Il potere infinito (e le colpe) di Erdogan

di Aldo Cazzullo

Elezioni che si tengono con la stampa imbavagliata e i dissidenti in galera non sono davvero libere. Ma la maggioranza dei turchi ha confermato il presidente, anche se non si può considerare un leader democratico quanto un autocrate

Il potere infinito (e le colpe) di Erdogan
Recep Tayyip Erdogan è stato confermato presidente (Ap)

Ha imprigionato scrittori, generali, giornalisti, blogger. Ha tentato di soffocare passo dopo passo la laicità su cui è stata costruita la Turchia moderna. Si è messo contro le grandi città: Istanbul di cui era stato sindaco, Izmir (Smirne) che l’ha sempre osteggiato, Ankara offesa dalla costruzione del suo sardanapalesco palazzo. Ha gestito male la tragedia del terremoto. Non è riuscito a entrare nell’Unione europea, anzi con molte scelte — dalla persecuzione dei curdi al dialogo con i peggiori satrapi — si è chiamato fuori dall’Occidente. Non ha saputo frenare l’inflazione, oggi in Turchia a livelli drammatici, tanto che è difficile pure comprare un’automobile, divenuta un bene rifugio: chi se ne accaparra una la rivende dopo pochi mesi per trarne profitto.

Allora, perché? Perché, dopo oltre vent’anni di potere, Recep Tayyip Erdogan è stato rieletto per l’ennesima volta, sia pure di misura, in modo non certo trionfale?

Intendiamoci: elezioni che si tengono con la stampa imbavagliata e i dissidenti in galera non sono davvero libere. Erdogan non si può considerare un leader democratico, quanto un autocrate.

Eppure non è che la maggioranza dei turchi sia incapace di intendere e di volere. Né può essere considerata vile e conformista: se c’è un popolo indomabile e coraggioso, formidabile in pace e in guerra fino alla spietatezza, è il popolo turco. Che è anche un popolo nazionalista, più ancora di altri.

Il motivo è scritto nella geografia e nella storia: la penisola anatolica è il ponte naturale tra Asia ed Europa, crocevia e terra di passaggio, sede di un impero dai tempi di Costantino; e i turchi, che a Costantinopoli entrarono quasi sei secoli fa, dopo aver vissuto l’apogeo e la decadenza hanno dovuto lottare duramente per non essere spazzati via. Certo hanno commesso crimini, ai danni degli armeni, dei curdi, dei greci; ma altre volte ne sono stati vittima, e tuttora popolazioni turcofone dell’Asia centrale dopo aver subito il giogo russo devono sottostare a quello cinese.

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