Intervista a Olaf Scholz: «Sui migranti l’Italia non può essere lasciata sola. La stabilità fiscale va difesa»

La Germania ha lanciato insieme a nove Paesi, fra cui l’Italia, l’iniziativa del «Club di amici» per estendere il voto a maggioranza alla politica estera e di difesa nella Ue. Il ministro degli Esteri italiano ha però frenato sull’iniziativa sostenendo che non è una priorità. Lei pensa che si possa andare avanti da subito?
«L’Unione europea dispone di maggioranze qualificate in gran parte dei settori politici. Ho più volte sottolineato che l’Europa — soprattutto nella prospettiva dell’ampliamento — deve diventare più capace di agire, sia verso l’esterno che verso l’interno, anche attraverso meccanismi decisionali più efficienti. Un’Ue allargata dev’essere un’Ue riformata! In particolare, abbiamo bisogno di più decisioni del Consiglio a maggioranza qualificata in politica estera e fiscale. Continuerò a fare opera di persuasione per convincerli di questo! Non è l’unanimità, non è l’accordo al 100% in tutte le decisioni a creare la massima legittimità democratica possibile! Al contrario, sono invece la promozione e la lotta per le maggioranze e le alleanze che ci contraddistinguono come democratici. La ricerca di compromessi che tengano conto anche degli interessi della minoranza, è esattamente ciò che intendiamo per democrazia liberale».

Si parla molto in queste settimane di una futura alleanza tra popolari e conservatori in Europa, che dovrebbe sostituire la maggioranza tra popolari, socialisti e liberali che ha portato Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione. È una prospettiva credibile secondo lei? Il suo governo è favorevole alla riconferma di von der Leyen?
«Il governo federale lavora bene con la Commissione europea, così è stato in passato e così sarà anche in futuro. Per quel che riguarda le alleanze politiche nel Parlamento europeo, la prego di perdonarmi, ma non desidero esprimermi in questa sede».

Per quanto ancora teme che andrà avanti il conflitto in Ucraina? Cosa sarà necessario per aprire la strada a un negoziato? Quale può essere il ruolo della Cina?
«Non sappiamo quando questa guerra finirà. Ma una cosa è chiara: il presidente Putin ha la possibilità di porvi fine immediatamente, cessando le ostilità e ritirando le truppe. A questo potrebbero seguire colloqui per una pace giusta tra Ucraina e Russia, come Kiev da tempo propone. Ma la Russia rimane ferma alle sue massime richieste imperialiste. Dobbiamo dunque prepararci a dover aiutare l’Ucraina ancora a lungo. E sosterremo l’Ucraina a raggiungere una pace equa e duratura. A questo scopo stiamo intrattenendo intensi scambi con l’Ucraina e con molti altri Paesi del mondo».

Quali garanzie di sicurezza si possono e si devono dare a Kiev per il dopoguerra? È d’accordo con Henry Kissinger, secondo il quale l’Ucraina deve entrare nella Nato quanto prima? E qual è la posizione del governo tedesco sull’eventuale adesione dell’Ucraina all’Unione europea? Ci sarà ancora posto per la Russia nella futura architettura della sicurezza in Europa?
«Per ora si tratta di fare di tutto per aiutare l’Ucraina a difendersi. L’obiettivo principale è una pace equa e la fine di questa terribile guerra che causa tante sofferenze e distruzione. È chiaro che in una situazione di dopoguerra, l’Ucraina avrà bisogno di impegni concreti e affidabili da parte di partner e alleati per aumentare la propria sicurezza. Ne stiamo parlando già ora con i responsabili politici ucraini e i nostri alleati più stretti. L’Ucraina appartiene alla famiglia europea! Siamo determinati a sostenerla nel percorso d’ingresso all’Ue. È chiaro a tutti che un’adesione all’Unione europea potrà avvenire solo dopo che i criteri d’ingresso saranno stati soddisfatti. Anche l’Ue deve fare i suoi compiti per essere in grado di accogliere nuovi membri».

I rapporti con la Cina sono al centro del dibattito in Europa e in Occidente. Dobbiamo avere un atteggiamento più duro verso Pechino? In che modo? Cosa pensa dell’idea, secondo cui le aziende dovrebbero dichiarare quando investono in Cina e un governo potrebbe eventualmente bloccare l’investimento?
«Abbiamo concordato chiaramente all’interno dell’Ue — più recentemente anche nell’ambito del G7 — che si tratta di ridurre i rischi derivanti da dipendenze unilaterali. Non ci sarà quindi alcun decoupling, cioè un disaccoppiamento delle aree economiche nelle nostre relazioni con la Cina. Al contrario, è nell’interesse di tutti noi che anche l’economia cinese continui a crescere e il benessere dei suoi cittadini possa svilupparsi positivamente. Naturalmente questo riguarda soprattutto e in particolare la parte più povera della popolazione cinese, ancora numerosa. Tuttavia, una cosa mi sembra sia molto importante: dobbiamo essere più attenti a garantire che le nostre relazioni si svolgano nel quadro dell’ordine globale e che tutti gli Stati accettino di rispettare le regole internazionali. Soltanto così noi potremo garantire una politica che porti a una maggiore resilienza economica e sicurezza a livello internazionale. Concretamente, si tratta di assicurare condizioni di parità per gli investimenti a livello globale, sia per le aziende europee, americane e di altri Paesi che operano in Cina, sia per le aziende cinesi attive nei nostri Paesi. Allo stesso tempo, dobbiamo assicurarci di diversificare le nostre strutture economiche al più presto possibile, in modo da ridurre le nostre dipendenze nelle catene di approvvigionamento, nelle esportazioni e negli investimenti diretti. Questo vale in particolare per i beni critici come minerali, semiconduttori e batterie. A mio avviso non dobbiamo escludere la Cina dal commercio mondiale».

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