto un gesto politico: non era un atto istituzionalmente dovuto, non era mai accaduto prima, e di sicuro le sarebbe costato molte polemiche. Però l’ha deciso deliberatamente, perché intendeva connettersi così anche sentimentalmente alle origini del berlusconismo, al ‘94 e alla discesa in campo, anche se la sua storia è molto diversa (Angelo Panebianco ha spiegato ieri con lucidità su questo giornale la differenza tra l’individualismo vitalista e libertario di Berlusconi e il comunitarismo politico della destra di Meloni). In qualche modo se n’è appropriato, pagando in morte al Cavaliere il tributo che lui aveva sempre sognato: non solo e non tanto entrare nella storia, cosa che aveva già fatto, ma esserne accettato alle sue condizioni, sotto l’«occhio magico» delle tv, in diretta a reti unificate, contornato da cantanti, soubrette, calciatori e presentatori, messi sullo stesso piano dei politici. In fin dei conti il trionfo della sua antropologia, che poi è ciò che ha sedotto metà del Paese per vent’anni. La tragica scomparsa di Flavia Franzoni Prodi, moglie dell’unico leader che era riuscito a batterlo, ha quasi simbolicamente sottolineato la diversità culturale delle due Italie che si sono combattute nella Seconda repubblica: lei è morta camminando su un sentiero francescano.

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